IL CLAN DEI BARKER di Roger Corman in DVD
“Il clan dei Barker” del 1969 è il quart’ultimo film ‘ufficiale’ della filmografia di Roger Corman (gli ultimi tre sono stati “Gas, fu necessario distruggere il mondo per poterlo salvare” del 1970, “Il Barone Rosso” del 1971 e “Frankenstein oltre le frontiere del tempo” del 1990) ed è considerato uno dei capolavori del regista di Detroit che il 5 aprile scorso ha compiuto 89 anni. Complessivamente Corman ha prodotto oltre trecento film e ne ha diretti quasi sessanta.
In effetti dopo il 1971, anno de “Il Barone Rosso”, Roger Corman ===Consulta la Filmografia=== si è dedicato in prevalenza al lavoro di produttore con la sua società indipendente, la New World Pictures, ed ha diretto solo “I gladiatori dell’anno 3000” (“Deathsport”) nel 1978, “I magnifici sette nello spazio” (“Battle Beyond the Stars”) nel 1980 – questi due senza essere accreditato – e il già citato “Frankenstein oltre le frontiere del tempo” (“Frankenstein Unbound”) nel 1990, girato in Italia tra Bergamo e Milano; ed inoltre prodotto e diretto, assieme a Joe Dante, la web-serie “Splatter” per il canale Netflix. “Il clan dei Barker”, realizzato con la sua casa di produzione, la AIP (American International Pictures), è un ‘Gangster Movie’ come lo era stato “Il massacro del giorno di San Valentino” (“The St. Valentine’s Day Massacre”, 1967), di tre anni precedente e ancora prima “La vita di un gangster” (“I Mobster”, 1958) e “La legge del mitra” (“Machine-Gun Kelly”, 1958). Il film nasceva da un racconto di Robert Thom è si è rivelato alla resa dei conti un lavoro impeccabile, (per riprese e montaggio) ‘pulito’ e ‘nitido’ sotto l’aspetto visivo, il frutto più genuino di una consapevole maturità artistica e di una autonomia registica e produttiva che è propria dei grandi. Il film segue l’escalation di violenza della famiglia Baker (i personaggi sono realmente esistiti), una violenza cieca e isterica, tra rapine, furti, omicidi fino alla resa dei conti finale; e la carneficina finale non può non ricordare altri film importanti ambientati a quell’epoca come “Gangster Story” (1967) di Arthur Penn, “Niente orchidee per Miss Blandish” (1971) di Robert Aldrich, “Dillinger” (1973) di John Milius, “Gang” (1974) di Robert Altman e “Nemico pubblico – Public Enemies” (2009) di Michael Mann. Al centro del racconto – in un territorio, quello gangsteristico, abitualmente appannaggio degli uomini – c’è soprattutto una figura femminile. Kate ‘Ma’ Baker (interpretata da Shelley Winters), madre violenta di quattro figli non meno feroci e sanguinari della genitrice, da giovane era stata molestata tra le mura domestiche da padre e fratelli, e questo spiega molti dei suoi comportamenti e l’attenzione (quasi paranoica) nei confronti di quei figli che lei si era ripromessa di far crescer in modo d’essere in grado di difenderla da qualsiasi tipo di sopruso. Un meccanismo da tragedia edipica, dalle forti connotazioni incestuose, su cui si fonda gran parte del film di Corman cui si aggiunge il leit-motif della ribellione giovanile mescolata a scene di nudo e di sesso mai compiaciute. “Le famiglie che compiono massacri insieme sono molto unite” strillava un flano promozionale del film, e in questo contesto le figure maschili assumono i contorni di semplici strumenti per soddisfare i bisogni sessuali di ‘Ma’ Baker e dare nuova linfa alla propria ambizione: lei è disposta a tutto per i propri figli e questi sono pronti a ricambiarla in tutto e per tutto. Per l’altra parte i Baker sono il frutto degenere della Grande Depressione che colpì gli Stati Uniti nel 1929, una crisi che mise in ginocchio un’intera nazione, che creò una frattura profonda tra l’America ricca e quella povera, e diede spazio alle azioni di gente disperata e materiale per la letteratura dei vari John Steinbeck (“I pascoli del cielo”, “Al Dio sconosciuto”, “Uomini e topi”, “Furore”), William Faulkner (“L’urlo e il furore”, “Santuario”), Erskine Caldwell (“La via del tabacco”) ed altri autori, sono figli di una condizione economica disagiata, lo specchio, in estrema sintesi e nel gioco dei rimandi, della violenza odierna che registriamo quotidianamente nei fatti di cronaca: in controluce, come in altre occasioni, il regista non manca di ironizzare nei confronti dei falsi miti della società americana. L’ambientazione di questo inquietante ritratto dell’America è quella delle zone rurali del Sud degli States, tra fattorie sperdute ed un climax per certi versi quasi idilliaco, e non quella dei