Cinema

BUD SPENCER, ADDIO!

 

Addio al ‘Gigante Buono’
 
Se n’é andato a 86 anni con la discrezione di sempre, Bud Spencer, sempre distante dall’idea di fare (o sentirsi) la ‘star’ e senza battere i pugni sul tavolo come era sua abitudine nei film che lo hanno reso popolare, eppure, nell’immaginario collettivo dei milioni di fan che avevano imparato ad amarlo sul grande e sul piccolo schermo, sembrava immortale – non fosse altro che per quella sua mole imponente e rassicurante – ed è diventato uno dei volti più amati dal pubblico italiano.

Cinema cult il suo, sì, composto assieme a Terence Hill, perché alla loro uscita i ‘Western comici’ di Trinità hanno fatto sorridere di scherno i critici che si prendevano troppo sul serio e persino fatto irritare Sergio Leone, il padre del Western all’Italiana, che faceva fatica a riconoscere in questi lavori controcorrente l’epica nobile dell’Ovest, quella di un genere cinematografico americano tra i più importanti di sempre, che il regista romano aveva scardinato dalle fondamenta e poi ricomposto. È un dato di fatto incontrovertibile che a partire dal 1970, l’anno di uscita di “Lo chiamavano Trinità”, i film interpretati dalla coppia Spencer & Hill – non solo quelli western ma anche quelli comici, avventurosi e quant’altro – hanno rappresentato momenti importanti, regalato all’industria del Cinema italiano una consistente boccata d’ossigeno e soprattutto creato un genere cinematografico a se stante che ha saputo far ridere e intrattenuto diverse generazioni di appassionati. “Lo chiamavano Trinità” inaugurò un sottogenere dello Spaghetti Western, il cosiddetto ‘fagioli-western”, ed ottenne un successo clamoroso: 3 miliardi di lire di incasso. Bud Spencer ===Consulta la Filmografia===, nome d’arte per Carlo Pedersoli, è morto a Roma il 27 giugno scorso all’età di 86 anni; era nato a Napoli il 31 ottobre del 1929. Negli ultimi tempi era visibilmente affaticato ma pur sempre combattivo come i personaggi interpretati sullo schermo. I suoi inizi però non sono stati nel Cinema bensì nello sport; il nuoto, grazie al quale – tesserato dalla società sportiva Lazio Nuoto, dopo che con la famiglia si era trasferito a Roma – è diventato esponente di spicco entrando nella storia come il primo italiano a scendere sotto il limite del minuto netto nei 100 metri stile libero (59”5 nel 1950 a Salsomaggiore), partecipando quindi, con la nazionale, agli Europei di Vienna e vincendo due medaglie ai Giochi del Mediterraneo del 1951 in Egitto. Conclusasi l’esperienza sportiva Carlo si avvicinò al cinema negli anni della ‘Hollywood sul Tevere’, quando gli americani producevano a Roma una serie di peplum e film storici in costume che gli permisero, con il fisico che si ritrovava, di fare una comparsata in “Quo Vadis?” (Mervyn LeRoy, 1951) e di cominciare a dare un significato all’attività di attore: una particina non accreditata in “Quel fantasma di mio marito” (1950), di Camillo Mastrocinque. Dopo una parentesi sportiva, con il ritorno all’attività agonistica per le Olimpiadi di Helsinki del 1952, Melbourne del 1956 e Roma del 1960, e qualche soggiorno prolungato in Sud America, si riavvicina al Cinema; l’esordio nel 1954 con “Siluri umani”, di Antonio Leonviola, seguito da “Un eroe dei nostri tempi” (’55) di Mario Monicelli, “Il cocco di mamma” (’57) di Mauro Morassi e “Annibale” (’59) con la regia di Carlo Ludovico Bragaglia ed Edgar G. Ulmer. Senza troppo successo in verità. La svolta avviene quando, sull’onda di un vezzo maturato nel nostro paese con l’avvento degli Spaghetti Western, decide di assumere il nome americanizzato di Bud Spencer. Con questo nome prende parte a “Dio perdona… io no!” (1967) di Giuseppe Colizzi, in cui incontra Mario Girotti, il futuro compagno di