PERFECT DAYS di Wim Wenders in 4K Ultra-HD
Con “Perfect Days” Wim Wenders, a 78 anni e con straordinaria lucidità, rispetto ed educazione, mostra di essersi calato alla perfezione in una cultura, quella nipponica, che rappresenta oggi, ai nostri occhi da occidentali, una chiave di volta per chi sia alla ricerca – non sembri eccessiva la mia affermazione – del senso della vita. Il film indaga sul valore della semplicità, attraverso la vita di Hirayama, un addetto alle pulizie dei bagni pubblici di Tokyo. Ed è proprio la semplicità ad essere protagonista silenziosa di questo straordinario film. Edizione pregevole a due dischi in 4K Ultra-HD + Blu-Ray, realizzata da Lucky Red, che ha distribuito il film in sala, e Plaion Pictures che ne ha curato l’edizione per l’Home Video.
Trama: Hirayama conduce una vita semplice, scandita da una routine perfetta. Si dedica con cura e passione a tutte le attività della sua giornata, dal lavoro come addetto alle pulizie dei bagni pubblici di Tokyo all’amore per la musica, ai libri, alle piante, alla fotografia e a tutte le piccole cose a cui si può dedicare un sorriso. Nel ripetersi del quotidiano, una serie di incontri inaspettati rivela gradualmente qualcosa in più del suo passato. C’è innanzitutto una ragione personale, sentimentale (musicale), che mi ha portato ad ‘amare’ così tanto “Perfect Days” di Wim Wenders ===Consulta la Filmografia=== : tra le svariate canzoni che il protagonista ascolta sul suo furgoncino, rigorosamente da cassette audio analogiche di una volta, ce ne sono dei miei tre artisti più amati in assoluto, ovvero di Nina Simone (quella finale “Feeling Good”), di Van Morrison (“Brown Eyed Girl”) e di Otis Redding (“(Sittin’ On) The Dock of the Bay”); quest’ultimo, sfortunato artista soul morto a soli 26 anni in un incidente aereo nel dicembre 1967, la grande passione musicale dei miei 14 anni. E senza trascurare gli altri magnifici pezzi che tra gli altri si ascoltano nel corso del film, da “The House of the Rising Sun” degli Animals (1964) a “Redondo Beach” di Patti Smith (1975), da “Perfect Day” di Lou Reed (1972) a “Sunny Afternoon” dei Kinks (1966). Poi c’è questo film meraviglioso in cui il tedesco Wim Wenders dimostra di calarsi con rispetto, e in punta di piedi, in una cultura che appare così distante da noi ma che però (tranquilli, mi sono documentato; non è un obbrobrio grammaticale il ‘ma però’) non impedisce a persone sensibili (e culturalmente ‘educate’) di apprezzarlo. Volendo prendere quale esempio di confronto opposto il film di enorme successo ‘popolare’ “C’è ancora domani”- quello di Wenders, diciamo, lavora per sottrazione laddove quello della Cortellesi lavora per addizione. Mi spiego meglio: riprendendo un mio vecchio leitmotiv (“Un libro suscita emozioni attraverso le parole mentre un film suscita emozioni attraverso le immagini”) trovo che “Perfect Days” faccia comprendere il senso del film, e descriva a meraviglia il personaggio di Hirayama, senza il bisogno di dover utilizzare troppe parole, suscitando semplicemente emozioni che vengono dal profondo di ognuno di noi, quello di Paola Cortellesi è didascalico, mostra sempre il bisogno di ‘spiegare’ tutto quello che vediamo sullo schermo. Ovviamente queste sono mie considerazioni personali e non necessariamente devono essere condivise da tutti, non sono il depositario del verbo e non voglio imporre a tutti i costi la mia visione di Cinema. Il fatto è che alla mia età, quando si invecchia si diventa più emotivi e sensibili. “Perfect Days” indaga sul valore della semplicità, attraverso la vita di Hirayama, un addetto alle pulizie dei bagni pubblici di Tokyo. Solo apparentemente può essere visto come un film lento e ripetitivo. Le giornate del protagonista cominciano senza il suono della sveglia che a Hirayama non serve, poiché ha un orologio biologico perfettamente funzionante e seguendo un ordine preciso: mette a posto il materasso da pavimento, ovvero il futon, accudisce le sue piante innaffiandole con uno spruzzino, lava faccia e denti e dà una sistemata a barba e baffi, indossa la sua tuta d’ordinanza (su cui campeggia la scritta ‘The Tokyo Toilet) prende i suoi oggetti allineati nei pressi dell’uscio di casa ed esce per affrontare una nuova giornata di lavoro dopo aver preso un caffè in lattina in un distributore automatico dinanzi casa. Arriva sul posto di lavoro e dopo aver parcheggiato il furgone iniziare a pulire la prima toilette del suo turno mattutino. Quello che vorrei sottolineare è come l’apparente (per noi occidentali) ripetitività dei gesti e dei comportamenti quotidiani di Hirayama non sia poi tale nella cultura giapponese in cui ogni giorno è davvero un giorno nuovo e diverso. La vita del protagonista sembra monotona e noiosa, invece è il contrario. Tra le pieghe del film possiamo leggere la strada della felicità zen. Ci sono altri gesti abitudinari che il protagonista compie nel corso della sua giornata, una volta terminato il giro delle pulizie: torna a casa, va a lavarsi in un bagno pubblico, va a mangiare qualcosa nel solito locale e prima di andare a dormire legge un libro e la mattina dopo tutto questo viene replicato. Non ‘ripetitività’, bensì straordinario senso del lavoro in una Tokyo sovrastata dalla modernità, in cui Hirayama si ritaglia il suo ‘piccolo mondo antico’, uno