Soundtracks

PROMISED LAND di Danny Elfman

 

 

 

ARTISTA: DANNY ELFMAN
TITOLO: Promised Land
ETICHETTA: Sony Classical
ANNO: 2012

 

 

Promised Land” avrebbe dovuto essere l’esordio dietro la macchina da presa per Matt Damon, ma poi, a causa di altri impegni assunti dall’attore, questi ha ceduto la regia a Gus Van Sant che l’aveva già diretto in “Will Hunting – Genio ribelle”, “Scoprendo Forrester” e il misconosciuto “Gerry” del 2002, mai approdato nelle nostre sale. Questo passaggio di consegne (frettoloso) ha senza dubbio nuociuto al film che non è opera di quelle riconoscibili del migliore e trasversale cinema del regista di Louisville. Van Sant ha comunque voluto a comporre le musiche per il suo film Danny Elfman, collaboratore per gli ultimi due suoi film (“Milk” del 2008 e “Restless – L’amore che resta” del 2011) e in precedenza per “Da morire” (’95), “Will Hunting” (’97) appunto e “Psycho” (’98). Nell’ultimo anno e mezzo Elfman è stato quanto mai impegnato, essendosi occupato di comporre musica per “Dark Shadows” e “Frankenweenie“ di Tim Burton, “Men in Black 3” (Barry Sonnenfeld), “Silver Linings Playbook” (David O. Russell), “Il grande e potente Oz” (Sam Raimi) ed “Epic” (Chris Wedge). Di lui, tra l’altro, abbiamo parlato di recente a proposito di “Hitchcock”, il film diretto da Sacha Gervasi ed interpretato da Anthony Hopkins dedicato al Maestro del Brivido, uno score con il quale il compositore si è potuto misurare con quel Bernard Herrmann che a lungo era stato l’arter-ego simbiotico-musicale con Hitchcock e cui il 60enne compositore texano deve molto in termini di ispirazione e desiderio di emulazione. Il contributo compositivo che l’ex Oingo Boingo è in grado di offrire alla causa delle musiche per il Cinema non si limita a “colorate” e fantasmagoriche partiture per film Fantasy e di supereroi al servizio del talento fantastico di Tim Burton (con cui ha stretto un lungo sodalizio di collaborazione e di amicizia) o per Raimi e Sonnenfeld, ma contempla anche (seppure in misura minore), nel suo range espressivo, collaborazioni più sfumate come quella appunto con Gus. Il tocco rutilante e le soluzioni ad effetto cedono il posto ad uno score minimalista e gentile, ad una partitura più dimessa e riflessiva che però non preclude all’ascoltatore più attento di riconoscervi alcuni tratti tematici caratteristici dell’estro di Elfman, e buona parte della sua vena lirica. L’urgenza narrativa del film, che si colloca nel filone d’un cinema “politically correct”, obbliga Danny a lavorare sulla brillantezza delle soluzioni timbriche, sul ritmo e la tessitura delle melodie, nello sviluppo d’un discorso più “raccolto” e contemplativo. Ma non per questo meno affascinante per chi avrà la curiosità d’interessarsene.

 

(Luigi Lozzi)                                                © RIPRODUZIONE RISERVATA