Musica

THE BLUES CAME CALLIN’ di Walter Trout

 

 

ARTISTA: WALTER TROUT
TITOLO: The Blues Came Callin’
ETICHETTA: Provogue Records
ANNO: 2014

Ad onta dei gravi problemi di salute (in maggio ha subito un trapianto di fegato), con conseguente evidente perdita di peso che oggi lo rende irriconoscibile dal corpulento chitarrista che ricordavamo solo un anno fa, Walter Trout continua con ammirevole ed assoluta dedizione – strenuamente attaccato alla vita – a incidere dischi e ad esibirsi dal vivo: ora da solista dopo che per qualche anno si era accompagnato ai Radicals e prima ancora aveva intrecciato una lunga collaborazione con i Bluesbreakers del mentore John Mayall. L’album dello scorso anno, “Luther’s Blues”, tributo ad uno dei suoi principali ispiratori (assieme a Mike Bloomfield), Luther Allison, aveva ricevuto una nomination come “Rock Blues Album of the Year” ai Blues Music Award. Tutto era pronto per celebrare i 25 anni di carriera che cadono in questo 2014, ma visti i recenti sviluppi i festeggiamenti sono rimandati, ora ci sono altre urgenze e il blues “comes callin’”, come recita il titolo del suo nuovo disco, che diventa una sorta di terapia del dolore, un confronto con la caducità della vita ed un rinnovato, forte anelito di sopravvivenza. È tornato ad incidere per la Provogue fin dal 2008, qui ci regala 12 brani distribuiti in 58’ – dieci originali, più uno scritto per Walter dal mentore Mayall ed una cover di J.B. Lenoir (“The Whale”) – che compongono un disco di solido blues adagiato nel solco della tradizione, di quelli che rallegrano lo spirito, servito com’è, con il giusto mix di esperienza e passione, da un musicista istintivo e trascinante, ma nello stesso tempo è anche un lavoro assai più personale e intimo degli altri incisi, ed ha l’urgenza di farsi messaggio d’amore. Il titolo è quanto mai esplicito, e pure i testi rimandano al travaglio interiore di Trout. Come la title-track (dove c’è la presenza all’organo Hammond dell’amico fraterno e maestro Mayall che compare anche in “Mayall’s Piano Boogie”) che racconta di un uomo ‘costretto’ a letto e salvato dal blues, come “Wastin’ Away” (‘consumarsi’). “Take A Little Time” ha echi di Chuck Berry e “Tight Shoes” di Freddy King per stessa ammissione di Walter. Si porta dietro, evidenti, Walter, i segni evidenti della malattia, nei testi, nella musica, nelle esibizioni Live. Ma al di là delle emozioni i disco è un solido album di ottimo blues.

 

(Luigi Lozzi)                                                © RIPRODUZIONE RISERVATA