THE FREEWHEELIN’ BOB DYLAN di Bob Dylan in Vinile
ARTISTA: BOB DYLAN
TITOLO: The Freewheelin’ Bob Dylan
ETICHETTA: Columbia/Legacy/Sony Music
ANNO: 1963
Proseguiamo sulla strada intrapresa di recuperare all’ascolto degli appassionati (vecchi e nuovi) i storici album in vinile del Rock.
Vecchio e indomabile leone, sulla breccia dal 1962, quando era un giovanissimo folk-singer che provava per pochi dollari a far conoscere la sua musica nel circuito dei club e dei caffè del Greenwich Village ma già munito di grande personalità, e ancora attivo al giorno d’oggi a coronamento di una carriera, oltre che prolifica, quanto mai regolare e (fino ad ora) lunga 56 anni, Bob Dylan – all’anagrafe Robert Allen Zimmerman, nato a Duluth, Minnesota, il 24 maggio del 1941 – è figura di primo piano assoluta nella storia del Rock, e ritrovarci a parlare di qualcuno dei suoi album storici d’inizio carriera, a così tanti anni di distanza (oltre mezzo secolo) dalla loro realizzazione, rappresenta la cartina tornasole dell’importanza rivestita dall’artista e dalla sua musica, fuori dal tempo e dalle convenzioni. Il suo mito è tutt’oggi intatto. Dylan ha firmato numerosi capolavori tra i tanti che definiscono i contorni del Rock contemporaneo, ed è una delle figure più importanti dell’era moderna, ben oltre il contesto esclusivamente musicale. Folksinger, poeta, rocker, narratore, ma anche cantante, performer, predicatore e attore, e profeta generazionale (sono solo le diverse facce di uno stesso poliedrico artista), primo portavoce della protesta giovanile e di una gioventù disillusa largamente. Sicuramente Dylan va inquadrato come il più longevo tra i grandi protagonisti della musica Rock, Folk & Blues e quello intorno al quale si sono versati fiumi di inchiostro nel tentativo di analizzarne la figura, la personalità, lo spessore artistico, il corpo mastodontico delle sue opere; ma è, giocoforza, uno di quegli artisti che sfugge a qualsiasi tipo di catalogazione poiché la sua arte non può essere incasellata, non può essere limitata dietro uno steccato. Dylan, non ancora ventenne, era arrivato a New York dallo stato d’origine, il Minnesota, nel gennaio del 1961, dopo un faticoso viaggio in autostop, inseguendo il sogno di diventare musicista, e la prima cosa che fece fu d’andare a far visita al suo idolo Woody Guthrie, malato e ricoverato in ospedale. Dopo che case discografiche quali la Folkways Records, la Elektra e Vanguard gli avevano dato risposte negative fu la Columbia, su segnalazione lungimirante del produttore e direttore artistico John Hammond, a fargli sottoscrivere un contratto così che a novembre del ’61 Bob entrava in sala di registrazione per il disco d’esordio. “The Freewheelin’ Bob Dylan” (‘Bob Dylan a ruota libera’) è il 2° album inciso dal folksinger, venne pubblicato dalla Columbia il 27 maggio del 1963 dopo quello d’esordio dell’anno prima (uscito in commercio il 19 marzo 1962, quando il cantautore di Duluth aveva poco meno di ventun’anni, e dagli scarsi riscontri di vendite: solo 5mila le copie vendute), dal titolo – semplicemente – “Bob Dylan” e frutto dell’infatuazione dell’artista per Woody Guthrie. Questo, di cui trattiamo, a differenza del disco che lo ha preceduto, composto da cover di classici pezzi del blues, ‘traditional’ del folk statunitense e solamente due pezzi firmati da Dylan, e sempre prodotto da John Hammond, è già il frutto di una rapidissima maturazione ed è quasi per intero costituito da sue composizioni originali, da talkin’ ballad più un paio di adattamenti. Lo straordinario successo ottenuto dall’album fece puntare i riflettori della critica su questo artista fino a quel momento considerato solamente una promessa. Dylan ha avuto il pregio indiscusso della ‘scrittura’ di testi di canzoni-poesie come nessuno aveva mai avuto in precedenza, che si offrivano a diver
