Vinile

YOU WANT IT DARKER di Leonard Cohen in Vinile

 

 

 

 

ARTISTA: LEONARD COHEN
TITOLO: You Want It Darker
ETICHETTA: Columbia/Sony Music
ANNO: 2016
 
 
 

You Want It Darker” è stato pubblicato il 21 ottobre 2016, meno di tre settimane prima della morte di Leonard Cohen, avvenuta la notte del 7 novembre in seguito ad una caduta nella sua casa a Los Angeles, e come tutti i dischi del cantautore canadese, soprattutto quelli dell’ispiratissima ultima sua decade di vita, è un capolavoro, capace di raccogliere il consenso incondizionato e totale di critica e di pubblico. Il poeta e cantautore ha sempre saputo produrre dischi degni della sua fama, senza venir mai mono alle aspettative del suo raffinato pubblico. L’album si focalizza intorno ai temi (centrali nella poetica tutta di Leonard, come quelli di vita e viaggio, della tensione amorosa e sessuale) della morte, di Dio e della redenzione, della spiritualità insomma, proprio come se l’artista presagisse la sua fine imminente, il disincanto (consapevole) di un’anima inquieta, eppure siamo al cospetto di un disco foriero di straordinari, seppur pacati, segnali di vitalità. Impreziosito da quella sua distintiva voce ruvida e cavernosa che continua a ipnotizzare i nostri cuori e ad alimentare le nostre menti da quasi sei decenni in capo al suo stile da ‘spoken word’ sensuale. Una carriera, la sua, che è stata costellata da successi e rinascite, da preghiere e parabole (anche bibliche). “You Want It Darker” è il 14° album in studio in 50 anni di carriera e – ahinoi! – ultimo dell’immenso e leggendario artista, inciso alla venerabile età di 82 anni, ed è stato portato a termine dal figlio Adam (in veste di produttore) a causa di problemi cardiaci subentrati negli mesi di vita e che hanno costretto Leonard ad un riposo forzato. È il terzo disco sfornato in 4 anni, dopo “Old ideas” (2012) e “Popular problems” (2014) e non considerando i Live, e arriva a suggellare un periodo intenso di attività ‘on the road’, con la grande tournée mondiale che lo ha tenuto impegnato tra il 2008 e il 2013. Ed è uno degli album più toccanti e significativi della sua lunga carriera, che è partita da “Songs of Leonard Cohen” (1967), è passata per “Songs Of Love And Hate” (1971), “New Skin for the Old Ceremony” (1974), “I’m Your Man” (1988), “The Future” (1992) ed altri capolavori, ed è approdata a “You Want It Darker”. Un addio, e un canto del cigno, che si avvertono più forti e decisi in “You Want It Darker”, un disco sublime e incantevole, intenso e profondo, e soprattutto struggente: è come se Cohen stesse per affrontare quello che è il ‘mistero’ dopo la vita, dichiarandosi ‘pronto’, ‘ready to die’ («I’m ready my Lord» canta nella title-track dopo il ritornello in ebraico “Hineni, hineni”, che sono le parole di Abramo nella Bibbia). Anche la bellissima copertina ‘lavora’ sui chiaroscuri, sul contrasto tra il Bianco e il Nero, su una ideale linea di confine. In un’intervista, tempo prima di morire, affermava: «Ultimamente ho detto di essere pronto a morire ma penso di aver esagerato. Ho sempre avuto la tendenza a drammatizzare, intendo vivere per sempre. O almeno fino a centoventi anni». L’universo poetico di Cohen, come tutti ben conosciamo, fatto di poesie, canzoni, elegie malinconiche, testi riflessivi, romanzi e anche disegni, è complesso, affascinante e quanto mai elegante, e le canzoni da sempre si portano dietro i segni inconfondibili dell’oscurità, di un’anticamera apocalittica: per Leonard l’oscurità è sempre stato un moloch con cui inevitabilmente confrontarsi. Il canadese è il capostipite riconosciuto di quella canzone d’autore che dagli anni Sessanta in poi ha fatto scuola tra i suoi discepoli e breccia nella sensibilità e nella considerazione di tanti appassionati. Le liriche di quest’ultimo disco vanno (devono esser) ‘vissute’ con grande partecipazione emotiva, anche perché le canzoni sono ‘spogliate’ da arrangiamenti troppo