Cinema

LO HOBBIT: LA DESOLAZIONE DI SMAUG di Peter Jackson

 

 

L’EPICO SCONTRO IN ATTESA DELL’EPILOGO!
Sappiamo bene come il primo capitolo di questa nuova trilogia approntata da Peter Jackson e dedicata a “Lo Hobbit”, prequel de “Il Signore degli Anelli”, non avesse del tutto convinto spettatori e critica che avevano rilevato una eccessiva dilatazione della narrazione; e certamente non era poi proprio il secondo capitolo, quello mediano che idealmente dovrebbe fungere da raccordo tra l’inizio graduale della narrazione e un finale pirotecnico, a possedere le necessarie prerogative per colpire l’immaginario dello spettatore.

 

Ed in effetti così è stato: “La desolazione di Smaug” ancor più del primo film lascia parzialmente delusi soprattutto i fan della saga. A testimonianza parziale di quanto detto ci sono i numeri. L’esordio al box-office americano è stato al di sotto di quello di “Lo Hobbit: Un viaggio inaspettato”, oltre 73 milioni di $ nel primo giorno di programmazione sul grande schermo a fronte di oltre 84 del precedente; un dato significativo se si pensa che i tre film della saga de “Il Signore degli Anelli” ad inizio millennio avevano incassato nel primo giorno cifre sempre crescenti tra “La compagnia dell’anello” e “Il ritorno del repassando per “Le due torri”. C’è più azione in questo capitolo, si coglie un maggiore coinvolgimento narrativo rispetto a prima, ma tutto rimane confinato in un limbo in cui la tensione drammatica non è così appagante quanto era lecito attendersi da una macchina produttiva tanto importante che si è messa in moto. Ma la delusione forse è solo frutto delle enormi aspettative che c’erano dietro questo nuovo mastodontico progetto e sarà sicuramente il tempo a sedimentare meglio le emozioni e a permettere, una volta conclusa tutta la trilogia, di dare giudizi d’insieme più attendibili e meglio articolati su questa monumentale opera che andrà vista nel complesso dei sei film. Ma una volta dato spazio ai pochi aspetti (apparentemente) negativi della faccenda – in fondo gli incassi restano pur sempre straordinari – non rimangono che elementi positivi. Abbiamo avuto modo di affermare con chiarezza di non essere degli appassionati ‘ossessivi’ della saga degli Anelli e annessi, e che il nostro giudizio, da una parte, potrebbe essere condizionato dal limite di non essere conoscitori profondi della materia letteraria – in questo caso ‘elfica’ – ma dall’altra rispecchia valutazioni prettamente cinematografiche, relative comunque ad un adattamento elaborato con straordinaria bravura e competenza da Peter Jackson e dal suo magnifico staff di collaboratori tutti, che colpisce gli occhi e il cuore di chi vi si pone alla visione anche in veste di critico di giornata. È probabile che la ‘meraviglia’ che ci aveva accompagnato per tutta la trilogia de “Il Signore degli Anelli”, nella Terra di Mezzo ideata da Tolkien (sapete tutti che l’autore aveva pubblicato “Lo Hobbit” nel 1937, una ventina d’anni prima del suo fortunato gioiello letterario), sia parzialmente sfumata; ma non per ridotte qualità narrative quanto piuttosto perché è venuto meno l’effetto sorpresa. La ‘dilatazione’ (o se preferite il ‘gonfiamento’) narrativa a cui si accennava è probabilmente figlia della considerazione che un romanzo di dimensioni ridotte come “Lo Hobbit” (trecento pagine) poteva essere condensato tutto in un solo film e che quindi la scelta di farne una Trilogia ha portato dietro di se qualche rischio, come quelli espressi, ma assolutamente bilanciati da un aspetto produttivo/economico che ha permesso a Jackson di girare tre capitoli in un’unica soluzione, distribuendo efficacemente i costi su tre film e quando è stato (e sarà) il momento di fare cassa mettere le mani su un bottino triplo. In questo secondo capitolo della tentacolare storia il plot narrativo concepito da Peter Jackson – coadiuvato dagli altri sceneggiatori, Fran Walsh, Philippa Boyens e Guillermo Del Toro, e desunto dall’epica tolkeniana – si apre su più fronti utili ad arricchire la saga ma fondamentalmente proiettati a preparare l’epilogo epico tanto atteso e già anticipato sul finire di “Lo Hobbit: Un viaggio inaspettato”, con il grande e inquietante occhio che si apriva ad annunciare il risveglio del gigantesco drago Smaug, guardiano del tesoro rubato ai nani. In apertura un breve prologo ci mostra l’incontro fra Gandalf e il re nano Thorin; questi vuole rientrare in possesso del suo regno distrutto da Smaug e manifesta la preoccupazione per il ricompattarsi delle forze oscure del Male. Il film quindi narra il tragitto della compagnia formata da Bilbo Baggins, Gandalf e dai tredici Nani guidati da Thorin Scudo-di-quercia nella Terra di Mezzo in direzione del perduto Regno di Erebor per tentare di riprendere possesso della Montagna Solitaria, un tempo roccaforte del loro regno, al momento controllata dal temibile Smaug che protegge, in un antro della Montagna, una montagna di monete