si livelli di lettura, espressione di una creatività letteraria senza eguali. E poi, la musica aggiunta alle parole non hanno fatto altro che amplificare la forza dei testi. La sua musica e le sue liriche hanno ‘educato’ all’impegno intere generazioni; e i brani sono qualcosa di più di semplici ‘canzoni di protesta’. A questo status di cose ha contribuito in maniera decisiva “The Freewheelin’ Bob Dylan”. Tredici ballate per chitarra e armonica in tutto, con una sequenza d’apertura da togliere il respiro affidata ad un trittico di inarrivabile spessore artistico: la celeberrima “Blowin’ in the Wind”, che sarebbe diventata una delle sue più leggendarie composizioni, e quella che gli ha assicurato un posto nell’Olimpo dell’immortalità artistica (ma anche storica), autentico manifesto politico e programmatico delle nuove generazioni in fermento negli anni sessanta, e caposaldo della letteratura giovanile, oltre che foriero di un messaggio universale buono a qualsiasi latitudine, “Girl From the North Country” (dedicata ad una ragazza conosciuta e amata ai tempi della scuola, la svedese Echo Helstrom), un altro dei suoi standard, successivamente re-inciso nell’album “Nashville Skyline” del 1969 in una versione in duetto con Johnny Cash, e “Masters of War”, altro inno pacifista, contro il militarismo (con un occhio critico rivolto alla guerra in Vietnam) e l’industria delle armi, riscrittura d’una antica canzone folk tradizionale, “Nottamun Town” (nell’arrangiamento della folksinger Jean Ritchie), con un testo nuovo opera di Dylan. All’attenzione riservata a “The Freewheelin’ Bob Dylan” diede una mano – indirettamente – pure il successo internazionale che ebbe la versione di “Blowin’ in the Wind” che il trio folk Peter, Paul & Mary portò al 2° posto delle classifiche americane. La canzone, semplice nella sua struttura melodica di ballata poetica, accessibile a chiunque, è una di quelle cose che hanno cambiato il corso della musica folk, divenendo da subito inno generazionale con quel messaggio di protesta servito in musica, con quella ‘risposta che soffia nel vento’. Per stessa ammissione di Dylan “Girl Fro
m the North Country” fu fortemente influenzata dall’amicizia instauratasi con l’inglese Martin Carthy, nel corso del suo breve viaggio in Inghilterra nel dicembre 1962, ispirandosi al ‘traditional’ “Scarborough Fair”, un gioiello di poesia pura, che aveva ascoltato dal folk-singer; canzone questa che sarebbe stata incisa – e fatta conoscere meglio in tutto il mondo – nel 1966 dal duo Simon & Garfunkel per il terzo loro album “Parsley, Sage, Rosemary and Thyme”. In “Masters of War” Dylan si scaglia con furore, rabbia e odio contro i ‘signori della guerra’: “And I hope that you die and your death’ll come soon, all the money you made will never buy back your soul, even Jesus would never Forgive what you do” (‘spero che moriate e che la vostra morte sopraggiunga presto, tutti i soldi che avete guadagnato non vi basteranno per ricomprarvi l’anima, anche Gesù non potrebbe mai perdonare ciò