CALL DOWN THE MOON dei Man
ARTISTA: MAN
TITOLO: Call Down The Moon
ETICHETTA: Esoteric/Audioglobe
ANNO: 1994/2014
In tempi recenti sono giunti contemporaneamente sul mercato (sempre ricco) delle ristampe, dopo essere stati per lungo tempo invisibili a vecchi e nuovi cultori del Progressive Rock dei ‘70, due album (in edizioni rimasterizzate ampliate) degli anni ’90 dei Man, dei quali, con buona lena, ultimamente si è proceduto a ristampare gran parte del materiale di catalogo del passato. Il gruppo, formatisi nel 1968, con il suo efficace Psychedelic Prog/Space Rock all’epoca del suo massimo successo rappresentava il contraltare britannico di quei gruppi westcoastiani (Grateful Dead, Jefferson Airplane, Quicksilver Messenger Service) votati come erano a interminabili jam psichedeliche suonate nei concerti; un terreno sul quale la band gallese ha mostrato tutto il suo valore e le cose più pregevoli del proprio repertorio. Oltre “The Twang Dynasty” che arrivava nel ‘92 a 16 anni dall’ultimo disco (con gli originari componenti Micky Jones, Deke Leonard, Martin Ace e John Weathers), ad interrompere un lungo silenzio discografico (sebbene ci fosse stata una reunion anche nell’83 per alcune esibizioni dal vivo), sorprendendo la critica per una insospettabile continuità mostrata con i lavori seminali dei settanta, è disponibile anche “Call Down The Moon“, il disco americano del gruppo britannico, l’undicesimo in studio, registrato nel novembre ‘94 (curiosamente) nella culla del nascente Grunge, Seattle. Nonostante il ‘cupio dissolvi’ obbligato dal forte cambiamento in corso da quelle parti, il lavoro dei Man conserva oggi (come allora) intere le sue prerogative di bontà e ribadisce lo stato di grazia della formazione, la cui reunion all’epoca non risultò per nulla una forzatura. Gli album incisi nei ’90 sono maggiormente aderenti ad un contesto rock, saltuariamente intinto di blues (“Dream Away“). La metà dei pezzi presenti sul disco sfiora (ognuno) la barriera dei nove o dieci minuti di durata, un vero e proprio marchio di fabbrica del gruppo di tutta la sua storia. L’antico spirito si coglie in brani quali “Burn My Working Clothes“, “The Girl Is Trouble“, “Drivin’ Around” e nella sorprendente title-track, sostenuti dallo splendido contributo vocale di Jones che un cancro si è portato via nel 2010. Non tutto risplende omogeneamente, ci sono battute a vuoto come quella chiusura buttata via in tutta fretta, con l’ex-Gentle Giant Weathers a cantare “Burn My Workin’ Clothes“. La nuova edizione prevede due bonus-track inedite estrapolate dalle stesse sessioni di registrazione.
(Luigi Lozzi) © RIPRODUZIONE RISERVATA