d’oro. E mentre Gandalf lascia la compagnia per indagare sul misterioso Negromante, il loro viaggio è pieno di insidie e il percorso irto di ostacoli (il Bosco Atro dove sfuggono alla cattura da parte di giganteschi ragni, l’agguato degli Elfi Silvani la cattura da parte degli Orchi dai quali, grazie all’aiuto del commerciante Bard, fuggono lungo le rapide del fiume all’interno di alcuni barili) fino a quando giunti nella cittadina di Pontelagolungo, ultima tappa prima di misurarsi con il drago, riprendono energie in vista dello scontro finale con la mostruosa creatura che matura quando i nostri eroi attraversano la porta invisibile della Montagna. Ma una ulteriore minaccia per i nostri eroi arriva pure dall’oscuro Negromante che si prepara a scatenare la sua offensiva… Ma in fondo tutto il film, le fasi narrative che si dispiegano all’inizio e nella parte centrale, non sono altro che la lunga, diluita (forse eccessivamente dilatata, forse no) preparazione al confronto finale con il drago. Alla forza sovrumana e distruttiva di Smaug Bilbo Baggins, per uscire vincitore da una simile titanica lotta, può solo contrapporre la propria astuzia, come quella messa in campo da Davide nei confronti di Golia o ancor meglio quella di Ulisse alle prese con Polifemo, ma anche un coraggio guerriero a lui prima sconosciuto. Assistiamo all’ingresso di nuovi personaggi che però non riescono ad avere spazio sufficiente per ‘imporsi’ e mantengono un’aura puramente decorativa alla vicenda; vedi Tauriel e Legolas, Elfi di Bosco Atro (Evangeline Lilly e Orlando Bloom), con Tauriel che si lega affettivamente al nano Kíli, Beorn il cambia-pelle, ed altri. Al di là delle questioni di semplice accademia critica (e che lasciano il tempo che trovano), lo spettacolo puro è in ogni caso assicurato, il registro immaginifico e la magnificenza delle sequenze realizzate da Jackson & Co. rimangono fortemente impressi nell’immaginario dello spettatore (come l’avventura dentro la foresta di cenere, l’attacco dei terribili ragni giganti, l’incontro con gli uomini-orso, la lotta tra orchi e nani e la fuga lungo le rapide del fiume, fino allo scontro con il drago) e testimoniano di un notevole dispiego di mezzi e di un’indiscutibile caratura creativa (dai margini ancora più ampi del precedente capitolo), con in più una serie di paesaggi mozzafiato neozelandesi, luoghi in cui il film è stato girato. Peter Jackson è un maestro riconosciuto nella creazione di un’atmosfera epica ed emozionante che si colloca oramai, per ambizione, qualità dei risultati e cura di ogni fase produttiva e realizzativa di un progetto, al fianco di autori totali (e ‘moneymaker’ riconosciuti) quali George Lucas e Steven Spielberg. La sua Weta Digital non ha nulla da invidiare alla Industrial Light & Magic di Lucas sotto il profilo dell’inventiva digitale. Il drago Smaug è stato doppiato in lingua originale da Benedict Cumberbatch, il villain protagonista di “Star Trek: Into Darkness” che si era messo in luce con la serie tv “Sherlock”, sul personaggio creato dalla penna di Arthur Conan Doyle e adattato ai giorni nostri, ed è stato creato magistralmente (e digitalmente con grande perizia tecnica) dai maghi della Weta Digital. La materia filmica poi può contare (come per il precedente episodio) su un contesto tecnico di prim’ordine: i 48 fotogrammi al secondo dell’High Frame Rate; e per molti può bastare ad appagare le proprie attese anche solo questo. C’è da attendere il capitolo finale “The Hobbit: There and Back Again”; nonostante sia già pronto è stato deciso di  posdatarlo dalla prossima estate, come in un primo momento annunciato (in uscita il 18 luglio), al Natale 2014. Solo allora – e, credo, nemmeno immediatamente come già detto – si potranno tirare le fila di questa nuova saga destinata ad occupare un posto di rilievo nella storia del Cinema. Tecnicamente il 3D è quanto mai vivido, coinvolgente ed impressivo alla visione, pure – di certo – in virtù dei 48 fotogrammi al secondo. La resa grafica del drago è strabiliante per perfezione nella sua realizzazione in CGI, e resta indelebile nella memoria dello spettatore. Come era accaduto già per “Lo Hobbit: Un viaggio inaspettato” anche questo film, oltre che in 3D, arriva in alcune sale della penisola (quelle predisposte al formato; poche in verità) in HFR, ovvero a 48/fotogrammi al secondo invece dei tradizionali 24, una scelta voluta da Jackson per offrire una migliore qualità delle immagini; una risoluzione che è 4 volte superiore a quella dei film proiettati in standard digitale in 2K, che raggiunge i 4096×2160 pixelgarantendo un risultato sorprendente con una maggiore qualità, dettaglio e luminosità dell’immagine. Per rendervi parzialmente edotti su questo sistema rivoluzionario tanto caldeggiato da Jackson e offrirvi qualche pietra di paragone, sappiate che in Europa guardiamo l’HD televisivo a 30/fps al secondo, mentre da sempre la tv propone 50/fps al secondo.

