LA ‘DIVINA’ NINA SIMONE
Vero nome Eunice Kathleen Waymon, Nina Simone, nata a Tyron, nel Nord Carolina, il 21 Febbraio 1933 e morta a Carry-sur-le-Rouet, nei pressi di Marsiglia il 21 aprile del 2003, è stata un’artista unica ed inimitabile, il suo genuino talento si è espresso tra jazz, soul, blues, folk, gospel e la canzone politica.
«Essere giovani, avere talento ed essere neri,
oh che sogno meraviglioso
essere giovani, avere talento ed essere neri,
ascolta bene ciò che dico
Sai, in tutto il mondo
Ci sono miliardi di ragazzi e ragazze
Che sono giovani, hanno talento e sono neri
Non puoi negarlo»
Una figura, quella di Nina Simone, che dagli anni ’50 in poi ha suscitato suggestioni dal forte impatto emozionale in coloro che ne hanno seguito passo passo le vicende artistiche ed umane, tali da poterla considerare in assoluto una delle migliori interpreti della Musica Nera nonché personaggio di culto a tutto tondo, non solo negli ambienti afro-americani. Eclettica nella scelta dei brani, la sua musica non è di facile ed immediata collocazione, e certamente non vuole esserlo; essa si muove sinuosa tra il blues e il jazz, il soul ed il R&B, il gospel, il pop e il folk, e la canzone politica, sempre comunque con rimandi precisi alle radici della musica africana. In estrema sintesi potrebbe essere definita – come ha scritto il musicologo scrive Dave Marsh – una ‘freedom singer’. Il suo canto, spesso paragonato a quello di Billie Holiday e di Edith Piaf, è accorato, sofferto, profondo ed essenziale, non indulge in virtuosismi vocali, virtuosismi che invece si concede quando suona il pianoforte. Il forte temperamento, il carattere scontroso e la sua vita privata irregolare si combinano in quel tanto di ‘maudit’, che si addice alle personalità geniali: un matrimonio disastroso, l’arresto e la prigione nel 1978 – non aveva pagato le tasse anni prima per protestare con il suo governo per l’assurda guerra in Vietnam -, la povertà e l’esaurimento nervoso, un tentativo di suicidio. Lei ha superato questi traumi ed è andata avanti con indomita passione nella saltuaria attività concertistica, soprattutto in Europa. Quando suonava il piano con grande libertà interpretativa, nell’uso del contrappunto bachiano, con l’ampia estensione dei mezzi vocali, nel mix di improvvisazione jazz e di modulazione del blues, nel modo originale di sospendere il canto e di usare il silenzio come elemento musicale, erano riscontrabili elementi che non potevano farla passare inosservata. Talento precoce a 4 anni inizia a prendere lezioni di piano, a 10 esordisce sul palco per il suo primo concerto di pianoforte e impatta con il primo episodio di razzismo, uno dei tanti che la indurranno a mettere il proprio canto al servizio dei reietti di colore: i suoi genitori, seduti in platea per assistere ad una sua esibizione, vengono costretti a cedere il proprio posto ad una coppia di bianchi e lei si rifiuta di suonare fino a quando i suoi cari non saranno tornati a sedere al loro posto. E così fu. Abbiamo detto ‘contrappunto bachiano’, ed infatti Nina ebbe un’insegnante di pianoforte che le fece amare la musica di Johann Sebastian Bach. Così viene presentato l’argomento nella sua biografia: «Ogni nota che suoni è legata alla successiva,ed ogni nota deve essere eseguita perfettamente o si perde l’effetto d’insieme. Una volta che capii la musica di Bach, non volli pensare ad altro, se non diventare una concertista; Bach mi ha portato a dedicare la mia vita alla musica, e fu Mrs Massinovitch che mi fece conoscere questo mondo. Avevo cominciato un viaggio che diventava più bello ed eccitante ogni giorno». Nella sua biografia ha inoltre raccontato: «Il mio primo ricordo, è di mia madre che canta. Quand’era in casa cantava sempre con una voce alta, squillante. Erano le canzoni degli incontri della chiesa Metodista e divennero la colonna sonora della mia infanzia. “I’ll fly Away” e “If You Pray Right” oppure “Heaven Belongs to Me”. Mentre cucinava mi faceva sedere sul piano di lavoro e mi dava un barattolo vuoto per dare la forma ai biscotti nell’impasto. E intanto cantava». Ed Ancora: «La Chiesa mi ha insegnato il ritmo, e da allora è stata una parte vitale della mia musica. Mi piaceva soprattutto la sacralità di quella musica. Gli incontri di preghiera erano momenti di grande commozione, con la gente che cantava e urlava tutta la notte. La musica che veniva fuori aveva un ritmo incredibile, sembrava come se venisse direttamente dall’Africa […] Qualche volta le donne dovevano essere portate all’ospedale, tanto erano sconvolte». Quindi l’inevitabile gavetta in chiesa come cantante, con le sorelle (le Waymon Sisters), poi, grazie al mecenatismo di una sua ammiratrice può continuare negli studi dapprima ad Asheville (Carolina del Nord), quindi alla Juilliard