RAW POWER di Iggy & the Stooges in Vinile
ARTISTA: IGGY & The STOOGES
TITOLO: Raw Power
ETICHETTA: Columbia/Legacy/Sony Music
ANNO: 1973/2017 [2 LP]
I numeri delle vendite non sono certo stratosferici – erano di ben altra consistenza nei tempi d’oro – ma il ritorno in auge dei dischi in vinile, confortato da una vivacità ed eterogeneità della domanda sul mercato non banale, merita una qualche attenzione cui non vogliamo sottrarci, al punto che pure sul nostro sito, per definizione e nome dedicato al digitale, apriamo una sezione ad esso dedicata. Il nero vinile ha un fascino che non tramonta né scade e lo sanno bene gli appassionati più avanti negli anni, che negli Ottanta hanno dovuto veder prendere il sopravvento ai dischetti digitali, innovativi e più maneggevoli ma privi di autentica identità, e adesso comincia a conquistare anche le ultime generazioni di consumatori della musica. Da qualche tempo le case discografiche hanno dato inizio ad una operazione in crescita continua di ristampa e pubblicazione di album del passato (più che di dischi nuovi).
Così in questa occasione abbiamo tra le mani, per recensirlo, un album epocale di Iggy Pop & The Stooges, “Raw Power”, con il quale nel 1973 il gruppo ribadiva d’essere forza viva sulla scena Rock, irriverenti e selvaggi ed antesignani ante-litteram d’una rivoluzione generazionale coincisa con quel movimento Punk Wave che da lì a pochissimi anni si sarebbe imposto con veemenza grazie a Sex Pistols & Co.: l’anarchia della musica avrebbe preso il sopravvento su un rock diventato (volenti o nolenti) piuttosto edulcorato. L’esordio impetuoso della band, allora semplicemente The Stooges, con l’album omonimo (prodotto da John Cale), era avvenuto nel 1969 e quel Garage Rock della prim’ora, che aveva avuto un impatto enorme per l’intera scena musicale, seguito nel ’70 da “Fun House”, diventava sempre più solido e delineato. gli Stooges, provenienti dalla downtown di Detroit, sono stati una delle band più importanti degli anni Settanta soprattutto nell’ottica seminale di quello che sarebbe venuto dopo con la rivoluzione Punk & New Wave della seconda metà del decennio. Un approccio, quello della band, incendiario e delirante con una materia a sua volta incandescente, esibita (nelle session musicali di registrazione e soprattutto negli spettacoli Live) senza lesinare in energia e partecipazione a beneficio di una generazione di fan assetati di sesso, droga e rock’n’roll. Lo stile da performer oltraggioso ed ‘estremo’ era maturato nella mente del front-man della band, Iggy Pop, dopo aver assistito ad un concerto di Jim Morrison e i Doors da cui rimase stregato; un impatto fisico violento che solitamente culminava con la pratica dello ‘stage diving’, ovvero quella di buttarsi dal palco a peso morto sulla folla per farsi sostenere ed osannare. I primi due album (pubblicati dalla Elektra), caratterizzati da brani ‘veementi’ come “I Wanna Be Your Dog” e “No Fun”, quindi lo scioglimento degli Stooges legato a questioni di droghe e alcol, divergenze artistiche e conseguenti frizioni tra i componenti della band. Poi nel 1971 il fortunato incontro di Iggy con David Bowie, reduce dal capolavoro “Ziggy Stardust” dell’estate 1972, grazie al quale la carriera (principalmente) sua e della band può riprendere vigore, con il ‘Duca Bianco’ che si offre di produrre un nuovo album degli Stooges, appena riformatisi e decisi a riprendere in mano il proprio destino, questa volta però con il nome di Iggy a precedere quello del gruppo. “Raw Power” (per la Columbia) appunto, un album storico che vede la luce nel 1973 tra la Pop-Art di Andy Warhol, il Progressive Rock, il glamour e forme sempre più accentuate di esibizionismo fuori e dentro la musica. Iggy Pop (pseudonimo di James Newell Osterberg Jr., da Muskegon, Michigan, classe 1947, con ‘Iggy’, soprannome derivato da ‘iguana’, per aver fatto parte come batterista, tra il 1963 e il 1965, degli Iguanas) è senza alcun dubbio leader e front-man carismatico del gruppo. Nella nuova formazione non ci sono più né Steve MacKay né il bassista Dave Alexander che, distrutto dai problemi d’alcolismo, morirà all’età di 27 anni nel 1975 lasciando