 

(Luigi Lozzi)                                                © RIPRODUZIONE RISERVATA

 

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(immagini per cortese concessione di New Line/Warner Bros. Pictures Italia)

 

IL FILM

Lo Hobbit: La desolazione di Smaug
(The Hobbit: The Desolation of Smaug, Usa/Nuova Zelanda, 2013)
Regia: Peter Jackson
Cast: Ian McKellen, Martin Freeman, Richard Armitage, Benedict Cumberbatch, Orlando Bloom, Evangeline Lilly, Lee Pace, Luke Evans, Stephen Fry, Ken Stott, James Nesbitt, Manu Bennett, Jed Brophy, Adam Brown, John Callen, Aidan Turner, Robert Kazinsky, Graham McTavish, Stephen Hunter, Mark Hadlow, Peter Hambleton, Andy Serkis, Christopher Lee, Sylvester McCoy, William Kircher, Ryan Gage, Mikael Persbrandt, Conan Stevens.
Sceneggiatura: Fran Walsh, Peter Jackson, Philippa Boyens, Guillermo del Toro
Fotografia: Andrew Lesine
Montaggio: Jabez Olssen
Musica: Howard Shore
Effetti Visivi e Animazioni: Weta Digital Ltd.
Effetti Speciali: Richard Taylor
Supervisore Effetti Visivi: Joe Lettieri
Scenografia: Dan Hennah
Genere: Fantasy
Durata: 161’ min.
Produzione: New Line Cinema, Metro-Goldwyn-Mayer Pictures e WingNuts Film
Produttori: Carolynne Cunningham, Zane Weiner, Fran Walsh, Peter Jackson
Distribuzione Int.: Metro-Goldwyn-Mayer, New Line Cinema, WingNut Films
Distribuzione Italiana: Warner Bros. Pictures Italia
Uscita USA: 13 Dicembre 2013
Data di uscita: 12 Dicembre 2013
Sito ufficiale: www.thehobbit.com