ricercati e Cohen mostra l’urgenza di sussurrare la ‘sua’ verità. Per la pregnanza dei suoi testi, delle sue poesie, Cohen avrebbe meritato il Nobel assai prima di Bob Dylan. «La poesia – ebbe a dichiarare, quasi schernendosi, in occasione del ricevimento di un premio – viene da un luogo in cui nessuno comanda, in cui nessuno vince. Così mi sento un pò come un ciarlatano ad accettare un premio per un’attività che non comando. In altre parole, se sapessi da dove arrivano le buone canzoni, mi piacerebbe davvero andarci più spesso». E proprio il ‘menestrello di Duluth’, il padre del Folk-Rock, a proposito di Cohen si è così espresso in ‘un’intervista al New Yorker: «Quando la gente parla di Leonard, si dimentica di ricordare le sue melodie, che per me, assieme alle sue parole, costituiscono il suo più grande genio». Il titolo dell’album suona un pò come un dileggio, un affondo a coloro che invocavano il ritiro dalle scene musicali dell’ottantaduenne poeta. Può essere visto invece come un trattato di cultura moderna, e al contempo un testamento spirituale catartico, con in più quella vocalità che penetra nel buio dell’inconscio; è un disco che invita ad andare oltre, ad esplorare anfratti e fantasmi della propria mente. Chitarre, organo, e archi sono il tappeto sonoro su cui si muovono tutti i brani tra qualche sfumatura di musica greca ed ebraica. Le nove tracce del disco ‘raccontano’ un addio, “I’m leaving the table/I’m out of the game” (“Mi alzo dal tavolo/Mi chiamo fuori dal gioco”), ringhia (o forse è meglio dire ‘recita’) in “Leaving the Table” dietro ad una melodia meravigliosa che è un vero incanto. Nella ballata “Treaty”, uno dei pezzi chiave dell’album, il cantautore-poeta di Montreal riflette – come spesso ha fatto in carriera – su Dio e sull’amore, due dei temi a lui più cari, desolatamente implora ed invoca ‘there was a treaty between your love and mine’ (‘Vorrei ci fosse un patto/Tra il tuo amore ed il mio’). È difficile non vacillare dinanzi alla bellezza assoluta di “Traveling Light”, a quella ballata vagamente imbevuta di flamenco, con quel violino sensuale e il coro femminile d’accompagnamento. Poi l’up-tempo di “Steer Your Way”, e le liriche d’amore ‘le foglie sull’albero e l’acqua/nel mare esistono solo se ho il tuo amore/che le rende vere’ che canta inIf I Didn’t Have Your Love”. Alla prova dei fatti “You Want It Darker”, la canzone più emozionante e spirituale, “Travelling light” e “Leaving The Table” (con uno stentoreo ed emozionate giro di chitarra) mostrano di avere un qualcosa in più degli altri brani, ma davvero non se ne può trascurare alcuno; prendete anche il gospel di “On the Level” (che in avvio ricorda molto “Hallelujah”), firmato assieme a Sharon Robinson, in cui si mettono in primo piano i desideri passionali di una persona anziana (I don’t need a reason/For what I became/I’ve got these excuses/ They’re tired and lame/I don’t need a pardon/There’s no one left to blame/I’m leaving the table/ I’m out of the game). Nella nella title-track si segnala il coinvolgimento del coro della congregazione Shaar Hashomayim, la più antica sinagoga aschenazita del Canada in quel di Montreal, quella della sua famiglia, con i Cantor Gideon Zelermyer. Ed il lavoro attento negli arrangiamenti elaborati di Patrick Leonard, storico collaboratore di Madonna, e del figlio Adam in cabina produttiva. Il lavoro di Patrick è assolutamente pregevole, si è impegnato a fornire una base sonora splendida, con il suono vibrante e intellegibile delle chitarre, il sostegno degli archi e dell’organo, dell’elettronica sofisticatissima, e le incantevoli voci delle coriste. Con “You Want It Darker” Leonard Cohen ha preparato se stesso (in primis) e noi tutti alla sua dipartita, è un album che non ci si stanca mai di ascoltare e non si può restare indifferenti alla malinconia che emana; gli album di Leonard Cohen non vanno solo ascoltati, ma le liriche vanno lette come poemi autentici.

