WHITIN A SONG di John Abercrombie Quartet
ARTISTA: JOHN ABERCROMBIE QUARTET
TITOLO: Within A Song
ETICHETTA: ECM/Ducale
ANNO: 2012
La ECM di Manfred Eicher continua a rappresentare un ineludibile punto di riferimento per tutti gli appassionati di jazz che proiettano il loro sguardo in avanti senza smarrire il ‘fil rouge’ con il passato, soprattutto con quella grande epoca di grandi cambiamenti che ha preso il là tra la fine dei ’50 e i ’60. E per rendere più pregnante il legame nostalgico con l’era free-jazz e post-bebop è stato lo stesso Eicher a suggerire ad uno degli artisti di punta della label tedesca, John Abercrombie, di dedicare un album ai musicisti e ai compositori che hanno caratterizzato quell’epoca e sono stati pure assai influenti nella formazione, e nell’evoluzione artistica della prim’ora, del chitarrista americano, nato a Port Chester il 16 dicembre del ’44. La primaria fonte d’ispirazione per Abercrombie è così diventata in questo caso la “Without a Song” (che qui viene incorporato nella originale title-track) eseguita da Sonny Rollins e Jim Hall nel leggendario e seminale album (con Rollins titolare) “The Bridge” del 1962 (c’è anche “Where Are You” estrapolata da quel disco): «Considero quell’album la migliore cosa che io abbia mai sentito – ha dichiarato Abercrombie – e per questo mio nuovo disco mi sono palesemente ricondotto ad esso, nell’ispirazione come nella scrittura dei brani. Le registrazioni che ascoltavo allora erano per lo più album post-bebop, di solito di artisti che cercavano di estenderne la forma, ognuno secondo la propria sensibilità». Aggiungendo immediatamente che comunque «anche Bill Evans, Miles Davis, Ornette Coleman, Art Farmer e John Coltrane sono state influenze importanti per me e ci tengo a sottolinearlo». Vero è che la magnificenza di un tempo non esiste più anche se continua ad aleggiare nella mente di molte prime firme oggi sulla scena. Per questa occasione il chitarrista si è circondato di un formazione stellare composta da Joe Lovano al sax-tenore, Drew Gress al basso e Joey Baron alla batteria. Oltre a quelli citati, tra gli altri brani contemplati nell’album troviamo “Flamenco Sketches“ di Miles Davis (nato dalla collaborazione del trombettista con Bill Evans su “Kind of Blue”). A proposito di “Kind of Blue” Abercrombie ha dichiarato d’esserci arrivato con un certo ritardo: «È stato pubblicato nel 1959, ma l’ho ascoltato per la prima volta quando ero studente a Boston, nel 1962. Fui catturato dal ‘playing’ di Davis su questo disco, dalla sua semplicità e dalla sua bellezza. Naturalmente, l’album nel frattempo è diventato così noto che alcuni pezzi sono stati letteralmente consumati dalla ripetizione. Ma ho pensato che era ancora possibile suonare qualcosa di fresco sulle progressioni di accordi di “Flamenco Sketches” e creare delle nostre personali melodie». Troviamo inoltre “Blues Connotation“ di Ornette Coleman, magnifica e accattivante nel suo crescendo ritmico, “Interplay” di Evans impreziosita dall’assolo al sax di Lovano, “Wise One“ di John Coltrane, resa sensuale dal fraseggio incrociato di John e Joe, assieme ad altri pezzi che ci ‘raccontano’ al meglio, con lo spirito odierno, quegli anni tanto innovativi per il jazz. Di Coltrane il chitarrista dice con ammirazione: «Amavo il modo in cui Coltrane suonava le ballad, ma “Crescent” sembrava essere il momento culminante di una nuova musica su cui stava lavorando: i nuovi brani, con le lunghe introduzioni in rubato, di cui “Wise One” fu un grande esempio. Musica di vera bellezza». Qui Lovano è capace di tessiture inarrivabili con il suo sax, è creativo e mostra grande empatia con il band leader. E Abercrombie – il ‘chitarrista dei chitarristi’ – ha nel virtuosismo tecnico, nell’intensità dell’impegno, nella versatilità, nel nitore indiscusso del suo tocco, alcuni dei suoi punti di forza. Le atmosfere elaborate dalla formazione sono delicate e notturne, senza però disdegnare i toni esuberanti, tenuti sotto controllo con raffinata classe. Tra le altre cose ci sono composizioni proprie di Abercrombie come “Easy Reader”, una sorta di valzer con un cenno al film “Easy Rider” di Dennis Hopper e Peter Fonda, e “Nick Of Time”. “Il mio omaggio – dice Abercrombie – vuol essere una celebrazione di un’epoca in cui i musicisti stavano estendendo le forme”. Un tributo così approntato assume il sapore eccezionale dell’evento quando il suono viene plasmato con simili premesse da musicisti di tale levatura; e questo disco si avvia a diventare una delle perle della discografia della ECM, e non solo.
(Luigi Lozzi) © RIPRODUZIONE RISERVATA