THE CONJURING UNIVERSE in Blu-Ray
Le indagini sul paranormale dei coniugi Warren e la terrificante storia della agghiacciante bambola di porcellana Annabelle sono racchiuse nel cofanetto “The Conjuring Universe”, disponibile sia in DVD che in Blu Ray da parte di Warner Bros. Entertainment Italia in prossimità della festa di Halloween.
Il cofanetto contiene i film della saga, “L’Evocazione – The Conjuring” (2013) di James Wan, “The Conjuring – Il caso Enfield” (2016) sempre di James Wan, il prologo/spin-off “Annabelle” (2014) di John R. Leonetti, “Annabelle 2: Creation” (2017) di David F. Sandberg. Mentre sul grande schermo è da poco approdato lo spin-off “The Nun” (di Corin Hardy).
Oltre un miliardo e mezzo di dollari di incasso in tutto il mondo su un budget complessivo investito di poco più di 100 milioni di $ sono i numeri che testimoniano dell’efficacia e del gradimento che ha ottenuto, a partire dal 2013, quello che, ideato dal regista James Wan, viene oggi etichettato come The Conjuring Universe, la saga horror di maggior successo degli anni Duemila. Cinque film finora all’attivo ed altri già in cantiere o pianificati per il 2020; “The Conjuring – L’Evocazione”, “The Conjuring 2 – Il Caso Enfield”, e gli spin-off “Annabelle”, “Annabelle 2”, più “The Nun – La vocazione del male”, da poche settimane sugli schermi delle sale cinematografiche del globo. Tutti film, avviati dalla storia madre delle indagini sul paranormale dei coniugi Warren in “The Conjuring – L’Evocazione”, che hanno raccolto in cinque anni ampio consenso di critica e pubblico, e messo in piedi una formula vincente al Box Office. Ha dichiarato a suo tempo James Wan: «Una delle cose che ci è venuta in mente all’inizio è stata: ‘loro hanno un universo dei supereroi, perché noi non possiamo farne uno horror?‘. Quando stavamo realizzando il primo “Conjuring”, ci è venuto spontaneo espanderci intorno un universo più ampio, e con “The Nun” torniamo nel punto dove tutto è cominciato». Così da quel primo film di successo del 2013 si è immediatamente sviluppato un articolato universo narrativo, che ha prodotto i due spin-off di “Annabelle” e quello di “The Nun – La vocazione del male”, di Corin Hardy, dedicato al demone Valak, apparso in “The Conjuring 2 – Il Caso Enfield”. E il futuro – in questo caso – è assai roseo perché sono in lavorazione altri tre film: “The Conjuring 3”, “Annabelle 3” (entrambi ancora senza titolo definitivo né nome del regista) e “The Crooked Man”, spin-off dedicato al demone contorto vestito di rosso visto ne “Il Caso Enfield”. Stando alle parole di James Wan, ideatore della saga che supervisiona i vari film di derivazione, «ogni tassello del ‘Conjuring Universe’ aderisce a un particolare sottogenere dell’horror, e con “The Crooked Man” il tentativo sarà quello di spingersi verso sponde più dark, da stravagante e terrificante fiaba horror».
Ripercorriamo insieme le tappe principali della saga attraverso le recensioni già pubblicate in passato sul nostro sito.
