EXPERIENCE HENDRIX: THE BEST OF JIMI HENDRIX in Vinile
ARTISTA: JIMI HENDRIX
TITOLO: Experience Hendrix – The Best Of Jimi Hendrix [2LP]ETICHETTA: Experience Hendrix/Legacy/Sony Music
ANNO: 2017 Viene pubblicata su doppio vinile la raccolta “Experience Hendrix -The Best Of Jimi Hendrix”; e per molti versi si tratta di un piccolo, non trascurabile evento, visto che mai la cosa era accaduta in precedenza. Se ne comprenderà meglio l’importanza leggendo il seguito…
Chi, all’epoca della sua uscita, ebbe modo di interessarsi a “Electric Ladyland” di Jimi Hendrix rimase profondamente colpito (e sconvolto) dalla straordinaria modernità del suono che veniva fuori dai solchi del doppio LP datato 1968; stupore e fascinazione da togliere il fiato, era un qualcosa che proiettava il Rock in dimensioni vertiginose e labirintiche fino allora sconosciute assieme a qualche altra pietra miliare di quell’anno seminale. Come il “White Album” dei Beatles o “Beggar’s Banquet” dei Rolling Stones, “Waiting For The Sun” dei Doors o “We’re Only In It For The Money” di Frank Zappa; e a guardare in altre direzioni potremmo segnalare l’esordio omonimo di Joni Mitchell, quello dei Fairport Convention, “Undead” dei Ten Years After. Il 1968 è anche l’anno di “2001 Odissea nello Spazio” di Stanley Kubrick, a suo modo epocale per i destini (allora) futuri del Cinema. Hendrix è stato uno dei più profondi e convinti sperimentatori del rock psichedelico e moderno, irruento e creativo, adrenalinico e selvaggio eppure delicato, un precursore sempre alla ricerca di nuove strade e di suoni nuovi. Universalmente riconosciuto come il più grande chitarrista di tutti i tempi, Jimi ha dettato i tempi di una rivoluzione senza precedenti; di fatto inventando un modo innovativo di suonare la chitarra elettrica. Dopo di lui l’approccio di chiunque allo strumento non sarebbe stato più lo stesso. Il musicista di Seattle moriva tragicamente nel 1970, in circostanze mai del tutto chiarite, al culmine di una vita privata ‘bruciata’ (più che ‘vissuta’) velocemente e intensamente come il battito d’ali di un angelo. Era il 18 settembre e Jimi venne ritrovato senza vita nel bagno dell’appartamento in cui viveva a Londra presso l’hotel Samarkand, rintracciabile al 22 di Lansdowne Crescent, a Kensington, stroncato da una overdose di barbiturici. Pensate: 16 giorni dopo moriva in modo analogo Janis Joplin e nove mesi più tardi Jim Morrison dei Doors. Addirittura brevissima è stata la sua parabola artistica consumatasi in soli quattro anni di carriera, quattro album straordinari ed un numero considerevole di esibizioni dal vivo tra Europa e Stati Uniti. La figura di Jimi si profilò improvvisa, come una meteora, all’orizzonte della scena musicale britannica – lui che di nascita era americano – nella seconda metà degli anni Sessanta. Il Mito di Hendrix è uno dei più fulgidi e duraturi della musica Rock e la sua morte prematura lo ha fatto tristemente entrare nel ristretto (e non certo eletto) novero di coloro che hanno perso la vita in età giovane, al fianco di James Dean, Elvis Presley, Marilyn Monroe, Jim Morrison, Janis Joplin, Kurt Cobain, Amy Winehouse, Michael Jackson: miti che non invecchiano, non possono invecchiare per ovvie ragioni, consegnati all’eternità nelle loro immagini iconiche giovanili. Questo il trafiletto di un giornale inglese che riportava la notizia della sua morte: “London, 18th September: Jimi Hendrix, the american rock star whose passionate, intense guitar playing stirred millions, died here today of unknown causes. He was 27 years old”. 