vivi tanti rimpianti nei fan; nella nuova line-up entra James Williamson alla chitarra mentre Ron Asheton, il cui contributo chitarristico fino a questo momento è stato eccellente, passa a suonare il basso al posto di Alexander. E anche se “Raw Power” fondamentalmente non è all’altezza dei due album che l’hanno preceduto aiuta (e di molto) a definire compiutamente i contorni e l’identità del gruppo sulla scena rocchettara, e a garantire ottime credenziali agli occhi dei fan e di quanti negli anni a seguire avrebbero trovato ispirazione nella musica degli Stooges. Ascoltare per credere! Il susseguirsi dei brani del disco – sempre e comunque ‘suonati’ ad alto volume – scandisce la bontà delle scelte con pezzi folli e assai ritmati a corredo di un divertimento indiscusso e un sound molto più variegato al confronto dei due album precedenti, e “Raw Power” deve molta della sua qualità al lavoro produttivo di Bowie che riesce ad ammorbidire i toni violenti del primitivo sound del gruppo. Iggy Pop, nel 1997, avrebbe poi deciso di pubblicare i nastri originali con il risultato di veder emergere chiaramente la virulenta e ‘rozza’ forza d’insieme dell’album. In apertura “Search & Destroy” è pezzo esplosivo e distorto, dal riff tiratissimo, nel quale immediatamente si evidenzia il magistrale contributo strumentale di Williamson, un pugno nello stomaco, un brano anthem – ‘turning-point’ del Rock – destinato a diventare inno di una generazione perduta e cavallo di battaglia nelle esibizioni dal vivo, anche dell’Iggy solista, sempre indemoniato nella vocalità e nelle esibizioni che porta all’estremo della provocazione: molto di più sia della sensualità esibita di Mick Jagger che delle liturgie sciamaniche di Jim Morrison. La ballata (che poi non si può veramente definire una ‘ballata’) in crescendo “Gimme Danger” è l’esempio più nitido di una maturità artistica importante per una formazione capace di gestire al meglio la ‘tensione’ e i ritmi delle proprie esibizioni tra un inizio morbido ed uno sviluppo torbido che mescola psichedelia e perversione rabbiosa, “Your Pretty Face Is Going To Hell” e “Penetration”, che chiude la facciata A, si ammantano (nei testi crudi e lascivi nella miglior tradizione dei Velvet Underground di Nico e Lou Reed sotto l’egida di Andy Warhol) di esplicite e gratuite (ma volute) volgarità sessuali. con l’intento palese di scandalizzare i benpensanti. La title track, ‘sporca’, acida e proto-punk seminale, che apre il lato B con il sonoro di un vero e proprio rigurgito umano, ed una frase dal forte impatto (“Dance To The Beat Of The Living Dead”; “Ballate al battito dei Morti Viventi”), è diventata un altro classico pronto a edificare la leggenda di Iggy, “I Need Somebody” ha un evidente background blues ma è adattato ai tempi, mentre “Shake Appeal”, un martellante Rock’n’Roll trash ed estremo, e “Death Trip” chiudono degnamente l’album, a siglare definitivamente la breve ed intensa vicenda musicale degli Stooges, costellata da tre capolavori su tre dal sound scarno e veemente, un trittico dispensato tutto nel quadriennio 1969-1973. Quella successiva di Iggy Pop, è un’altra storia. L’ultimo concerto degli Stooges, al Michigan Place di Detroit, documentato dallo sconvolgente “Metallic K.O.”, finisce in rissa (con un gruppo di spettatori inopportuni) e con esso i sogni di far durare più a lungo la loro esistenza musicale; il gruppo si scioglie definitivamente e Iggy Pop, nonostante i persistenti problemi di tossicodipendenza che lo tengono lontano dalle scene per qualche anno, avvierà successivamente un’attività solistica. “Raw Power” ha indubbiamente rappresentato uno spartiacque del rock; c’è stato un prima e c’è stato un dopo. L’importanza di questo doppio disco in vinile (in origine era singolo) pubblicato dalla Sony Music (da Columbia/Legacy) sta nel fatto di trovare insieme l’originario album con il missaggio voluto da David Bowie in veste di produttore e quello ‘nudo’ e ‘grezzo’ concepito da Iggy Pop e i suoi partner e che lo stesso leader ha riportato in superficie dagli archivi nel 1997. Come integrazione un booklet a colori di 16 pagine.
(Luigi Lozzi) © RIPRODUZIONE RISERVATA