RITORNO AL PASSATO
Ecco configurarsi un segnale ben preciso nello status consolidato, e nelle convenzioni, del cinema horror (o Fantasy Paranormale che dir si voglia, sulle presenze impalpabili ed inquietanti) e sembra indicarci che un mutamento di rotta è in atto.Il soggetto de “L’evocazione – The Conjuring” ruota intorno al tema più che abusato delle case stregate e racconta la vicenda autentica, risalente al 1971, della famiglia Perron che dopo aver preso dimora in una casa di campagna del Rhode Island si rende conto che questa è infestata dalla presenza dello spirito di una strega. Quando vediamo arrivare nella nuova casa immersa nel verde, abbandonata e isolata in riva ad un laghetto, la solita nutrita (ben cinque figlie femmine) famigliola middle class americana – e per di più petulante e antipaticuccia di suo come da copione collaudato – non possiamo non esclamare “ah, rieccoci, ecco la solita storia di fantasmi che infestano una magione fatiscente e che scatenano le loro ire represse contro i nuovi arrivati giunti a turbare la loro atavica inquietudine, o al contrario manifestano il bisogno di attenzioni”. Porte che sbattono, quadri che cadono dalle pareti, armadi dalle ante cigolanti e quella solita cantina polverosa che nasconde qualche mistero e qualche presenza malefica: si coglie una palpabile sensazione di ‘dejà vù’ in un ambito in cui tutto sembra prefigurarsi come già visto e raccontato. Ci viene da pensare a “The Messengers” (2007) di Oxide Pang Chun e Danny Pang, a “The Hole” (2009) di Joe Dante, “The Skeleton Key” (2005) di Iain Softley, “Darkness” (2002) di Jaume Balaguerò, “Saint Ange” (2004) di Pascal Laugier, “Insidious” (2010) dello stesso James Wan, ma anche “I 13 spettri” (2001) di Steve Beck, “Amytiville Horror” (1979) di Stuart Rosenberg, “The Others” (2001) di Alejandro Amenàbar, i vari “The Grudge” e “Dark Water” tra Giappone e Stati Uniti, i vari “Paranormal Activity”, il primo “Poltergeist – Demoniache presenze” (1982) di Tobe Hooper, “1408” (2007) di Mikael Håfström, “Haunting – Presenze” (1999) di Jan De Bont; e, a questo punto, non si può non fare in conti, ovviamente, anche con la madre di tutti i film sugli esorcismi, “L’esorcista” (1973) di William Friedkin. Ci assale la convinzione (e lo sconforto) che tutto sia immutabile, ripetitivo e stereotipato, ma quello cui assistiamo nell’antefatto e soprattutto quello che il film ci riserva dopo sono di tutt’altra pasta, e veramente fanno percepire una piccola ‘meraviglia’: è terrore autentico fatto di paura che si avverte lungo la schiena e non di effettacci a orologeria o situazioni splatter distribuite in quantità industriale. Anche due mani che battono il tempo sono sufficienti a suscitare paura e tensione; dipende dal contesto in cui lo fanno. Nella nuova casa in cui si trasferisce la numerosa famiglia Perron si verificano ben presto strane apparizioni e si avvertono rumori inquietanti e sinistri fino al precipitare della situazione per alcune presenze di natura paranormale che convincono gli inquilini a rivolgersi a Lorraine e Ed Warren, due stimati professionisti e ‘cacciatori’ di presenze demoniache… Non è casuale che l’ambientazione del film – che pur dichiaratamente si rifà a fatti realmente accaduti, e quindi temporalmente attinente con quanto voluto dai realizzatori – sia rinviata indietro agli anni Settanta, quasi a voler compiere una scelta significativa nel saltare a piè pari quegli anni Ottanta che di fatto hanno sancito il sostanziale cambiamento del cinema horror moderno che, salvo pochi mutamenti tematici, è ancora fortemente in auge ai giorni nostri. In questo ambito mi piace fare una considerazione estemporanea del tutto personale; nell’immagine della famigliola che si avvia verso una nuova (ignota?) vita, arrivando nella casa non si sa bene da dove, è insito un vecchio adagio della società americana: si l’America – ancor più in tempi di crisi economica come quelli che stiamo vivendo – continua a fondarsi sulla promessa di una ‘mobilità’ sostenibile, su quella capacità repentina che hanno gli americani di prendere ‘armi e bagagli’, azzerare tutto e mettersi in cammino per una nuova esistenza, un nuovo destino, lontani mille miglia dall’ultimo domicilio. Un’immagine che stride fortemente con la realtà narrata di quelle presenze malefiche imprigionate nell’angusto spazio di una casa abbandonata. È il complemento – direi -, o l’antitesi, de “La Casa” di Sam Raimi, uno dei film cult degli anni ’80, in cui già dal titolo si certifica la natura di una stabilità perigliosa che si consuma tra le mura domestiche. La concezione di paura varata dal regista parte da situazioni quanto mai classiche del genere, “The Conjuring” rimette in carreggiata i meccanismi di paura di un’altra epoca, in cui non erano predominanti gli effetti speciali e dove la licenziosità di mostrare il ‘non mostrabile’ non era ancora