I GOT MY BRAND ON YOU di Muddy Waters
ARTISTA: MUDDY WATERS
TITOLO: I Got My Brand On You – The 1956-1962 Studio Recordings
ETICHETTA: HooDoo Records/Egea
ANNO: 2013
Gli anni Cinquanta sono stati una importante decade per il Blues; anzitutto perché iniziava ad espandersi il suo bacino d’utenza che raggiungeva una platea sempre più ampia; ma non solo per questo. Di importante in qurgli anni c’è la constatazione che la musica nera espressa da artisti quali Chuck Berry, Bo Diddley, Ray Charles e Fats Domino cominciava ad influenzare con decisione anche i gusti dei teenager bianchi e la loro musica, Elvis Presley in testa. Il tutto derivava da quell’idioma arcaico che era il Blues fin dagli anni Dieci e Venti ma che si manifestava attraverso forme elaborate in Rhythm & Blues e Rock’n’Roll seminale e sanguigno. Le radio cominciavano a diffondere nell’etere le canzoni e poiché erano accessibile a tutti ne favorirono la diffusione e la divulgazione, anche dinanzi al fenomeno ‘razzista’ che vedeva l’industria del disco privilegiare riedizioni cantate da interpreti ‘bianchi’ dei maggiori hit ‘neri’, così da avvalorare ancora di più l’idea (errata) che il Rock’n’Roll fosse una musica di origine ‘bianca’. Nonostante questo falso storico perpetrato ai danni della Black Music alcuni disc jockey (tra cui il celebre Alan Freed) insistettero nel programmare dalle loro radio le versioni originali ‘nere’ dei dischi di successo. Intanto il Blues continuava a diffondersi sulla scena non solo americana. In questo contesto si colloca la figura di McKinley Morganfield, nato nell’aprile 1915 a Rolling Fork, Mississippi, che iniziò a suonare e cantare il Blues all’età di 13 anni, influenzato da Son House e Robert Johnson, assumendo (allora) definitivamente il nomignolo di Muddy Waters (‘acque fangose’), che gli era stato affibbiato da bambino dalla nonna per la sua abitudine di sguazzare nel fango. Nel ’43 Muddy lasciava il natio Mississippi per andare a Chicago: nel ’45 acquistava la prima chitarra elettrica e cominciava ad incidere i suoi primi dischi suscitando l’interesse della Chess, l’etichetta che in quel tempo andava definendo il sound e lo stile del Chicago Blues e di cui in seguito il chitarrista sarebbe stato considerato uno dei padri fondatori. Nel ’54 Muddy Waters registrava per la prima volta con il suo gruppo al completo, e sulla scena si andavano affermando artisti provenienti dall’area di Chicago come Howlin’ Wolf, Sonny Boy Williamson, Jimmy Reed e Little Walter. La grande affermazione a livello discografico (pur sempre circoscritto ad un pubblico ‘nero’) arrivava proprio in quell’anno con “I’m Your Hoochie Coochie”, il maggiore suo hit, “Just Make Love To Me”, “I’m Ready” e “Mannish Boy” incisi in rapida successione. Seguirono anni di grande popolarità nei quali Muddy, su suggerimento del musicista Chris Barber, si recò – tra i primi blues-man americani a farlo – anche in Inghilterra per esibirsi dinanzi a platee ‘bianche’. Un’opportunità fondamentale e seminale: Waters fece scalpore con il suo blues elettrico (e urbano), come mai nessuno aveva fatto in precedenza, e gettava così le basi al nascente interesse della Terra d’Albione, a fine anni Cinquanta, per il Blues che sarebbe sfociato prima nel genere Skiffle (i Quarry Man, Lonnie Donegan, i primi giovanissimi Beatles), poi nel fenomeno del Blues Revival (Alexis Korner e John Mayall) e più avanti nell’affermazione di gruppi e artisti quali Rolling Stones (il loro nome deriva proprio da un celebre pezzo di Waters), Yardbirds, Animals, Jimi Hendrix, Kinks, Cream dei quali Waters è stato uno dei più grandi ed influenti ispiratori. Idealmente la musica di Muddy Waters rappresentò il ponte di congiunzione tra la musica tradizionale acustica del Delta del Mississippi e il moderno Rock passando per il Rock’n’Roll, lì a dispensare uno stile chitarristico personalissimo che senza alcun dubbio ha fatto scuola. In una sua canzone Muddy scriveva con molta arguzia: “Il Blues ha avuto un bambino e lo hanno chiamato Rock’n’Roll”. Nel 1959 Muddy si esibiva nel tempio della musica jazz a New York, la Carnegie Hall, e nel 1960 era tra i protagonisti assoluti della storica edizione del Festival Jazz di Newport che si apriva al Blues e al Folk. In questa occasione la sua canzone “Got My Mojo Working” otteneva un successo straordinario diventando uno dei brani più significativi del suo repertorio. Ed è proprio questo brano a dare avvio alla scaletta del disco pubblicato dalla HooDoo Records e che raccoglie i materiali incisi in studio da Muddy Waters tra il 1956 e il 1962, negli anni – direi alla luce di quanto finora detto – più importanti e seminali della sua carriera. 27 brani in tutto, tutti rimasterizzati a 24 bit per un totale di 72 minuti, quasi tutto il meglio di quanto inciso per la Chess Records, pezzi nei quali al fianco di Muddy Waters troviamo bluesman del calibro di Willie Dixon, Little Water, Otis Spann, James Cotton, Jimmy Rogers, Earl Hooker e Willie Smith. Oltre a “Got My Mojo Working” ci sono tra gli altri pezzi quali “Double Trouble”, “Real Love”, “Southbound Train”, “Messin’ With The Man”, “I Got My Brand On You”, “I Feel Good”, ovvero materiali che sono serviti a definire i contorni dello stile cosiddetto Chicago Blues. In chiusura di scaletta troviamo “You Need Love”, scritta da Willie Dixon e della quale i Led Zeppelin hanno fornito una formidabile rielaborazione con la loro classica “Whole Lotta Love”. Un booklet di 16 pagine con il consueto, accurato corollario di note, immagini, memorabilia e dettaglio dei brani, completa l’edizione su cd.
(Luigi Lozzi) © RIPRODUZIONE RISERVATA