27 anni! Ne avrebbe compiuti 28 poco più di due mesi dopo, il 27 novembre (ricordiamo che era nato a Seattle nel 1942); questa circostanza – l’essere morto a 27 anni – lo ha fatto entrare nel ‘Club dei 27’ (detto anche ‘maledizione dei J27’) termine confezionato dai giornalisti per segnalare tutti quegli artisti famosi che hanno perso la vita all’età di 27 anni (ed i più famosi tra questi tutti con una ‘J’ nel nome o nel cognome; una lista lunghissima che comprende tra gli altri Jim Morrison, Jimi Hendrix, Brian Jones, Janis Joplin, il bluesman Robert Johnson, Alan Wilson (leader dei Canned Heat), Kurt Cobain, Amy Winehouse. James Marshall Hendrix, nasceva e Seattle, nello stato di Washington, il 27 novembre 1942, mezzosangue indiano (da parte della nonna, con la quale ha trascorso gli anni dell’adolescenza dopo la scomparsa della madre), dopo congrua gavetta, e innumerevoli tentativi di imporsi alla generale attenzione, veniva notato in un club di New York da Linda Keith, allora fidanzata di Keith Richards, e segnalato a Chas Chandler, bassista degli Animals, che portò con sé in Inghilterra il giovane chitarrista che aveva le stimmate del talento puro. Nella ‘swinging London’ colorata di flower-power Hendrix, sotto la guida di Chandler, si circondò di Noel Redding (basso) e Mitch Mitchell (batteria) formando il Jimi Hendrix Experience e dando inizio così alla sua leggenda; Il suono corrosivo della sua Fender Stratocaster diventava parte ineludibile del suo mito. Nella biografia “JIMI HENDRIX – ZERO. LA MIA STORIA” (Einaudi, pp. 260, € 22,00; N.d.R.) si legge: «Sono stato influenzato da un sacco di cose allo stesso tempo: Muddy Waters, Jimmy Reed, Chet Atkins, B.B. King. Ho un debole per Howling Wolf ed Elmore James, ma guardo anche ad altro: Ritchie Valens, Eddie Cochran e “Summertime Blues”. Senza dimenticare Bob Dylan e Brian Jones. Ascolto tutto, da Bach ai Beatles». Provocatorio e spiazzante quando dava fuoco alla sua chitarra sul palco o la suonava con i denti, Jimi è sempre stato un artista di almeno una decina d’anni più avanti dei suoi tempi e dei suoi colleghi chitarristi. Indomabile, ed instancabile sperimentatore di suoni e di soluzioni, raggiungeva l’apice della sua popolarità trionfando nei raduni del festival di Monterey (dove, semisconosciuto, bruciò e distrusse la sua chitarra, lasciando tutti di stucco) del giugno ‘67 e di Woodstock (quando fornì una trasgressiva versione dell’inno americano in aperta polemica con la guerra del Vietnam) nel ‘69.
E se “Electric Ladyland” è stato uno dei capolavori della sua breve parabola artistica – prima Jimi aveva inciso altre due pietre miliari, “Axis: Bold As Love” e “Are You Experienced?” – questo “Experience Hendrix -The Best Of Jimi Hendrix” sintetizza e cristallizza in modo egregio i momenti più significativi della sua arte. Sottolineiamo poi, come detto in apertura – e la cosa non è banale in un’epoca di revival degli album in vinile –, che questa raccolta è la più significativa mai pubblicata su LongPlaying dell’artista e questo avviene per la prima volta per questa raccolta datata fine anni Novanta. “The Best Of Jimi Hendrix” va a integrare (e completare) quel “Smash Hits” del 1968, unica compilation vinilica ed ufficiale uscita – e quindi approvata – con Hendrix ancora in vita. L’antologia aveva visto la luce nel dicembre 1997 già dopo che la Experience Hendrix LLC, la fondazione gestita dai parenti strettissimi dell’artista e capeggiata dalla sorella minore, era entrata in possesso definitivo dei diritti di sfruttamento della musica e dell’arte del chitarrista, a chiudere l’epoca dello sfruttamento selvaggio ed incontrollato di concerti dell’artista e di incisioni in studio (mai pubblicate ufficialmente). Per completezza di informazione ricordiamo anche che nel 2000, in occasione dell’uscita del cofanetto quadruplo “The Jimi Hendrix Experience”, venne pubblicata una “Special Limited Edition” a 2 CD della raccolta, oramai introvabile, con bonus CD contenente otto brani (“Highway Chile”, “Gloria”, “It’s Too Bad”, “Spanish Castle Music”, “Hear My Train A Comin’”, “Lover Man”, “I Don’t Live Today – Live” e “Purple Haze – Live”). Tornando all’album in vinile da poco in circolazione si tratta del più perfetto dei “Greatest Hits” utile a ripercorrere la (seppur breve) carriera discografica ufficiale di Jimi, senza trascurare di mettere in evidenza la componente psichedelica della musica di Hendrix. Ci sono i primi spiazzanti 45giri che fecero conoscere Hendrix alle platee del rock, pubblicati prima di far uscire l’album d’esordio “Are You Experienced?” nel maggio 1967, e senza includerli in questo: la cover di “Hey Joe” di Billy Roberts, pubblicata in Inghilterra nel dicembre 1966 che raggiungeva il #6 delle classifiche di