che fate’). La canzone esprimeva i timori di un possibile olocausto nucleare determinato dalla crisi cubana della Baia dei Porci del 1962. Anche questo brano, come i due che lo precedono in scaletta, è stato oggetto di innumerevoli cover da parte di tantissimi artisti di estrazione folk, rock e pop. Dopo il 1963, per oltre trent’anni, Dylan non ha più interpretato versioni acustiche di “Masters of War” fino al concerto di Hiroshima in Giappone del 1994. Nel luglio poi di quell’anno, il 1963, il folk singer si esibiva per la prima volta al Newport Folk Festival ottenendo la sua definitiva consacrazione e salendo sul palco per il gran finale accanto a Joan Baez, Peter Paul and Mary e Pete Seeger, tutti insieme a cantare la sua “Blowin’ in the Wind”. Il 28 agosto Dylan era in prima fila alla famosa Marcia su Washington, la manifestazione per i diritti civili che culminò nello storico discorso di Martin Luther King «I have a dream…». Impressionato dall’evento Dylan scrisse di getto, subito dopo, “The Times They Are A-Changin’”. A chiudere la prima facciata dell’album troviamo un altro classico dylaniano, “A Hard Rain’s a-Gonna Fall”, uno dei brani più complessi di Dylan che si allinea ai timori manifestati in “Masters Of War” e, in aperture della Side Two, “Don’t Think Twice, It’s All Right”, dedicate alla fidanzata di allora, l’italo-americana Suze Rotolo, fotografata sulla indimenticabile copertina al braccio di Bob nella
4th Street di un Greenwich Village coperto di neve. “A Hard Rain’s a-Gonna Fall” (chiamata anche “Hard Rain”) fu un fulmine a ciel sereno quando Dylan la eseguì alla Carnegie Hall il 22 settembre 1962, in un concerto organizzato da Pete Seeger; in tanti rimasero colpiti dalla forza di quella composizione tanto che qualcuno la definì un ‘capolavoro della musica folk’. I critici interpretarono il tono apocalittico del pezzo come un riferimento alla pioggia nucleare conseguenza di un conflitto mondiale, ma Dylan respinse l’ipotesi. “Corrina Corrina” è la rilettura di un brano tradizionale e “Honey, Just Allow Me One More Chance” l’adattamento di un testo di Henry Thomas. I cinque minuti di “Bob Dylan’s Dream” rappresentarono allora un vero e proprio inedito, fuori dagli schemi consolidati, per una ballata folk, corroborata inoltre dai primi segnali di elettrificazione del suono che più avanti, nel momento della svolta elettrica dylaniana, avrebbero suscitato tanto scalpore negli ambienti del folk dei puristi. L’immagine di copertina (foto di Don Hunstein), che è diventata tra le più celebri della storia del Rock alla stregua di quella di “Abbey Road” dei Beatles, ritrae un Dylan giovane, intirizzito dal freddo, con le mani intasca e con Suze al suo braccio. Sul retro di copertina sono riportate descrizione dei brani e note di presentazione del compositore redatte da Nat Hentoff. «L’importanza fondamentale dell’opera di Bob Dylan – ha scritto Alessandro Portelli, professore ordinario di letteratura angloamericana all’Università degli Studi di Roma ‘La Sapienza’ e musicologo – è stata quella di cogliere nella musica di tradizione popolare, nella ballata epico-lirica e nel blues, elementi di modernità. Nella sua musica il ritorno alle radici non appare mai come il recupero dell’arcaico, ma come una matrice di innovazione, come una visione del futuro: anche quando riprende brani popolari, questi ritrovano la loro dimensione profetica», Portelli ha proseguito affermando: «Nel Dylan più legato al modello di Woody Guthrie, si trovano già elementi che anticipano tutta la sua