debordata. Nulla di particolarmente innovativo eppure, paradossalmente, tanta freschezza narrativa per un’opera indubbiamente interessante. “The Conjuring” è un film girato davvero bene, nel rispetto dei crismi del genere, la sceneggiatura, a dire il vero, qualche lacuna qua e là la mostra, in qualche passaggio di raccordo che non sempre appare chiarissimo, ma la si può perdonare senza problema alcuno perché è tutto il resto che ci appassiona a dovere. Quello che riesce a spaventare non sono i colpi a sorpresa ma la percezione sensoriale (cinematografica) di una possibile ‘presenza’; e noi spettatori ci ritroviamo lì a perlustrare gli angoli delle inquadrature alla ricerca di quello che ci aspettiamo emerga da un momento all’altro. Il 36-enne regista malese James Wan da tempo si è stabilito ad Hollywood dove si è assicurato una certa credibilità da quando ha diretto il primo film della saga di “Saw”; “Saw – L’enigmista” nel 2004, per l’esattezza, film che assieme a “Hostel” del 2005, avvio di un’altra trilogia di successo, ha sdoganato il sottogenere ‘torture porn’ dell’horror all’insegna del sadismo e della violenza più pronunciata. E nel frattempo Wan viene ulteriormente premiato dall’industria hollywoodiana per il suo talento, e gli è già stato affidato il prossimo capitolo di “Fast & Furious”, il settimo. In questo film – come detto precedentemente – adotta un registro espressivo in cui la paura e la sorpresa si mettono in moto in maniera per nulla artificiosa da atmosfere classiche, laddove la tensione sconfina nello spavento senza soluzione di continuità, ed il regista dimostra di conoscere bene i meccanismi che scatenano la paura, tale è la sua padronanza nel confezionare situazioni ad alto tasso thriller, e in più ci aggiunge qualcosa di suo: effetti in CGI ridotti a poche situazioni topiche, l’uso di una fotografia dai colori desaturati che proietta lo spettatore direttamente nei Settanta (quella “Time Of The Season” degli Zombies, e scritta da Roy Argent, in una delle scene iniziali fa il suo figurone), alcune ottime trovate descrittive ed un utilizzo sapiente della macchina da presa, con movimenti di camera davvero interessanti. Questo nonostante il film abbia molto in comune col precedente, “Insidious”. Davvero poco viene concesso alla raffigurazione delle diaboliche figure – e aggiungiamo: in realtà non è questa la parte più interessante del film – che appartengono maggiormente all’immaginario dei japan-horror che ad altro, con figure dal viso deformato (la Regan posseduta de “L’Esorcista”) e dai lunghi capelli che nascondono il viso (qualcosa che ci rimanda alla creatura di “The Ring”). Ma non sono loro a spaventare, lo ripetiamo, bensì le situazioni, non c’è la ricerca del colpo ad effetto – non ci sono scene raccapriccianti né spargimenti di sangue – ma la costruzione di quella tensione sana che dovrebbe (quasi) sempre condire l’intrattenimento cinematografico di genere. Nei panni dei due cacciatori di spettri troviamo Vera Farmiga e Patrick Wilson, che disegnano bene i caratteri dei loro personaggi realmente esistiti ed attivi dagli anni Cinquanta in poi, Ed e Lorraine Warren, una coppia borghese, studiosi di chiara fama e provata esperienza riconosciuti dalla chiesa, lui un esperto di presenze malefiche, lei una medium che ne avverte la presenza ed ha il ‘dono’ di vederli. Furono autori di libri e tennero numerose conferenze presso le università per raccontare la scientificità di certe loro esperienze con il paranormale (interessante la spiegazione didattica che danno dei tre stadi successivi di infestazione, oppressione e possessione), per nulla approssimativi nelle loro indagini; metodici e dotati di tecniche di registrazione e ripresa degli spiriti vintage che oggi farebbero certamente sorridere. La scena con gli uccelli è un evidente omaggio al capolavoro di Hitchcock e quella in cui la palla che cade lungo le scale nella cantina rimanda a quella analoga di “Changeling” (19799 di Peter Medak. Questo ‘giocare’ al vintage anni Settanta ci piace, guardate anche i costumi borghesi (così kitsch) che indossa la medium, e l’operazione sotto altri aspetti ci ricorda la felice riuscita di un thriller come “Zodiac” (2007) di David Fincher. Al momento in cui scrivo “The Conjuring” ha incassato al box office americano la cifra di poco più di 130 milioni di $ (e 65 nel resto del mondo), dopo cinque settimane di programmazione, a fronte di un budget produttivo di soli 20 milioni; e queste sono cifre significative che rendono merito alla bontà dell’operazione (il saldo tra costi e ricavi percentualmente assai alto) ancor più di quelle di blockbuster conclamati che riescono talvolta a malapena a rientrare dei soldi spesi o che devono attendere la pubblicazione per l’Home Video per far quadrare i bilanci tra entrate e uscite. Un risultato che dona ancora maggiore credito al suo regista James Wan.
