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SALVATORE GIULIANO di Francesco Rosi in Blu-Ray

 

 

 

Francesco Rosi realizzava il capolavoro “Salvatore Giuliano” nel 1962 in una fase molto importante per il Cinema Italiano, florido e diversificato (nei contenuti e nelle forme), con tanti nuovi registi a mettersi in luce, molte idee e alcuni capolavori indiscussi, anche a livello internazionale, di grandi maestri riconosciuti che si erano imposti nell’immediato dopoguerra, come “La Dolce Vita” di Federico Fellini, “Rocco e i suoi fratelli” di Luchino Visconti e “L’avventura” di Michelangelo Antonioni, tre opere tutte uscite nel 1960.

Fra tematiche sociali, suggestioni servite dai lasciti neorealisti (e conseguenti ambientazioni popolari), avvii di Commedia all’Italiana e opere d’autore, il film di Rosi si imponeva, in maniera originale, facendo leva su un realismo critico in contrapposizione (e superamento) del Neorealismo, usando con grande efficacia materiale documentario intrecciato con la ricostruzione filmica. Tra l’altro il regista si era formato come aiuto regista (“La terra trema” e “Bellissima”) per Luchino Visconti, prima di iniziare la sua carriera nel 1958, con “La sfida”. Scrupoloso nella ricerca dei documenti su cui costruire il suo film-inchiesta, che rappresentava uno spaccato importante dell’Italia post Seconda Guerra Mondiale avviata sulla strada della modernità, non enfatizzava i fatti né si avvaleva di fantasiose forzature narrative, eppure alla sua visione risultò quanto mai avvincente ed appassionante. Tutto (ricostruzione dei fatti, toni documentaristici, l’aderenza alla memoria cronachistica delle immagini diffuse sul ritrovamento del cadavere di Giuliano, frutto della magnifica sceneggiatura scritta da Francesco Rosi assieme a Suso Cecchi d’Amico, Enzo Provenzale e Franco Solinas) si amalgamava in modo impeccabile con un tocco thriller che decisamente non guasta. Quello che soprattutto si registrava allora è stata la svolta politica del nostro cinema e il risveglio di un impegno civile (di natura antifascista) nei nostri autori di maggiore spicco. «Per la mia generazione – ebbe a dichiarare il regista scomparso lo scorso 10 gennaio 2015, all’età di 92 anni – fare cinema significava fare politica. Avevamo vissuto con tanto entusiasmo il dopoguerra, vedevamo che molte delle nostre speranze della rinascita di una società fondata sulla giustizia e l’uguaglianza, andavano deluse. Con i nostri film volevamo far crescere la coscienza sociale”. Il titolo della sceneggiatura originale (e probabilmente doveva esserlo – nelle intenzioni di Rosi – anche del film) era “Sicilia 1943-60” ed infatti si ripercorre con puntuale dettaglio narrativo il periodo che va dallo sbarco in Sicilia degli anglo-americani, passando per le prime manifestazioni del separatismo, per la costituzione dell’Esercito Volontario Indipendenza Siciliana, degli accordi con il bandito Giuliano, strumentalizzato perché portasse avanti una sua privata lotta contro lo Stato italiano, con assalti a caserme isolate dei carabinieri, per l’eccidio di Portella delle Ginestre del 1° maggio 1947 di cui si rese responsabile la banda, per gli intrighi tra Mafia e Potere, di cui Salvatore, detto Turiddu, una volta era strumento un’altra scomoda presenza, fino alla misteriosa morte del bandito di Montelepre (le versioni ufficiali indicarono i carabinieri come artefici del conflitto a fuoco avvenuto nella notte del 5 luglio 1950, all’età di 27 anni, mentre invece il film, e non solo il film, propende per il tradimento del suo luogotenente, Gaspare Pisciotta) per proseguire oltre fino al processo di Viterbo per la strage di Portella, l’avvelenamento di Pisciotta nel carcere palermitano dell’Ucciardone e altri fatti riconducibili fino all’anno 1960 quando veniva ucciso il mafioso che aveva fatto catturare gli ultimi componenti della banda di Giuliano. In effetti nelle intenzioni del regista napoletano più che su Salvatore Giuliano (la vicenda prende il là dal ritrovamento del cadavere nel cortile di una casa di Castelvetrano, luogo prescelto per la messinscena da dare in pasto alla stampa) voleva essere un film sulla situazione storica e politica della Sicilia nell’arco di