evoluzione successiva, nel rapporto con il surrealismo, con la poesia francese dell’Ottocento e con William Blake. Tutto questo è giù presente nelle canzoni di “The Freewheelin’ Bob Dylan”, come nel caso di “A Hard Rain’s a-Gonna Fall” che è il punto più alto fra l’immaginario apocalittico e un uso consapevole della tradizione popolare». “Corrina Corrina” (B-Side), abbinata a “Mixed Up Confusion”, nel dicembre successivo veniva pubblicata come 45 giri – il primo dell’artista – mentre l’album arrivava a piazzarsi al N° 22 delle classifiche di vendita degli Usa e al N° 16 di quelle inglesi. “The Freewheelin’ Bob Dylan” – che venne registrato nel corso di otto diverse session in studio tenutesi nell’arco di un anno esatto (tra il 24 aprile 1962 e il 24 aprile dell’anno successivo) – rimane un disco imperdibile, un ‘must’, una pietra angolare del folk americano (in ambito ‘revival’) che da quel momento avrebbe goduto di vasta eco nella considerazione dei nuovi e giovani consumatori di musica d’impegno civile e poetico; qualcuno l’ha definito «la più importante raccolta di canzoni originali di tutti gli anni Sessanta». L’album è posizionato al #97 nella classifica dei 500 Migliori Album di tutti i tempi stilata dalla rivista Rolling Stone. Le prime copie stampate (e giunte nei negozi) contenevano quattro canzoni che in ultima istanza furono sostituite dalla Columbia su tutte le stampe successive. Queste canzoni erano “Rocks and Gravel” (conosciuta anche come “Solid Road”), “Gamblin’ Willie’s Dead Man’s Hand”, “Talkin’ John Birch Paranoid Blues” e la splendida “Let Me Die in My Footsteps”. Le copie della versione ‘originale’ di “The Freewheelin’ Bob Dylan” (in mono e stereo) sono diventate una rarità ed ancora oggi rappresentano il sogno irrealizzabile degli appassionati della musica del cantautore; si racconta di un newyorkese che nel 1992 ha trovato in un banchetto di strada una copia di questa edizione, acquistandola per 10 cent e rivendendola successivamente per 12mila dollari. Molte delle registrazioni effettuate in quell’arco di tempo sono rimaste a lungo inedite e sono riaffiorate solo più tardi nel cofanetto “Biograph” e in una raccolta filologica della “Bootleg Series”.
(Luigi Lozzi) © RIPRODUZIONE RISERVATA
(immagini per cortese concessione di Legacy/Sony Music)
The Freewheelin’ Bob Dylan – Bob Dylan
Tracklist (LP):
Side One
1. Blowin’ in the Wind – 2:47
2. Girl from the North Country – 3:18
3. Masters of War – 4:29
4. Down the Highway – 3:19
5. Bob Dylan’s Blues – 2:19
6. A Hard Rain’s a-Gonna Fall – 6:47
Side Two
1. Don’t Think Twice, It’s All Right – 3:37
2. Bob Dylan’s Dream – 4:58
3. Oxford Town – 1:47
4. Talkin’ World War III Blues – 6:23
5. Corrina, Corrina – 2:40 (adatt. e arr. da Dylan)
6. Honey, Just Allow Me One More Chance – 1:57 (Thomas, Dylan)
7. I Shall Be Free – 4:45
La track-list originaria della primissima edizione stampata dell’album era così composta:
Lato 1
1. Blowin’ in the Wind – 2:46
2. Rocks and Gravel – 2:21
3. A Hard Rain’s a-Gonna Fall – 6:48
4. Down the Highway – 3:10
5. Bob Dylan’s Blues – 2:19
6. Let Me Die in My Footsteps – 4:05
Lato 2
1. Don’t Think Twice, It’s All Right – 3:37
2. Gamblin’ Willie’s Dead Man’s Hand – 4:11
3. Oxford Town – 1:47
4. Corrina, Corrina – 2:42 (adatt. e arr. da Dylan)
5. Talkin’ John Birch Blues – 3:45