(Luigi Lozzi) © RIPRODUZIONE RISERVATA
(immagini per cortese concessione di New Line/Warner Bros. Pictures Italia)
L’evocazione – The Conjuring
(The Conjuring, Usa, 2013)
Regia: James Wan
Genere: Horror
Durata: 112’
Cast: Vera Farmiga, Joey King, Lili Taylor, Ron Livingston, Patrick Wilson, Mackenzie Foy, Steve Coulter, Hayley McFarland, John Brotherton, Shanley Caswell, Kyla Deaver, Shannon Kook, Sterling Jerins, Ashley White, Christy Johnson, Amy Tipton.
Sceneggiatura: Chad e Carey Hayes
Scenografia: Julie Berghoff
Produttori: Tony DeRosa Grunt, Peter Safran, Rob Cowan
Produttori esecutivi: Walter Hamada, Dave Neustadter
Fotografia: John R. Leonetti
Montaggio: Kirk Morri
Musiche: Joseph Bishara
Costumi: Kristin M. Burke
Casa di produzione: New Line Cinema
Distribuzione Italia: Warner Bros. Entertainment Italia
Uscita USA: 19 Luglio 2013
Data di uscita: 21 Agosto 2013
Una delle storie di possessione maligna derivate dalle indagini sul paranormale dei coniugi Ed e Lorraine Warren è “Annabelle”, incentrata su una enorme bambola di stoffa (posseduta da un’entità sovrannaturale) in grado di muoversi, spostarsi, persino di scrivere da sola; la cui vicenda viene approfondita nel prequel “Annabelle 2 – Creation”. I due capitoli dedicati alla bambola, pur facendo leva su numerosi stereotipi del genere, riescono a intrattenere e divertire, con una tensione tenuta sempre alta grazie al perfetto dosaggio dei tempi della suspense.
Tra reboot, spin-off, restart, sequel, prequel, remake (è questo oramai l’aspetto più banale del rimaneggiamento cinematografico dei materiali preesistenti) e via discorrendo anche la bambola maledetta e sinistra di “L’evocazione – The Conjuring” si è guadagnata un film interamente dedicato alla narrazione dei fatti che hanno preceduto la conoscenza che ne abbiamo fatto attraverso il film di James Wan del 2013.