grandi agglomerati urbani che hanno fatto da cornice alla maggior parte dei capolavori del genere gangsteristico. La maturità del regista si coglie nella crudezza di uno stile che non scivola mai sulla china del romanticismo narrativo, nel suo anticonformismo espressivo, nella rinuncia all’utilizzo di particolari accorgimenti tecnici. Scriveva il critico Giuseppe Turrone (dalle pagine di Filmcritica nel 1971) a proposito del regista: «Il figlio ‘drogato’ di ‘Ma’ Baker cattura dal lago una ondina-sportiva-ignorante che emerge dalle acque. ‘Ma’ Baker naturalmente la fa strangolare nella vasca da bagno. ‘Il sangue del suo sangue’ non deve essere contaminato. La donna è la maledizione. Pare “La lettera scarlatta”. Corman ha la statura del grande classico: Hawthorne, Poe, Willa Cather, e il terrore negli occhi del nulla, il terrore del presente, della realtà vera, della cronaca, del nostro terrore. ‘Ma’ Baker vuole tutti i figli. […] La mamma di Cagney (“La furia umana” del 1949 di Raoul Walsh; N.d.R.) era la mamma eroina, brutta come un uccellino sparuto e paranoico, questa invece è in carne, e di sangue, spara come una matta, va a letto coi figli e con gli innamorati dei figli, odia le innamorate dei figli, preferisce ovviamente il figlio più bello, più aitante, più sensuale, più felino. Spara come un’ossessa… ‘Ma’ Baker è la vita sporca, la lussuria, il cinema, il sangue, il nostro cinema; Corman è uno degli autori più moderni del cinema di tutti i tempi, non ha reinventato niente, ha inventato tutto… Quando cominciò a realizzare film dell’Horror da Edgar Allan Poe sapeva di dover rivoluzionare molto nel cinema americano, il falso impegno, la falsa bellezza, la falsa lussuria, il falso terrore, il falso realismo. Film dopo film è arrivato naturalmente a “Scarface”, ha anticipato con ironia e cattiveria tanto cinema falso libero nord-americano… Ha chiesto al suo direttore della fotografia, Alonzo, di fare brutte immagini impiastricciate, di far sì che il faccione di Shelley Winters sembrasse una gran torta cosparsa di sangue, anzi di marmellata di more, o di rosolio, ha detto che il sangue, il grigio, il viola spento, dovrebbero essere dappertutto, che il sesso dovrebbe campeggiare come in un Magritte visto da un americano troppo ubriaco per sembrare depresso, ha detto che tutto dovrebbe sembrare sporco, insudiciato da un freudismo mal digerito da una mezza tacca dell’intelligenza… Ha detto che il sesso è sesso, che la mamma è la dannata mamma adorata, che Bunuel visto in Usa fa un effetto tremendo, che Arthur Penn in “Bonnie & Clyde” è stato troppo bravino, carino, perbenino, e che le vere immagini della realtà sono quelle che non credono più a niente, che hanno distrutto tutto, e che non vogliono inventare più niente». La fotografia è di John Alonzo, all’esordio come direttore della fotografia, ed è memorabile l’interpretazione di Shelley Winters, una maschera folle e volgare che si imprime nella memoria dello spettatore e non lo abbandona più; un giovane Robert De Niro ===Consulta la Filmografia===, all’esordio anch’egli in un lungometraggio, interpreta uno degli spietati fratelli. In un quadro tecnico generale del tutto soddisfacente, come extra troviamo una recente ed interessante intervista a Roger Corman (15 minuti), in cui il regista racconta diversi aneddoti, si compiace della bravura di Shelley Winter messa in mostra nel film, parla di tutti gli altri interpreti e racconta di aver caldeggiato la scelta di Martin Scorsese per dirigere “America 1929: sterminateli senza pietà” (riservando per sé il ruolo produttivo), del 1972, quando qualcuno si fece insistente perché Corman mettesse in cantiere un nuovo film di Gangster a seguire il successo di “Il Clan dei Baker”. Ci sono alcune scene inedite reintegrate nel DVD senza essere state doppiate in italiano; sarà facile così capire quali esse siano. La canzone sui titoli di testa è “Bloody Mama” ed è cantata dai Bigfoot.
(Luigi Lozzi) © RIPRODUZIONE RISERVATA
(immagini per cortese concessione della Sinister Film/CG Entertainment)
NOTE TECNICHE
Il Film
IL CLAN DEI BARKER
(Bloody Mama)
Usa, 1970, 87’
Regia: Roger Corman
Cast: Shelley Winters, Pat Hingle, Robert De Niro, Bruce Dern, Don Stroud, Diane Varsi, Clint Kimbrough, Robert Walden, Alex Nicol, Pamela Dunlap, Michael Fox, Scatman Crothers, Stacy Harris, Lisa Jill, Steve Mitchell.
Informazioni tecniche del Blu-Ray
Video: 1.85:1 anamorfico
Audio: Italiano, Inglese Dolby Digital 2.0 Dual Mono
Distributore: Sinister Film/CG Entertainment