6. Honey, Just Allow Me One More Chance – 1:57 (Thomas, Dylan)
7. I Shall Be Free – 4:46
Discografia di Bob Dylan:
Dischi in Studio
Bob Dylan (Columbia, 1962)
The Freewheelin’ Bob Dylan (Columbia, 1963)
The Times They Are A-Changin’ (Columbia, 1964)
Another Side Of Bob Dylan (Columbia, 1964)
Bringing It All Back Home (Columbia, 1965)
Highway 61 Revisited (Columbia, 1965)
Blonde On Blonde (Columbia, 1966)
John Wesley Harding (Columbia, 1967)
Nashville Skyline (Columbia, 1969)
Self Portrait (Columbia, 1970)
New Morning (Columbia, 1970)
Pat Garrett & Billy The Kid (colonna sonora, Columbia, 1973)
Dylan (Columbia, 1973)
Planet Waves (Asylum, 1974)
Blood On The Tracks (Columbia, 1975)
The Basement Tapes (Columbia, 1975)
Desire (Columbia, 1976)
Street Legal (Columbia, 1978)
Slow Train Coming (Columbia, 1979)
Saved (Columbia, 1980)
Shot of Love (Columbia, 1981)
Infidels (Columbia, 1983)
Empire Burlesque (Columbia, 1985)
Knocked Out Loaded (Columbia, 1986)
Down in the Groove (Columbia, 1988)
Oh Mercy (Columbia, 1989)
Under The Red Sky (Columbia, 1990)
Good As I Been To You (Columbia, 1992)
World Gone Wrong (Columbia, 1993)
Time Out Of Mind (Columbia, 1997)
Love And Theft (Columbia, 2001)
Modern Times (Columbia, 2006)
Together Through Life (Columbia, 2009)
Christmas In The Heart (Columbia, 2009)
Tempest (Columbia, 2012)
Shadows In The Night (Columbia, 2015)
The Cutting Edge (Columbia, 2015)
Fallen Angels (Columbia, 2016)
Triplicate (Columbia, 2017)
Raccolte
Bob Dylan’s Greatest Hits (Columbia, 1967)
Bob Dylan’s Greatest Hits Vol. II (Columbia, 1971)
Masterpieces (Columbia, 1978)
Biograph (Columbia, 1985)
The Bootleg Series Volumes 1–3 (Rare & Unreleased) 1961–1991 (Columbia, 1991)
Bob Dylan’s Greatest Hits Volume 3 (Columbia, 1994)
The Best of Bob Dylan, Vol. 1 (UK) (Columbia, 1997)
The Best of Bob Dylan, Vol. 2 (UK) (Columbia, 2000)
The Essential Bob Dylan (Columbia, 2000)
The Bootleg Series Vol. 7: No Direction Home: The Soundtrack (Columbia, 2005)
The Best of Bob Dylan (US) (Columbia, 2005)
Bob Dylan: The Collection (Columbia, 2007)
Dylan (Columbia, 2007)
The Bootleg Series Vol. 8 – Tell Tale Signs: Rare and Unreleased 1989-2006 (Columbia, 2008)
The Bootleg Series Vol. 9 – The Witmark Demos: 1962-1964 (Columbia, 2010)
The Bootleg Series Vol. 10 – Another Self Portrait 1969-1971 (Columbia, 2013)
The Bootleg Series Vol. 11: The Basement Tapes Complete (Columbia, 2014)
The Bootleg Series Vol. 12: The Cutting Edge 1965-1966 (Columbia, 2015)
The Bootleg Series Vol. 13: Trouble No More 1979-1981 (Columbia, 2017)
Album dal vivo
Before the Flood (live, Asylum, 1974)
Hard Rain (Columbia, 1976)
At Budokan (Columbia, 1979)
Real Live (Columbia, 1984)
Dylan & The Dead (Columbia, 1989)
The 30th Anniversary Concert Celebration (Columbia, 1993)
MTV Unplugged (Columbia, 1995)
The Bootleg Series Vol. 4: Bob Dylan Live 1966, The “Royal Albert Hall” Concert (Columbia, 1998)
Live 1961-2000: Thirty-Nine Years of Great Concert Performances (Columbia, 2001)
The Bootleg Series Vol. 5: Bob Dylan Live 1975, The Rolling Thunder Revue (Columbia, 2002)
The Bootleg Series Vol. 6: Bob Dylan Live 1964, Concert at Philharmonic Hall (Columbia, 2004)
Live at The Gaslight 1962 (Columbia, 2005)
Live at Carnegie Hall 1963 (Columbia, 2005)
In Concert: Brandeis University 1963 (Columbia, 2011)
The Bootleg Series Vol. 13: Trouble No More 1979–1981 (Columbia, 2017)
Live 1962-1966 Rare Performances From the Copyright Collection (Columbia, 2018)