Con “Annabelle” siamo dinanzi ad un prequel spin-off de “L’evocazione” per la regia di John R. Leonetti, che dei film di Wan è stato direttore della fotografia. Nella California del 1970 John Gordon regala alla moglie incinta, Mia, una costosissima bambola d’epoca, in abito da sposa, desiderata da tempo; accade che nel corso di una notte gli adepti di una setta satanica, guidata dalla giovane Annabelle, compiono una strage nella villa dei vicini ed attaccano pure la casa della coppia, lasciando dietro la striscia di sangue e di terrore una presenza diabolica che dovrà essere esorcizzata… Le bambole – lo sappiamo bene – hanno un imprinting legato all’infanzia che (spesso) inquieta ed un potenziale horror considerevole, e questa, così come l’abbiamo conosciuta nel film di Wan, ha un sorriso finto dietro al quale si nasconde, terribile, la sua natura malefica. Il tema è quello della possessione demoniaca della bambola su un soggetto che tra gli altri richiama la maternità e i suoi fantasmi. Nel sotto genere horror
relativo alle bambole possedute va ricordata ovviamente la serie (dei sei film dedicati alla “Bambola Assassina” e a “Chucky”) creata da Tom Holland nel 1988. James Wan, regista pure di “Insidious 1 & 2” oltre che de “L’evocazione“, ha adottato per i suoi film un registro narrativo che guardasse al genere horror partendo dalle più classiche delle istituzioni tradizionali, ovvero la famiglia e la casa, intese come luogo dell’approdo sicuro che viene minato e messo in crisi da presenze esterne minacciose che vi si insinuano e destabilizzano. Al pari di Wan (che di suo però ha messo in mostra una maggiore padronanza della macchina da presa e qui rimane come produttore esecutivo), John R. Leonetti cala la storia narrata in una dimensione vintage di stampo antico, sebbene poi l’impatto del film sullo spettatore sia perfettamente in linea con i dettami più contemporanei del genere. Con tante citazioni e riferimenti riconoscibili (in primis “Rosemary’s Baby”, ma poi anche “L’esorcista“, “Shining”, oltre agli immaginabili riferimenti alla tragica storia vera di Sharon Tate, moglie di Roman Polanski, massacrata dalla setta di Charles Manson nella villa di Beverly Hills della coppia). La bambola Annabelle è protagonista immobile della vicenda, testimone impassibile di quanto avvenga sulla scena e niente di più. Nonostante il buon impianto costruito in avvio di film, e nella prevedibilità (quasi) generale delle sequenze che dovrebbero creare disturbo e tensione, ce ne sono almeno un paio ad effetto assai ben riuscite, quella dell’aggressione e quella del tentativo di fuga in ascensore della protagonista. La critica (più esigente) è stata severa nei confronti del film, ma forse alla fine – ma solo se si è comunque appassionati frequentatori dei territori del genere Horror perché brividi e spaventi ci sono eccome, tali da non lasciare lo spettatore completamente deluso – si può anche perdonare ai realizzatori che la sceneggiatura sia un po’ tirata via alla buona e che il finale non sia all’altezza delle attese, e questo costa almeno un punto in meno nel giudizio comunque positivo che possiamo dare al film. La costruzione della paura, come detto, è di vecchio stampo ed è pur sempre attenta ai meccanismi cinematografici che suscitano spavento.
Pur in un impianto dal look vintage il trasferimento in High-Definition (con master digitale finalizzato a 2K) mantiene inalterate tutte le prerogative qualitative che una major come la Warner Bros. è in grado di assicurare ai fruitori dell’Home Entertainment. Il livello di definizione e di contrasto, e la ricchezza dei dettagli, è ottimale, sia se si tratta di primi piani che di panoramiche che di elementi in background sulla scena. Notevole la percezione della profondità di campo; qualche piccolo problema digitale si manifesta solo in alcune scene scure ma senza inficiare la godibilità della visione domestica. L’aspetto visivo del film (interamente girato in digitale) è quanto mai funzionale ed efficace e ricorda (‘of course!’) da vicino “L’evocazione – The Conjuring” nonostante si sia scelto di privilegiare una palette cromatica un po’ più calda ma senza esagerare. Per il comparto audio si lascia preferire senz’altro la traccia originale in DTS HD Master Audio 5.1; quella in italiano è in solo Dolby Digital 5.1 che comunque non sfigura eccessivamente al confronto. Gli effetti sonori sono ricchi di elementi dinamici, la separazione dei canali efficace e l’intero fronte dei diffusori garantisce il più adeguato dei supporti audio; i dialoghi sono nitidi sul centrale. Gli extra comprendono quattro featurette (“The Curse of Annabelle”, “Bloody Tears of Possession”, “Dolls of the Demon”, “A Demonic Process”) di approfondimento sui diversi aspetti realizzativi del film più alcune scene eliminate dal ‘cut’ finale.
(Luigi Lozzi) © RIPRODUZIONE RISERVATA
(immagini per cortese concessione della Warner Bros. Entertainment Italia)
NOTE TECNICHE
Il Film
ANNABELLE
(Annabelle)
Usa, 2014, 90’
Regia: John R. Leonetti
Cast: Annabelle Wallis, Ward Horton, Alfre Woodard, Tony Amendola, Kerry O’Malley; Brian Howe, Eric Ladin, Michelle Romano, Gabriel Bateman, Shiloh Nelson, Tree O’Toole, Camden Singer, Richard Allan Jones, Keira Daniels, Trampas Thompson, Christopher Shaw.