mille avventure Terence Hill, con il quale interpreta pure “I quattro dell’Ave Maria” (1968), “La collina degli stivali” (1969), sempre per la regia Giuseppe Colizzi. Tre film più che sufficienti a rodare un’intesa che nel 1970 produce “Lo chiamavano Trinità” (diretto da Enzo Barboni, in arte E.B. Clucher) che ottiene un successo stratosferico anche nel resto d’Europa, seguito l’anno dopo da “…Continuavano a chiamarlo Trinità” (sempre Clucher come regista), e che sancisce la nascita della ‘Premiata Ditta’ Bud Spencer & Terence Hill, coppia d’oro del botteghino cinematografico e figure perfettamente complementari, anche nel fisico (Bud gigante buono e Terence più furbo e scanzonato), ai fini narrativi delle pellicole in questione, tra scazzottate fragorose in cui nessuno si fa male e sparatorie in cui non muore chicchessia. Bud Spencer prende parte ad altri film (“Quattro mosche di velluto grigio” di Dario Argento, 1971, “Torino nera” di Carlo Lizzani, 1972, “Una ragione per vivere e una per morire”, un western accanto a James Coburn e Telly Savalas per la regia di Tonino Valerii, 1972) ma l’intesa con l’amico Terence è di quelle destinate a durare nel tempo e a generare trionfi al botteghino e ritorni economici prodigiosi. “Il Corsaro Nero” (Lorenzo Gicca Palli, 1971), “…più forte ragazzi!” (Giuseppe Colizzi, 1972), “… altrimenti ci arrabbiamo!” (Marcello Fondato, 1974), “Porgi l’altra guancia” (Franco Rossi, 1974) arrivano uno dietro seguiti poi nel tempo da altri film con la coppia d’oro (come “I due superpiedi quasi piatti” di Enzo Barboni, 1977, “Pari e dispari” di Sergio Corbucci, 1978, l’indimenticabile “Io sto con gli ippopotami” di Italo Zingarelli, 1979 e “Chi trova un amico, trova un tesoro” 1981, di Sergio Corbucci). Intanto Bud prova anche a costruirsi una credibilità alternativa ed eccolo prima in “Si può fare… amigo”, con la regia di Maurizio Lucidi (1972) e “Anche gli angeli mangiano fagioli”, di E.B. Clucher (1973) al fianco di Giuliano Gemma, quindi nella tetralogia del commissario napoletano Rizzo, detto ‘Piedone’: “Piedone lo sbirro” (’73), “Piedone a Hong Kong” (’75), “Piedone l’Africano” (’78), “Piedone d’Egitto” (’80). E ancora “Il soldato di ventura” (1975) di Pasquale Festa Campanile, “Lo chiamavano Bulldozer” (1978) e “Uno sceriffo extraterrestre… poco extra e molto terrestre” (1979) entrambi di Michele Lupo, “Occhio alla penna”, di Michele Lupo (1981), “Banana Joe”, di Steno (1982), “Bomber”, regia di Michele Lupo (1982). Negli anni Ottanta, quando il successo comincia a scemare, Bud Spencer trova rifugio nel piccolo schermo con le serie “Big Man” (1988-89) ed “Extralarge” (1990-93). Un ultimo tentativo di rimettere in piedi la magia della coppia Spencer & Hill avviene nel 1994 con il western “Botte di Natale” diretto dall’amico di tante avventure, Terence, ma il film è un clamoroso fiasco che mette fine ad un sodalizio avviato nel 1967 se vogliamo considerare “Dio perdona… io no!” e non “Lo chiamavano Trinità” l’inizio. “Botte di Natale” è l’ultimo dei 16 film interpretati dalla coppia Bud Spencer e Terence Hill. «Siamo l’unica coppia a non aver mai litigato. Tra noi non c’era invidia e insieme ci divertivamo anche tanto. Ci capivamo al volo, con uno sguardo ci eravamo capiti. Ci vedevamo anche fuori dal set», ha avuto modo di dichiarare Terence. Bud ha avuto modo di dimostrare le sue qualità di attore drammatico nel film “Cantando dietro i paraventi” diretto da Ermanno Olmi nel 2003. Nel 2010 gli è stato assegnato (assieme a Hill) un David di Donatello alla carriera che è suonato come la definitiva consacrazione per la coppia di attori del cinema italiano. Ci mancherai, Carlo!

 

(Luigi Lozzi)                                                © RIPRODUZIONE RISERVATA