Musica

DERECONSTRUCTED di Lee Bains III & the Glory Fires

 

 

 

 

 
 
 
ARTISTA: LEE BAINS III & the GLORY FIRES
TITOLO: Dereconstructed
ETICHETTA: Sub Pop/Audioglobe
ANNO: 2014

Quello che non ti aspetti da un’etichetta come la Sub Pop è invece il segno tangibile dei territori musicali e dei generi che si offrono ad una rilettura aggiornata ai giorni nostri. Perché “Dereconstructed”,  primo disco inciso per la label di Seattle dopo l’esordio assai incoraggiante siglato del 2012 con “There Is A Bomb In Gilead” (per la Alive Natural-Sound Records), è un disco di “dannato” rock and roll intinto di vibrazioni punk ma che ha un solido, distintivo retaggio di southern rock. Infatti si deve guardare a “Dereconstructed” come ad un tentativo di riallineare qualche tassello della tradizione sudista del rock: Lee Bains III proviene da Birmingham, Alabama, ed il padre gli aveva instillato da teenager l’amore per i Lynyrd Skynyrd e per quella certa, riconoscibile, identità southern. Elementi questi che si sono intrecciati con la modernità del sound proposto dalla band che non guarda indietro nostalgicamente agli archetipi: l’album – produzione curata da Tim Kerr (Big Boys, Poison 13, Now Time Delegation) – è pregno di sonorità Memphis soul, Muscle Shoals e Southern rock del ’70, quel tanto che basta a definire le coordinate geografiche e nulla di più, visto che il garage stuff che lo anima è ben vivo e solido. Prendendo il titolo dell’album come significante di intenti sembra che il gruppo abbia voluto ‘smontare’ la musica del ‘profondo sud’. Laddove la sezione ritmica è ben vigorosa, le chitarre elettriche fiammeggianti sono al centro della scena sonora e possono ricordare la migliore tradizione di gruppi come Allman Brothers Band o i citati Skynyrd di Ronnie Van Zant, il cui spirito aleggia per l’intero album, l’autentica novità è rappresentata da quel movimento che vede protagonisti in Alabama oltre ai Glory Fires gruppi come Drive-By Truckers, Immortal Lee County Killers, Quadrajets, Model Citizen e Dexateens. È comunque un disco da ascoltare (e godersi) a volume elevato, nel quale il confine tra registrazione in studio e percezione d’una esibizione ‘live’ è assai labile. “What’s Good And Gone” addirittura ha qualche eco degli Stones più graffianti mentre in chiusura “Mississippi Bottomland” e “Dirt Track” si pacificano col passato e propongono una celebrazione dell’orgoglio del Sud.

(Luigi Lozzi)                                                © RIPRODUZIONE RISERVATA