Informazioni tecniche del Blu-Ray
Aspect Ratio: 2.40:1 1920x1080p/ AVC
Audio: Inglese DTS-HD Master Audio 5.1
Italiano, Francese, Spagnolo, Inglese Dolby Digital 5.1
Distributore: Warner Bros. Entertainment Italia
The Conjuring – La Saga (in ordine cronologico di uscita)
The Conjuring – L’evocazione (The Conjuring), 2013, James Wan
Annabelle (Annabelle), 2014, John R. Leonetti
The Conjuring – Il caso Enfield (The Conjuring 2), 2016, James Wan
Annabelle 2: Creation (Annabelle: Creation), 2017, David F. Sandberg
The Nun – La Vocazione del Male (The Nun), 2018, Corin Hardy
Annabelle 3 (titolo non definitivo), 2019, regista sconosciuto
The Conjuring 3 (titolo non definitivo), 2020, regista sconosciuto
HORROR DI SERIE A Il ‘piacere’ degli spettatori di farsi terrorizzare al buio d’una sala cinematografica è direttamente proporzionale al successo che arride al genere horror – tra alti e bassi quasi fisiologici – praticamente da quando, all’inizio degli anni Trenta, nel pieno della crisi economica dovuta alla Grande Depressione, la Universal lanciava nell’universo immaginifico della celluloide i vari Frankenstein, Dracula, l’Uomo Lupo, la Mummia.
Non sorprende quindi che in tempi di crisi (generalizzata) come quelli odierni, per i quali gli orizzonti si sono fortemente incupiti e si accentua la voglia e il bisogno di ‘sana’ paura, oltre al proliferare di film del genere, prevalentemente B-Movie, prevalentemente splatter, il successo mainstream ottenuto nel 2013 da “L’evocazione – The Conjuring” (d’impegno finanziario d’una certa consistenza) convincesse i produttori a confezionare un sequel che, probabilmente, non sarà neppure l’ultimo, perché già si ventila l’idea di un terzo capitolo. Il primo “The Conjuring” ha incassato 318 milioni di $ in tutto il mondo (con un budget produttivo di soli 20 milioni) ed ha consacrato il talento di James Wan ===Consulta la Filmografia===; questo nuovo episodio è partito bene al Box Office e in appena una settimana di programmazione ha già raggiunto una cifra superiore ai cento milioni worldwide (con budget lievitato a 40 milioni). Artefice assoluto del consenso popolare ottenuto è certamente il regista di origine malese (ma naturalizzato australiano) che nel suo curriculum vanta pure gli apprezzatissimi “Insidious” (2010) ed il seguito “Oltre i confini del male: Insidious” (2013) che si legano simbioticamente a questi come se si trattasse di un vero e proprio franchise a nome ‘James Wan’. Insomma – e non c’è bisogno di ribadirlo – Wan, forte anche di un buon consenso di critica, è il ‘Master of Horror’ del nostro tempo, il demiurgo d’ogni paura sullo schermo, perfettamente assecondato dal produttore Jason Blum. Il film appartiene al filone più in voga da qualche tempo a questa parte e che maggiormente calamita i gusti delle platee, quello relativo a entità demoniache e a fenomeni paranormali, che raggiungono il profondo del nostro inconscio costringendoci a confrontarci con qualcosa cui non sappiamo dare una spiegazione. Entrambi i “The Conjuring” ruotano intorno alla coppia protagonista formata da due studiosi specializzati in demonologia, paranormale ed esorcismi, i coniugi Ed e Lorraine Warren, figure realmente esistite che le cronache degli anni Sessanta e Settanta ci hanno riportato alle prese con casi problematici al confine tra scienza e paranormale. A sei anni dalle vicende della famiglia Perron di Harrisville, Rhode Island, questo nuovo film si apre con l’epilogo di uno dei casi più tetri affrontati dai Warren, quello di Amityville (oggetto e materia per numerosi altri film del passato) che ha dato loro enorme visibilità mediatica, in una quindicina di minuti di apprezzabilissima efficacia cinematografica. Laddove un padre in preda ad una possessione demoniaca ha massacrato l’intera sua famiglia, i De Feo, nella propria magione; nel