Musica

GENTLE GIANT: un gruppo storico

 

 

 
Era il 1° febbraio 1972 quando al Palazzo dello Sport di Roma ho assistito all’esibizione degli allora misconosciuti Gentle Giant, che aprivano da ‘spalla’ uno dei mitici concerti romani dei Jethro Tull (per l’esattezza il secondo, visto che l’anno prima erano stati protagonisti acclamati di una performance ‘live’ al Brancaccio).

 

Fu una vera e propria folgorazione per il sottoscritto che va ad aggiungersi alla considerazione che si trattava del primo concerto in assoluto cui prendevo parte da spettatore (mi si perdonerà se questo è accaduto all’età di quasi diciannove anni, ma ero venuto a vivere a Roma, dal Molise, solo da pochi mesi e fino a quel momento le occasioni di ‘vivere’ un concerto rock erano state pressoché nulle). Questo mi serve anche a sottolineare il fatto che ognuno di noi – è questo un concetto che vado ribadendo da tempo nelle discussioni con amici e/o nelle considerazioni da giornalista -, nel giudicare o ricordare gli eventi musicali, sia più portato ad essere indulgente e (affettivamente) più predisposto  nei confronti dei ‘primi amori’ musicali di quanto non lo sia con gruppi, artisti o generi musicali apprezzati ed amati più avanti nel tempo. Ma questo è per ora un altro discorso. I Gentle Giant divennero immediatamente uno dei miei gruppi di Progressive preferiti di quel tempo assieme a Jethro Tull, King Crimson, Van Der Graaf Generator, Audience, PFM, Banco, Colosseum, Curved Air. Altro fatto curioso è che i Gentle Giant, analogamente ai Genesis e ai Van der Graaf di Peter Hammill, ebbero successo innanzitutto in Italia, poi in altri paesi europei mentre il riscontro da parte dei connazionali inglesi (al contrario dei Genesis) è stato sempre assai tiepido nei loro confronti. In effetti il ‘Gigante Gentile’ è stato uno dei gruppi più originali del periodo d’oro del Rock Progressive, dotato di una straordinaria capacità di improvvisazione; come detto, piuttosto sottovalutati in patria, sono riusciti però a fare breccia nel cuore dei numerosi appassionati italiani del genere, all’epoca molto seguito qui da noi. I Gentle Giant nascono nel 1969, dalle ceneri dei Simon Duprée And The Big Sound, su un ceppo formato dai tre fratelli Shulman (Phil, Derek e Ray), originari di Portsmouth, dal tastierista Kerry Minnear, musicista di estrazione classica e profondo conoscitore del sintetizzatore, e del chitarrista Gary Green. I primi tre album sono autentici gioielli di progressive innovativo in virtù del polistrumentismo e della sovrapposizione di linee armoniche talvolta dissonanti: a partire dall’esordio “Gentle Giant” (1970) – quello celebre che nella copertina disegnata da George Underwood vede raffigurato il viso di un gigante bonario che tiene il gruppo sul palmo della mano – in cui si mescolano rock elettrico, folk medioevale, l’uso particolare di strumenti quali il sax e la tromba, e soprattutto gli incredibili impasti vocali (con un uso sapiente del contrappunto) uniti ad una straordinaria tecnica strumentale. Contesto nel quale si inserisce il suono di una chitarra particolarmente hard. Pezzi intriganti, fraseggi compositi (“Alucard”, “Giant”, Why Not?”) si alternano a momenti più raffinati e melodici quali “Funny Ways” o “Nothing At All”. Seguono altri tre album che sanciscono la maturità della band, “Acquiring The Taste” (1971), “Three Friends” (1972) e “Octopus” (1972). “Acquiring The Taste” brilla per ricchezza timbrica e cura certosina degli arrangiamenti. Splendido esempio è “Edge of Twilight” con l’intrecciarsi di sei diversi temi musicali e l’utilizzo di una ventina di strumenti. Minnean suona piano, organo, celeste, clavicembalo, clavicordio, xilofono, vibrafono, mellotron