 

(Luigi Lozzi)                                                © RIPRODUZIONE RISERVATA

 

“Tutti attendiamo il momento in cui potremo abdicare, svestirci di questi abiti da re, abbandonare il trono di queste vite. Nessuno vuole le vesti del re. Tutti vogliamo essere nudi l’un l’altro, perché è il modo migliore per dare se stessi”.
(Leonard Cohen, 1992)

 

 


(immagini per cortese concessione di Legacy/Sony Music)

 

 

 

Note di traduzione
(1)‘Darker’ è termine polisemico che è praticamente impossibile tradurre. ‘Dark’ letteralmente significa ‘scuro’ (come in ‘The Dark Side of The Moon’), ma la parola ‘dark’ viene usata con molti altri significati metaforici: come ad esempio in ‘he moved to dark side’ (‘ha abbracciato il lato oscuro’), ‘it’s a dark day’ (‘è un giorno infausto’), ‘dark age’ (‘età buia’), ‘dark humour’ (‘umore tetro’ o anche semplicemente ‘dark’, ormai acclimatato in italiano). Qui l’uso che Cohen sembra farne è simile a quello in Darkness, da Old Ideas, con un riferimento (qui più velato) alla depressione – ma anche a un mondo immorale, in sfacelo. Il tono, insomma, come da più parti già rimarcato, è quello apocalittico di The Future. Noi abbiamo scelto ‘buio’ per creare una specie di contrasto con l’immagine delle candele e della fiamma che viene spenta (evidentemente per volontà del Signore).

(Note di traduzione estratte dal sito www.leonardcohen.it)

 

You Want It Darker – Leonard Cohen (2016) [36:09] 

Tracklist (LP):
Side One
1. You Want It Darker – 4:44
2. Treaty – 4:02
3. On the Level – 3:27
4. Leaving the Table – 3:47
5. If I Didn’t Have Your Love – 3:35
Side Two
1. Traveling Light – 4:22
2. It Seemed the Better Way – 4:21
3. Steer Your Way – 4:23
4. String Reprise / Treaty – 3:26

 

Formazione
Leonard Cohen – voce
Bill Bottrell – chitarre
Michael Chaves – tastiere, basso
Adam Cohen – chitarra classica
Patrick Leonard – tastiere, organo, piano, basso, percussioni
Brian Macleod – batteria
Zac Rae – chitarre, mandolino, tastiere, piano, percussioni

 

Discografia di Leonard Cohen:

Album in studio
Songs of Leonard Cohen (Columbia, 1967)
Songs from a Room (Columbia, 1969)
Songs of Love and Hate (Columbia, 1971)
New Skin for the Old Ceremony (Columbia, 1974)
Death of a Ladies’ Man (Columbia, 1977)
Recent Songs (Columbia, 1979)
Various Positions (Columbia, 1984)
I’m Your Man (Columbia, 1988)
The Future (Columbia, 1992)
Ten New Songs (Columbia, 2001)
Dear Heather (Columbia, 2004)
Old Ideas (Columbia, 2012)
Popular Problems (Columbia, 2014)
You Want It Darker (Columbia, 20016)