Musica

SWING GUITARS di Django Reinhardt

 
 
 
ARTISTA: DJANGO REINHARDT
TITOLO: Swing Guitars
ETICHETTA: Le Chant Du Monde/Ducale
ANNO: 2014

 

Django Reinhardt è stato al contempo leggenda e maestro virtuoso della chitarra, figura di primo piano della scena jazz europea prima e durante la Seconda Guerra Mondiale e originale innovatore, eppure personaggio così poco convenzionale, se paragonato al rigore di cui si sono vestiti tanti suoi colleghi, e poco incline a rispettare impegni e tempi di lavoro. Maestro del gypsy jazz Reinhardt, molto apprezzato dai maestri americani – da Duke Ellington  che lo volle accanto a sé alla Carnegie Hall di New York, a Louis Armstrong -, con il suo stile chitarristico ha condotto una vera e propria rivoluzione nell’uso dello strumento in ambito jazz e in pochi anni ha compiuto un’ascesa vertiginosa diventando uno dei maggiori jazzisti del Vecchio Continente. Il suo merito principale fu d’essere il primo ad accostare gli accordi del jazz ai ritmi della tradizione musicale gitana, assai diffusa e notoriamente fatta di vecchie canzoni popolari (ma anche gli ultimi successi) eseguite con violini, chitarre e mandolini. Django apparteneva all’etnia sinti degli zingari Manouche, dell’Alsazia, per natura girovaghi per il mondo e nacque su un carrozzone di gitani, lungo una strada in Belgio, nei pressi di Liberchies, piccolo borgo della Vallonia a pochi chilometri da Charleroi, il  23 gennaio del 1910: figlio della danzatrice Laurence Reinhardt, donna dal carattere forte ed indipendente di cui ha conservato il cognome, e di Jean-Eugène Weiss, un talentuoso acrobata e suonatore di violino, eclissatosi quando egli aveva quattordici anni. Una carriera folgorante si è detto, realizzata nonostante egli soffrisse di una menomazione ad una mano patita fin dai tempi in cui era poco più che un ragazzo; dovete sapere che quando aveva diciotto anni un incendio distrusse la roulotte su cui viveva e Django riportò gravissime ustioni lungo il corpo, soprattutto alla mano sinistra e alla gamba destra, e di entrambe mantenne un utilizzo parziale ( della mano si salvarono pollice, l’indice e medio). Fu proprio tale impedimento che permise all’artista di sviluppare una tecnica particolarissima e rivoluzionaria – utilizzando solo due dita per i ‘solo’ -, che lo rese un virtuoso dello strumento acclamato dagli intenditori e dagli appassionati per l’accento particolare dato all’armonia, e fu l’inizio della leggenda. Il fisarmonicista Louis Vola ebbe una grande importanza nella sua vita perché gli insegnò i primi rudimenti di una musica che proveniva d’oltreoceano e che cominciava a spopolare anche in Europa, il Jazz. Fu uomo dalla personalità geniale, elegante ed imprevedibile, amico fraterno del violinista Stéphane Grappelli con il quale collaborò a lungo, ha avuto l’opportunità di accompagnare il grande Louis Armstrong e di fare la conoscenza  con Duke Ellington e Coleman Hawkins, amante della bella vita e perfettamente inserito nella Parigi dell’epoca, scenario principale della sua arte; eppure nonostante gli agi che si poteva permettere, non tradì mai le sue origini, tant’è che anche quando arrivò all’apice della sua notorietà Django continuò tutte le sere a rientrare nella sua casa mobile. Alla sua morte, nel 1953, l’amico regista Jean Cocteau disse di lui: «Django è morto come una di quelle fiere che muoiono in gabbia. Visse come sogniamo tutti di vivere: in una roulotte». Il suo jazz aveva tinte uniche e indimenticabili e la Selmer, strumento di grande sonorità costruito da un artigiano italiano, divenne per tutti la ‘chitarra di Django’. Il momento decisivo della sua vicenda musicale avvenne a metà degli anni Trenta quando, assieme al violinista Stéphane Grappelli formò il gruppo Le Quintette du Hot Club de France, un quintetto composto esclusivamente da strumenti a corda (violino, tre chitarre e contrabbasso), senza batteria, che rivoluzionò gli standard dei gruppi dell’epoca, a metà tra il jazz e la tradizione Manouche, con due solisti (Grappelli e Django appunto) e gli altri a fare da sezione ritmica. In virtù di questa esperienza Reinhardt si fece apprezzare come uno dei più talentuosi musicisti europei in ambito jazz tanto che la sua fama varcò l’Atlantico ed egli venne invitato da Duke Ellington negli Stati Uniti, presentato come ospite in alcuni concerti tra cui uno tenuto da ‘The Duke’ alla Carnegie Hall di New York. Nelle registrazioni più vecchie il suo nome veniva scritto sia come Django che come Jeangot. Woody Allen, nel suo film “Accordi e disaccordi” interpretato da Sean Penn, delineò il ritratto di finzione del protagonista costruendolo proprio sulla biografia di Reinhardt e facendo esclamare al personaggio interpretato da Penn l’affermazione di essere  secondo solo a Django. E nel film d’animazione “Appuntamento a Belleville” è riconoscibile un personaggio disegnato come caricatura di Reinhardt ed il nome “Django” nel film interpretato da Franco Nero è dovuto alla passione per il jazz del suo regista  Sergio Corbucci; ed ancora in “Hugo Cabret” (2011), di Martin Scorsese, Django Reinhardt viene richiamato in una scena girata nel bar della stazione parigina. Nel 1927, l’anno prima dell’incidente, Django aveva sposato Bella Baumgartner che gli diede il primo figlio, Henri ‘Lousson’ Baumgartner (1929-1992), ed un secondo figlio – Babik, anch’egli musicista – nacque nel 1944 da quella che egli ha sempre considerato la donna della sua vita, Sophie Irma Ziegler, detta ‘Naguine’.
Ora nella collana ‘Jazz Characters‘ curata dall’etichetta francese Le Chant Du Monde (su distribuzione della Ducale), troviamo un triplo CD del grande chitarrista in una elegante confezione digipack corredata da un libretto di 40 pagine (metà in inglese e metà in francese) ricco di note preziose, dettagli di tutti i 78 brani inclusi nella raccolta e qualche fotografie. Si ripercorre quasi per intero la carriera di Reinhardt (che certo non si può condensare solamente in  CD), a partire da una “Dinah” datata dicembre 1934 fino ad alcune sessioni di registrazione dell’8 aprile 1953, ossia poco più di un mese prima della sua morte avvenuta a Samois-sur-Seine il 16 maggio di quell’anno. Ci sono tante perle del suo repertorio – tra le altre cose ha saputo interpretare in modo originale brani di grandi musicisti d’oltreoceano quali Cole Porter, Jerom Kern e Irving Berlin – accanto a cose preziose che meritano d’essere riscoperte e/o rivalutate. “Minor Swing” è uno dei suoi brani più conosciuti, e molti l’avranno notato nella colonna sonora di “Chocolat” di Lasse Hallsrtrom, film in cui Johnny Depp, interprete accanto a Juliette Binoche, veste i panni di un gitano che esegue il pezzo. Il suo ‘jazz manouche’ ha prodotto anche brani classici come “Nuages”, “Manoir de mes reves”, “Nuits de Saint-Germain-des-Pres”, “Tears”, “Brazil”, “Nagasaki”, “Belleville”, tutti presenti nella compilation.

 

(Luigi Lozzi)                                                © RIPRODUZIONE RISERVATA