Scholl di New York, la stessa frequentata anche da Miles Davis. Lavora come cantante e pianista in vari club all’inizio dei ’50, sua musa ispiratrice e’ Billie Holiday, adotta il nome di Nina Simone mutuandolo dal vezzoso appellativo di un boy-friend spagnolo e dal nome dell’attrice francese Signoret; fino ad approdare al Greenwich Village di New York. L’album di esordio inciso per la Bethlehem Records nel 1958, “Jazz As Played In An Exclusive Side Street Club”, ebbe un grande successo , il suo primo hit nel 1959 (una cover di “I Love You Porgy” di Gershwin). Nina firma per la Colpix Records registrando 10 album. Nel ’61 si sposa con il detective Andy Stroud e l’anno dopo diventa madre di Lisa Celeste. Nel 1964 imbocca la strada della canzone di protesta (scrivendo “Mississippi Goddam!” sull’assassinio di Medgar Evers e di 4 ragazzi di colore in Alabama; un brano di tale efficacia da diventare momento topico dei suoi concerti): è attivista per i diritti civili (la sua “To Be Young, Gifted, and Black“, cavallo di battaglia anche di Aretha Franklin, diventa l’inno del movimento) e simbolo della ‘Black Revolution’. Il suo approccio emozionale con la materia sarebbe diventato, in maniera molto diretta, un tratto distintivo del suo ‘singing’: il timbro della voce usato per esprimere amore e sofferenza, gioia e solitudine. Provate ad ascoltare “Four Woman” – esempio cantautorale della sua attenzione per le tematiche femminili – e i brividi vi scorreranno lungo la schiena. Tra il ’64 e il ’66 incide sette album per la Philips poi 9 per la RCA. L’insofferenza verso ogni forma di razzismo, anche solo psicologico, la portano a vivere ‘nomade’ alle Barbados, in Liberia, Svizzera, Francia, Trinidad, Paesi Bassi, Gran Bretagna. L’ampia portata del suo contributo creativo è tangibile anche in un contesto Pop(olare): nel 1961 registra “The House of the Rising Sun“, un ‘traditional’ subito ripreso da Bob Dylan e dagli Animals. Incide più tardi “Don’t Let Me Be Misunderstood“, per lei uno ‘standard’, ripreso ancora dagli Animals, e “I Put a Spell on You“, ‘covered’ dal nuovo gruppo di Alan Price. Incide inoltre “Ain’t Got No/I Got Life“, un medley tratto da “Hair”, e una splendida versione di “To Love Somebody“, dei Bee Gees, che raggiunge la Top Ten inglese nella primavera 1969. Nel 1970 divorzia dal marito e nel ’74 lascia l’RCA. Da quel momento inizia per lei un lungo periodo di eclissi interrotto qua e là da saltuarie apparizioni discografiche e da buona attività concertistica, soprattutto in Europa dove mostrano di apprezzarla molto più che in patria. Nel 1987 torna prepotentemente nelle classifiche inglesi con “My Baby Just Cares For Me“, una sua incisione di quasi trent’anni prima, che viene adottata per la pubblicità per la Chanel e diventa il brano che oggi viene associato inequivocabilmente al suo nome. Una nuova ma breve stagione di successo le si dischiude dinanzi e la vede anche protagonista ‘invisibile’ del film “Nome in codice Nina” del 1992, remake di “Nikita” di Luc Besson, dove la protagonista (Bridget Fonda) adopera Nina come sua musa ispiratrice. Nel film “L’agguato” (“Ghost from the Past”), 1996 di Rob Reiner e’ presente il brano “I Wish I Knew How It Feels To Be Free“. Il film tratta dell’assassinio del leader Medgar Evers, lo stesso soggetto della canzone “Mississippi Goddam“. Peter Gabriel ha dichiarato di includere “I Put A Spell On You” tra le dieci canzoni che gli hanno procurato in passato l’eccitazione di stare ad ascoltare qualcosa di veramente nuovo ed emozionante. John Lennon invece disse di essersi ispirato, assieme a Paul, al canto di Nina per il ritornello di “Michelle” <‘I love you, I love you, I l-o-ove you..’>. Ed altre decine di artisti – Aretha Franklin, Sade, Laura Nyro, Donovan, Elizabeth Frazer dei Cocteau Twins, Richie Havens, Cat Stevens, Janis Jan, Tanita Tikaram – non hanno esitato ad affermare di includere la Simone tra le proprie cantanti preferite. Nel 1993 va a vivere nel sud della Francia, a Bouc-Bel-Air vicino a Aix-en-Provence. L’ultimo periodo lo trascorre nella sua casa a Carry-sur-le-Rouet vicino a Marsiglia, dove si spegne all’età di 70 anni, il 21 aprile del 2003. La sua è stata una personalità assolutamente singolare nel mondo dello show-business: lo spirito libero ed indipendente l’ha sempre portata ad affrontato in prima persona le intemperie della vita. Assistere ad un suo concerto per tanti ha rappresentato un’occasione da non perdere: seduta al pianoforte, a far lievitare il giusto climax partendo da poche note. La voce che passava repentinamente dal tono duro e sarcastico a quello dolce e sussurrato; e bastavano pochi essenziali elementi per ammantare il pubblico del suo fascino e convincerlo della sua unicità di artista.
(Luigi Lozzi) © RIPRODUZIONE RISERVATA