corso della seduta spiritica rivelatrice Lorraine avverte una presenza maligna molto forte che le induce visioni raccapriccianti e oscure che la sconvolgono oltre ogni misura. La donna preveggente rimane scossa da quanto accaduto e cerca di convincere pure il marito a smettere di indagare su simili eventi. Successivamente la scena si sposta dagli Usa alla Londra dei Settanta, al 1977 per la precisione, sulle note di “London Calling” dei Clash (che però è del 1979) per introdurci ad uno dei casi di poltergeist più spaventosi e raccapriccianti, e meglio documentati. Una presenza demoniaca che infesta una trasandata abitazione popolare in Green Street, nel quartiere periferico di Enfield, in cui vivono una madre separata, Peggy Hodgson, che fa fatica a mettere insieme i soldi per le spese indispensabili, e i suoi quattro figli adolescenti tra cui la dodicenne Janet che, dopo aver giocato con la sorella maggiore Maggie con una tavola Oujia alla ricerca di un contatto extrasensoriale, sembra proprio aver ridestato lo spirito d’un antico padrone di casa che prende possesso del corpo e della voce della bambina per ribadire la legittimità della sua presenza in quella casa. Non tutti credono che la casa sia realmente infestata, si pensa piuttosto ad una messa in scena da parte della ragazza, con la complicità della madre, per farsi assegnare dalle autorità un’abitazione più confortevole. Mr. e Mrs. Warren vengono contattati in qualità di consulenti per stabilire se ci sono i margini di veridicità – il pragmatismo è d’obbligo nello scetticismo generale – per informare le alte sfere della Chiesa, viene portato loro un nastro sul quale è incisa una voce affaticata e cavernosa e i due subito pensano ad un anziano, salvo poi venire a sapere che si tratta proprio della bambina inglese. Superate le remore e decisi a fare solo un sopralluogo Ed e Lorraine si recano a Londra… Nonostante la veridicità più o meno conclamata dei fatti, di cui vi risparmieremo di conoscere ulteriori particolari, qualcosa di più oscuro si cela nei meandri di casa e tutto l’impianto narrativo ha spessore tale da suscitare l’indiscusso interesse dello spettatore appassionato all’horror di ultima generazione. Muovendosi tra momenti irrazionali e paure indotte, abile nel dosare gli elementi di base della tensione spaventevole e nella costruzione del finale, e senza il ricorso né a scene splatter né a eccessi barocchi, la sapiente ed elegante regia di Wan (è anche co-sceneggiatore) punta sull’amplificazione emotiva dei fenomeni di cui ci mette al corrente, sulla loro capacità di suscitare angoscia e disagio fisico nello spettatore, di scatenare brividi lungo la schiena e portare alla superficie le nostre paure più recondite e ancestrali. La mano felice e la tecnica personalissima del regista, prestato nel 2015 alla saga di “Fast & Furious” per il settimo capitolo, si coglie anche nel taglio dato alle inquadrature, nell’abilità di portarci al centro della scena e di servirci giochi d’equilibrismo negli spazi angusti della casa dove si svolgono i fatti, tra i personaggi che vivono l’incubo e gli spiriti del male che lo producono con colpi di scena visivi; la goduria per ogni appassionato di horror ma anche di effetti speciali è garantita. Spin-off era stato per il primo film “Annabelle” (2014), diretto da John R. Leonetti, sull’inquietante bambola al centro del racconto, e spin-off ci sarà anche per la Suora demoniaca (ha già un titolo, “The Nun”) di cui facciamo la conoscenza in questo film e che occupa una posizione di rilievo, ed è protagonista di una delle scene più belle, originali e cariche di tensione del film quando si concretizza nell’abitazione di Lorraine. Con grande personalità ma anche con rispettoso ossequio del cinema del passato Wan ci regala riferimenti ad alcuni classici horror sulle possessioni