e il moog, uno dei primi strumenti elettronici in grado di riprodurre una vastissima gamma di suoni ed effetti. Si tratta di un gioiello assoluto del Progressive Rock. “Three Friends” è un ‘concept album’ incentrato sulla vicenda di tre compagni di scuola che prendono strade diverse. La qualità si mantiene altissima e nell’anno della sua pubblicazione, il ’73, assicura alla bande una enorme popolarità in Italia. In apertura i sei minuti di “Prologue“, tra prog sinfonico ed un tocco di hard-rock, poi la delicata “Schooldays” dalle magiche atmosfere scandite degli impasti vocali e dalle ricercate soluzioni strumentali, l’affascinante “Peel The Paint” e la trascinante “Mr. Class & Quality” prima della conclusiva title-track, uno dei brani migliori di sempre del loro repertorio. “Octopus” è probabilmente il loro capolavoro assoluto. Vi spiccano lo strumentale “The Boys In The Band” e i virtuosismi vocali e tecnici dei componenti. Ad aprire le danze l’eclettica “The Advent of Panurge“, splendido esempio della ricchezza strumentale e vocale dei Gentle Giant. Il tratto distintivo continua ad essere rappresentato dalla magistrale confluenza di rock, jazz, musica classica e barocca, folk revival inglese, Blues americano e pop d’avanguardia. Un giornalista inglese, per definire la loro musica, conia l’etichetta di ‘baroque and roll’. “Knots” costituisce una delle vette della loro arte con l’intricato mix di voci e di sonorità ricercatissime che conducono all’appassionante ed avvincente finale. Non vanno poi dimenticate la rockeggiante “A Cry For Everyone“, l’acustica “Dog’s Life” e la morbida “Think Of Me With Kindness“. Qualcosa va detto sulla splendida copertina che raffigura un polpo gigantesco che esce minaccioso dalle acque dell’oceano; è stata disegnata dal grande Roger Dean, responsabile di tantissime cover degli Yes e di altri gruppi progressive inglesi. Il quinto album è “In A Glass House” del 1973. A partire dal 1974, con l’album “The Power and the Glory“, il gruppo inizia a riscuotere un crescente successo negli Stati Uniti, ma la complessa struttura strumentale lascia il posto ad un impianto rock più tradizionale facendo smarrire alla formazione il singolare appeal che ne ha caratterizzato gli esordi. Mutamento di rotta che viene confermato dai successivi dischi “Free Hand” e “Interview”. Il doppio ‘Live’ “Playing The Fool – Live”, registrato nell’autunno 1976 testimonia, tuttavia, come i loro concerti continuano a mantenere lo spirito dei tempi migliori. In realtà il loro sound in studio va perdendo la vivida brillantezza dei primi dischi ed il gruppo poi deve fare i conti con l’avvento veemente della rivoluzione punk (e del mutamento dei gusti delle platee) così che si registra un’ulteriore perdita di identità. Gli ultimi tre album dei Gentle Giant conservano poco o nulla dello stile dei lavori precedenti. L’ultimo lavoro del gruppo, il dodicesimo, “Civilian”, è il loro canto del cigno ed è datato 1980 al tempo in cui i Gentle Giant decidono definitivamente di vivere negli Stati Uniti dopo aver constatato che la vecchia Europa è insensibile alla loro musica.
L’etichetta Alucard, amministrata dal tastierista Kerry Minnear, si è impegnata dalla metà degli anni ’90 nell’opera di recupero e di divulgazione dei materiali riguardanti il gruppo che non ha mai manifestato l’intenzione di riunirsi nonostante la calda insistenza dei fan. Per cui, in caso d’interesse, il riferimento più immediato e facile da raggiungere è il sito http://www.gentlegiantmusic.com/.
Per sapere tutto ma proprio tutto dei Gentle Giant vi consigli di consultare il sito: http://www.blazemonger.com/GG/

 

(Luigi Lozzi)                                                © RIPRODUZIONE RISERVATA