tempo indicato che però aveva forti connessioni con il potere centrale dello Stato a Roma. Intorno a Giuliano, che non appare quasi mai sullo schermo se non in rapide inquadrature (o ripreso di spalle) ruotano le questioni messe in evidenza. Rosi poi ha voluto ricostruire i fatti negli stessi posti dove erano realmente accaduti appena una decina di anni prima, e utilizzare proprio la gente che quei fatti li aveva vissuti realmente; andò incontro a diffidenza e notevoli difficoltà, salvo poi riuscire a conquistare la fiducia della popolazione locale, a Montelepre e dintorni, con la chiarezza delle sue parole e la sincerità dei toni e dei suoi comportamenti. Questa la personale testimonianza di Rosi: «Per “Salvatore Giuliano” non si può parlare di giornalismo, bensì di un metodo di ricostruire una realtà su una documentazione, una realtà di dieci anni prima, attraverso gli stessi elementi che l’hanno provocato e che l’hanno vissuta. Quando faccio un film mi documento molto, ma ad un certo punto metto tutto da parte. Il mio tipo di documentazione molte volte è più una presenza rassicurante che una fonte alla quale io mi rifaccia continuamente, altrimenti non sarei capace poi di fare il film. Per Giuliano misi insieme una documentazione notevole: foto, articoli, sentenze lette e rilette con i miei collaboratori alla sceneggiatura, migliaia di fogli… Un lavoro molto articolato e molto scrupoloso. Però, fatto questo, il materiale non lo vado più a vedere, mi dimentico tutto, metto tutto da parte. Quando finisco il film, è allora che mi viene voglia di cominciare a studiare tranquillamente tutti i materiali. Ma tu fai un film, non una lezione di storia. Attraverso il film do il mio rapporto personale con quella realtà, la mia interpretazione, la mia ottica, quindi non posso chiudere il film nei limiti ristretti di una ricostruzione. All’epoca di “Salvatore Giuliano” furono in molti a parlare di documentario, ma non c’è film più costruito di “Salvatore Giuliano”, un film più lontano dal documentario! E a Venezia, dove il film fu mandato perché avevo molta paura della censura e volevo dargli delle garanzie, fu rifiutato proprio perché lo considerarono troppo vicino a un documentario! La struttura del film è venuta da sé su due assi, il processo di Viterbo e il cadavere di Giuliano. Dai fatti avevo due possibilità: la prima era quella di far comprendere allo spettatore ciò che era accaduto e di cui si trattava attraverso un’emozione, il cadavere; la seconda, di collegare tutti i fatti nel corso del processo, per far rivivere tutte le contraddizioni viste prima. E venivano rivissute attraverso il presidente del tribunale, che era il primo a restare sconvolto dalle domande che doveva per forza porsi davanti a tutta la merda che gli passava sotto gli occhi. Il vero giudice è morto, è stata un’esperienza troppo forte per lui vedere le complicità, carabinieri polizia ministero giudici, in tutta la storia. Tutti sapevano benissimo dove Giuliano era nascosto, se non lo hanno preso vivo è perché avrebbe parlato, e questo spaventava certe correnti di un certo partito politico». E questa quella del giornalista e critico cinematografico Tullio Kezich che per otto settimane seguì le riprese del film in Sicilia accanto a Rosi: «Il film è, a mio parere, la prefazione al ventennio a venire, un’opera che evoca lucidamente la stretta realtà dei fatti di un caso di cronaca che fino a quel momento era stato inteso dal cinema solo coem una vicenda romanzesca nella chiave melodrammatica e da western in cui potevano vederlo gli imitatori di Germi – i registi che, sul modello di “In nome della legge”, avevano visto la Sicilia come un Far West, i mafiosi come banditi, il pretore come sceriffo. Via via che con Rosi si andava dentro una rappresentazione fatta invece di documenti, scoprivamo innanzitutto la santissima trinità composta da mafia-polizia-carabinieri e poi lo sconvolgente fatto che tutto ciò che appariva sui giornali era frutto di mediazioni, di patteggiamenti, di affari loschi intercorsi tra forze dell’ordine, banditismo e politica. In questa chiave Sciascia, in quegli anni, cominciava a parlare di sicilianizzazione dell’Italia, però noi fino a quel momento avevamo detto: “Mah, chissà cosa vorrà dire!” Seguendo un po’ Giuliano e un po’ quello che stava intorno a Giuliano scoprivamo l’esistenza di un’Italia che ci era sconosciuta. Giorno dopo giorno ci capacitavamo che la vita non era affatto un western, che la storia italiana non si spiegava con le chiavi di Blasetti o di Germi ma era una faccenda molto più intrigata e maleodorante, molto più orrenda, che il cinema aveva il dovere di rappresentare anche se certo non avrebbe potuto farlo nella sua completezza perché noi sapevamo molto poco su quanto era veramente successo. Dopo quel film, io sono arrivato ai fatti di Piazza Fontana e agli intrighi degli anni successivi senza stupirmi più di tanto. Fino a “Salvatore Giuliano” per me un carabiniere era un carabiniere ed io, neisuoi confronti, ero come Pinocchio, mentre dopo aver seguito tante vicende di quest’arma, della polizia, della magistratura, dei politici siciliani in quell’affair mi sono cascate tutte le illusioni». Al suo apparire sugli schermi “Salvatore Giuliano” si impose per originalità e per forza espressiva, utilizzando un linguaggio d’indagine lucido; è opera di grande compattezza espressiva e di rigorosa aderenza a fatti storici (anche con un originale, significativo e geniale impiego del flash-back) per la quale Rosi si è riservato (da autore che rivendica la libertà del suo ruolo) di fornire una propria interpretazione basata sui documenti in suo possesso, in capo a indagini condotte scrupolosamente assieme al gruppo dei suoi collaboratori. Con “Salvatore Giuliano” nasceva uno stile cinematografico (ed un genere) quanto mai originale, peraltro rifacendosi al miglior cinema americano d’impegno (quello dei vari Lumet, Kazan, Ritt, Mann) di quegli anni per poi diventarne egli stesso, Rosi, grazie al successo internazionale del suo film (nell’anno della sua uscita si aggiudicava l’Orso d’Argento al Festival di Berlino), ‘Maestro’ da imitare anche oltreoceano.
“Salvatore Giuliano” si rende disponibile per la prima volta in Alta Definizione sul mercato dei Blu-Ray, e nella versione recentemente restaurata dalla cineteca di Bologna, grazie a Cristaldi Film (e distribuzione CG Entertainment), che ne detiene i diritti e che si è sempre contraddistinto per la cura e l’attenzione riservate alla pubblicazione delle opere del passato presenti nel suo catalogo. Ed il prodotto soddisfa appieno le aspettative dei cinefili e di tutti gli estimatori del grande cinema italiano del passato. La qualità video, figlia del restauro effettuato, è straordinaria ulteriormente favorita dall’originario Bianco & Nero della pellicola; per cui non si avvertono gli oltre cinquant’anni del film. Quadro solido e pulito, compatto, luminoso e ricco di dettagli, soprattutto nei primi piani, con un’eccellente gradazione dei grigi; solo di tanto in tanto si registra qualche calo di incisività. Il comparto audio dispone di varie soluzioni tra DTS HD e Dolby Digital (sia 5.1 che 2.0) di grande pulizia generale, ed è comprensibile che non si sia potuto operare su di questi con la stessa efficacia raggiunta con le immagini. Pur tuttavia questo non inficia la bontà della visione e dona al film quel tocco vintage d’epoca che non guasta. Gli extra contengono il commento dello storico Francesco Renda (23’), un breve speciale dedicato a Francesco Rosi (8’), un altro dedicato al film (8′), alcuni provini di Frank Wolff/Gaspare Pisciotta (1’230”), una galleria fotografica, la locandina originale, il trailer originale alcune recensioni testuali.

 

(Luigi Lozzi)                                                © RIPRODUZIONE RISERVATA

 


(immagini per cortese concessione della Cristaldi Film/CG Entertainment)

NOTE TECNICHE
Il Film

SALVATORE GIULIANO
(Salvatore Giuliano)
Italia, 1962, 124’
Regia: Francesco Rosi
Cast: Frank Wolff, Salvo Randone, Renato Pinciroli, Massimo Mollica, Sennuccio Benelli, Giuseppe Calandra, Pietro Cammarata, Max Cartier, Nando Cicero, Giuseppe Teti.
Distributore: Cristaldi Film/CG Entertainment

Informazioni tecniche del Blu-Ray

Aspect Ratio: 1.85:1 / HD 1920x1080p/AVC
Audio: Italiano DTS-HD Master Audio 5.1
             Italiano DTS-HD Master Audio 2.0
             Italiano Dolby Digital 5.1
             Italiano Dolby Digital 2.0