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ROOM di Lenny Abrahamson in Blu-Ray

 

 

 

 

 

È questo il film, straordinario ed emozionantissimo, ma anche spiazzante, che ha permesso alla sua interprete, la rivelazione Brie Larson, di vincere l’Oscar per la Migliore Attrice Protagonista nell’ultima “Notte degli Oscar” (sulle quattro ‘Nomination’ complessive che l’opera si è vista gratificare). “Room” è un film indipendente irlandese diretto da Lenny Abrahamson, sessantenne regista di Dublino, che ha preso spunto da un libro di Emma Donoghue (in Italia uscito col titolo di “Stanza, letto, armadio, specchio”).

 

 

Il piccolo Jacob Tremblau è Jack, mentre Brie Larson è sua madre Joy; “Room” è la storia di una fuga (e di un poi) da una stanza bunker (la ‘Room’ del titolo), squallida, sporca e poco illuminata, dove la madre è stata segregata dietro una porta blindata per sette lunghi anni alla mercé di un aguzzino e il figlio lì è nato e vissuto cinque anni per uno dei rapporti sessuali pretesi dal rapitore. Si può solo immaginare come l’esclusività simbiotica del rapporto tra madre e figlio sia maturato in un ambiente così ‘malsano’ e claustrofobico, e la fuga, chiusi in un tappeto, ha un sapore particolare che va oltre il semplice conseguimento della libertà. Ma lì fuori, dove tutti hanno creduto Joy morta, la luce in fondo al tunnel è lontana dall’essere trovata; il reinserimento in una normalità di vita appena decente diventa difficile e irto di ostacoli, al punto da far cadere la donna nell’angoscia della depressione. Addirittura (e paradossalmente) l’esterno si trasforma in una ‘prigione’ più angusta delle mura di quella in cui madre e figlio hanno vissuto, perché la ‘Room’ è diventata un luogo della menta. Ma a dare fiducia e speranza nel futuro alla mamma, e a ‘guarirla’, è la capacità del piccolo Jack di aprirsi al mondo, di superare difficoltà che per prime riguardano lui, inconsapevole sia di cosa sia il male quanto di cosa sia il bene dopo aver comunicato per così tanto tempo solo ed esclusivamente con sua madre, e di andare alla scoperta della vita autentica. La vicenda narrata ci riporta alla memoria un fatto di cronaca di qualche anno fa di cui si sono occupati i media e cui si è ispirato il film; quando nel 2008 venne scoperto il caso di un austriaco (Josef Fritzl, ribattezzato ‘il mostro di Arnstetten’) che aveva segregato per 24 anni sua figlia Elisabeth in un bunker, abusando di lei: ben sette figli sono stati concepiti dall’incestuoso rapporto con il genitore. Un intenso, avvincente, commovente e coinvolgente film drammatico che si offre al pubblico nelle sue molteplici sfaccettature, su tanti piani di lettura, muovendosi tra psicologia e sentimento, amore materno e complessità dei rapporti umani e sociali all’esterno, e non disdegnando qualche risvolto thriller, carico di suspence. Un incubo vissuto attraverso gli occhi di un bambino che si trasforma in positività grazie al potere salvifico dell’immaginazione. Aggiungo anche che il libro è meno positivo del film. La regia di Lenny Abrahamson è capace di segnare una linea di demarcazione tra un prima e un dopo la liberazione, segnata dalla splendida e indimenticabile sequenza del furgone, e a farci vivere due momenti tanto intensi e radicalmente differenti tra loro, quasi due film diversi l’uno dall’altro. Il Premio Oscar a Brie Larson, 26enne attrice californiana di Sacramento, non è assolutamente peregrino e ci ha fatto scoprire un’attrice formidabile nelle sfumature che riesce a donare al suo personaggio, assolutamente credibile nel suo crollo psicologico.
Il trasferimento in High-Definition di questa favola nera rispecchia i crismi della migliore qualità dispensata ai giorni nostri dalle Major cinematografiche, anche se – ovviamente – essendo il film giocato più che altro su dialoghi e toni introspettivi, c’è poco (o nessuno) spazio per effetti digitali e audio importanti. Però c’è modo di apprezzare, soprattutto nella prima parte, l’accurato lavoro del regista e dei suoi più stretti collaboratori (direttore della fotografia e scenografo) nel condurci all’interno della ‘Room’ e di vivere quello spazio angusto ed opprimente al fianco dei due protagonisti. Nella seconda parte invece la bravura della regia si manifesta nella sagacia e nell’equilibrio (soprattutto) con cui viene raccontato il traumatico ritorno alla vita. Extra: il “Making Of” del film (12’), le featurette “Ricreare la stanza” (4’) e “3×3” (9’), assai esaurienti per comprendere come sia stato allestito il set, poi il commento audio al film sottotitolato di regista, direttore della fotografia, scenografo e montatore.

 

 

 


(immagini per cortese concessione della Universal Pictures)

 

(Luigi Lozzi)                                                © RIPRODUZIONE RISERVATA