vendita dei singoli, con il retro “Stone Free”, scritta da Hendrix, tutta grinta e forza espressiva, “Purple Haze” (distribuita nel marzo ’67 e arrivata al #3), celebre per uno dei riff più amati della storia del Rock, “The Wind Cries Mary” (maggio del 1967, #6), l’insolita ballata morbida e malinconica. Il secondo album, “Axis: Bold as Love” usciva il 1º dicembre 1967 e confermò il successo di Hendrix ottenuto con il primo. La compilation, “Smash Hits”, uscì nell’aprile ’68 sull’onda del consenso generale che la band andava ottenendo tra pubblico e critica. “Electric Ladyland”, il terzo album della band, venne pubblicato il 25 ottobre 1968 e consolidò la fama del Jimi Hendrix Experience. Tra i venti pezzi che compongono la scaletta non manca la straordinaria e travolgente cover trasfigurata della dylaniana “All Along The Watchtower”, un capolavoro che lo stesso ‘vate di Duluth’ non ha mancato di sottolineare, la stupenda ballata elettrica “Little Wing” (che avrà una versione inarrivabile nell’album live postumo “In The West”), “Manic Depression” con l’esplosivo e mirabile assolo, “Foxy Lady” (e non “Foxey Lady” come riportato sulla copertina), tra i brani più celebrati del suo repertorio, “Fire” un altro dei classici seminali, il blues di “Red House”, la selvaggia e coinvolgente “Crosstown Traffic”, altro piccolo capolavoro scritto in chiave pop, e poi ancora “Bold As Love” e “Castles Made Of Sand” (tratte da “Axis: Bold As Love” assieme a “Little Wing”), “Voodoo Child (Slight Return)” caratterizzato da una vena hard-rock e dai numerosi assolo, è uno dei pezzi di maggior presa di tutto il repertorio hendrixiano. La facciata D, la conclusiva, include brani estrapolati dall’album cui Jimi stava lavorando (“First Rays of the New Rising Sun”, pubblicato solo nel 1997) e mai portato a termine per il sopraggiungere della morte; “Freedom”, “Night Bird Flying”, “Angel”, “Dolly Dagger”, ed il brano conclusivo è l’incendiaria versione dell’inno americano, “The Star Spangled Banner”, così come Hendrix la eseguì dal vivo al Festival di Woodstock; un pezzo pregno di importanza storica e culturale come pochi altri. Piuttosto si potrebbe obbiettare sul fatto che siano rimasti fuori da questa antologia alcuni altri pezzi presenti su “Smash Hits” (“Can You See Me”, “Highway Chile”, “Burning of the Midnight Lamp” e “Remember”) che avrebbero probabilmente dato completezza filologica al progetto riguardante il chitarrista e reso praticamente perfetta questa ‘compilation’.
(Luigi Lozzi) © RIPRODUZIONE RISERVATA
Experience Hendrix: The Best Of Jimi Hendrix
Tracklist (LP):
Side One
Purple Haze
Fire
The Wind Cries Mary
Hey Joe
All Along The Watchtower
Side Two
Stone Free
Crosstown Traffic
Manic Depression
Little Wing
If 6 Was 9
Side Three
Foxey Lady
Bold As Love
Castles Made Of Sand
Red House
Voodoo Child (Slight Return)
Side Four
Freedom
Night Bird Flying
Angel
Dolly Dagger
Star Spangled Banner
Discografia (parziale) di Jimi Hendrix:
Are You Experienced? (Polydor, 1967)
Axis: Bold As Love (Polydor, 1967)
Smash Hits (Polydor, 1968)
Electric Ladyland (Polydor, 1968)
Band Of Gypsys (Polydor, 1970)
The Cry Of Love (Polydor, 1971)
Rainbow Bridge (Reprise, 1971)
Isle Of Wight (Polydor, 1971)
Experience (Bulldog, 1971)
More Experience (Bulldog, 1972)
In The West (Polydor, 1972)
War Heroes (Polydor, 1972)
Jimi Hendrix – The Movie (soundtrack, Reprise, 1973)
Loose Ends (Polydor, 1974)
Crash Landing (Polydor, 1975)
Midnight Lightning (Polydor, 1975)
Nine To The Universe (Polydor, 1980)
Jimi Plays Monterey (Reprise, 1986)
Band Of Gypsys 2 (Polydor, 1986)
Live At Winterland (Rykodisc, 1987)
Radio One (Rykodisc, 1988)
The Peel Sessions (1988)
Live & Unreleased – The Radio Show (Castle, 1989)
Live Isle Of Wight (Polydor, 1991)
Stages (Reprise, 1991)
Woodstock (Experience Hendrix, 1994)
South Saturn Delta (Experience Hendrix, 1997)
First Rays Of The New Rising Sun (Experience Hendrix, 1997)
The Best Of Jimi Hendrix (Experience Hendrix, 1997)
BBC Sessions (Experience Hendrix, 1998)
Live At The Fillmore East (Experience Hendrix, 1999)
Live At Woodstock (Experience Hendrix, 1999)
The Jimi Hendrix Experience (Experience Hendrix, 2000)