demoniache degli anni Settanta e Ottanta, sul maligno che si insinua nel corpo di una bambina; “L’Esorcista” (1973) di William Friedkin in primis, ma anche “Changeling” (1980) di Peter Medak e “Poltergeist” (1982) di Tobe Hooper. Tre anni fa “The Conjuring” aveva portato alla ribalta due attori fino a quel momento non conosciuti abbastanza, Vera Farmiga ===Consulta la Filmografia=== e Patrick Wilson ===Consulta la Filmografia=== che sarebbero poi stati protagonisti, ognuno per proprio conto, di un paio di serie di culto come (rispettivamente) “Bates Motel” e “Fargo”. Uno dei cardini su cui fa leva questo racconto è – strano a dirsi – l’amore profondo che lega i due protagonisti, i signori Warren, e proprio questo sentimento, unito alla fede che li sostiene, sarà di fondamentale supporto alla soluzione di questo nuovo caso; e quando Ed imbraccia la chitarra e rende omaggio a “Can’t Help Falling in Love” di Elvis Presley l’operazione Nostalgia del regista si arricchisce di un nuovo tassello. Perché, come era accaduto per il primo “The Conjuring” (ricordate gli Zombies di “Time Of The Season”?), le scelte musicali servono, assieme ad altri elementi (scenografie, costumi, fotografia perfettamente in tono, programmi che passano in televisione), a calarci nell’atmosfera dell’epoca in cui è ambientata la vicenda narrata. E non fa niente se la “London Calling” dei Clash, che ci accompagna alla trasferta in terra d’Albione, sia in realtà del 1979 e non del 1977, l’anno dei fatti, o “I Started The Joke” dei Bee Gees sia assai antecedente (1968) e “Bus Stop” degli Hollies addirittura del 1966, perché si tratta comunque di brani in sintonia con le immagini. Altre canzoni che si ascoltano nel film sono “Don’t Give Up On Us“, un successo del cantante David Soul, anche noto come attore per la serie poliziesca “Starsky & Hutch” accanto a Paul Michael Glaser (un manifesto di Soul ed uno della coppia di poliziotti sono appesi sulle pareti della camera di Janet), “This Old Man” di Ben Parry, “Bored Teenagers” degli Adverts, “Jolly Christmas Medley” di Robert J. Walsh, “Don’t Worry Tracy” di Christopher Blue, “The First Noel” di Peter Breiner & Slovak State Philharmonic Orchestra. La colonna sonora è ancora una volta di Joseph Bishara. Anche il Caso Enfield è stato tra i più documentati del paranormale, esistono fotografie, video e diverse testimonianze che diventano il materiale per la chiusura sui titoli di coda. “The Conjuring – Il caso Enfield” è sequel degno del suo predecessore, se non addirittura superiore, e si presta a ricevere consensi anche da coloro che sono poco ‘acclimatati’ con il genere Horror.
(Luigi Lozzi) © RIPRODUZIONE RISERVATA
(immagini per cortese concessione di New Line/Warner Bros. Pictures Italia)
The Conjuring – Il Caso Enfield
(The Conjuring 2: The Enfield Poltergeist, Usa, 2016)
Regia: James Wan
Genere: Horror
Durata: 133’
Cast: Patrick Wilson, Vera Farmiga, Madison Wolfe, Frances O’Connor, Lauren Esposito, Benjamin Haigh, Patrick McAuley, Simon McBurney, Franka Potente, Bob Adrian, Robin Atkin Downes, Simon Delaney, Shannon Kook, Maria Doyle Kennedy, Bonnie Aarons, Javier Botet, Steve Coulter, Abhi Sinha, Chris Royds, Sterling Jerins, Daniel Wolfe, Annie Young, Elliot Joseph, Debora Weston, Cory English, Joseph Bishara, Emily Tasker, Kate Cook, Carol Been, Holly Hayes, Lance C. Fuller, Jennifer Collins, Thomas Harrison.
Sceneggiatura: Chad e Carey Hayes e James Wan
Scenografia: Julie Berghoff
Produttori: Peter Safran, Rob Cowan, James Wan
Produttori esecutivi: Toby Emmerich, Richard Brener, Walter Hamada, Dave Neustadter
Fotografia: Don Burgess
Montaggio: Kirk Morri
Musiche: Joseph Bishara
Costumi: Kristin M. Burke
Casa di produzione: New Line Cinema
Distribuzione Italia: Warner Bros. Entertainment Italia
Uscita USA: 10 Giugno 2016
Data di uscita: 23 Giugno 2016