spazio solido e tutto suo, privo di tecnologia, fatto di musicassette, libri tascabili e fotografie in pellicola scattate con una vecchia camera compatta analogica. L’assenza di tecnologia rallenta i ritmi di vita del protagonista che riempie i propri vuoti con la lettura e tutto appare come una critica nemmeno così velata alla modernità, specie quando mostra gli effetti sulle altre persone, che appaiono sì al passo con i tempi ma tremendamente superficiali. Hirayama incontra altre persone come Takashi, l’aiutante più giovane e come sua nipote Niko, due giovani che nonostante siano assai distanti dal modo di vivere di Hirayama, ne rimangono in qualche modo affascinati. L’incontro con sua sorella, scettica e distante, ci fa comprendere (non ce lo dice esplicitamente: ricordate il lavoro di ‘sottrazione’ di cui parlavo inizialmente?) che Hirayama proviene da una famiglia benestante ma che la sua – come ci viene confermato, nel turbinio dei sentimenti e delle emozioni che si colgono sul suo volto che lo portano a ridere e piangere senza soluzione di continuità, in quei tre minuti finali sottolineati dalla canzone di Nina Simone – è stata una scelta di vita. Finale che ci pone di fronte all’interrogativo se Hirayama sia felice o meno (lasciamo spazio all’interpretazione e alle riflessioni di chi mi legge), ma sicuramente è in pace con se stesso ed ha uno sguardo di dolcezza sul mondo. E per noi spettatori la visione di “Perfect Days” è come mettersi alla ricerca del senso della vita. Interrogato sul senso del film un maestro zen ha così commentato: «Stare nell’essenzialità è uno stare nella condizione del presente occupandosi pienamente delle cose che facciamo, che è chiaramente una condizione abbastanza difficile da realizzare se siamo pieni di appuntamenti, di cose da fare, se abbiamo le case piene di oggetti. Nello zen si dice che “il tempo è un profumo”, ovvero che lo percepisci come parte di te, che profuma la tua vita. Ecco, nella velocità, nel correre continuo, è difficile cogliere il profumo della vita. Lo zen sviluppa il concetto del tempo in tre punti, “Perdere tempo”, “Prendere tempo”, “Vincere il tempo”. Quando ci occupiamo delle cose semplici e quotidiane della nostra vita, che molti pensano sia un “perdere tempo” in realtà “prendiamo tempo” e quindi “vinciamo sullo scorrere sul tempo”. Siamo noi insomma a decidere il nostro tempo. Accelerare i tempi di vita non significa aumentare le possibilità che si vivono, perché la vita non è fatta dal numero di esperienze ma dalla profondità con cui vivo. L’occuparsi della propria quotidianità, decidere di vivere con lentezza e profondità, fa sì che le cose inizino a svelare la loro bellezza, il profumo della loro essenza, appunto. È anche un modo di essere molto generoso con sé stessi, significa scegliere di condividere il tempo con sé, approfondire le proprie emozioni, i propri sentimenti e di conseguenza anche il rapporto con gli altri e la vita. La maggioranza delle persone pensa che la continua esperienze ci dia saggezza o ci liberi dalla non conoscenza, ma di fatto è solo una vita superficiale, le cose iniziano a svelare la loro essenza solo nella profondità». Alla domanda sul perché Hirayama ami guardare la luce filtrare dagli alberi (il cosiddetto komorebi) il maestro zen ha aggiunto: «Il guardare la luce attraverso gli alberi punta l’attenzione sul fatto che noi tendiamo a guardare gli alberi ma non la luce che passa attraverso. È come quando guardiamo la nostra mano e vediamo le 5 dita, ma non lo spazio che c’è tra le dita. Vedere la luce tra gli alberi significa esercitarsi a cogliere la completezza del tutto». Il protagonista fa un lavoro semplice – pulisce i bagni pubblici di Shibuya – ma lo fa con grande attenzione e dedizione perché: «Nello zen c’è un detto, un giorno senza lavoro è un giorno senza mangiare. Il lavoro è fondamentale, e qualsiasi lavoro va bene, non c’è discriminazione tra un lavoro e l’altro perché quando lo si pratica pienamente si entra nel tempo, si vive la totalità del momento. Lavorare in questo modo è una grande pratica per la nostra mente e per i nostri stati di coscienza». Come raccontato dal regista, il film è nato in maniera totalmente inaspettata da una lettera ricevuta all’inizio dell’anno scorso in cui gli è stata proposta l’idea di girare una serie di cortometraggi a Tokyo – poi diventati un intero film di 125 minuti – incentrati sui bagni pubblici, luoghi che giocano un ruolo completamente diverso rispetto alla versione occidentale di semplici servizi igienico-sanitari. In Giappone sono considerati dei piccoli santuari di pace e dignità e l’obiettivo del progetto di Wenders è stato quello di far comprendere l’essenza della cultura giapponese dell’accoglienza. Hirayama è magistralmente interpretato da Koji Yakusho, star del cinema giapponese vincitore, grazie a questo film, del premio come Miglior Attore al Festival di Cannes. «Less is more», il meno è di più, è il concetto zen di vivere l’essenzialità. È questo concetto a cui Wenders dice di essersi ispirato per il suo film. Il regista tedesco non è nuovo all’approccio con la cultura giapponese; già nel 1985 aveva diretto “Tokyo-Ga” come omaggio al cinema di Yasujirô Ozu, regista che a suo dire lo aveva profondamente influenzato.
TECNICA
“Perfect Days” di Wim Wenders, riflessione poetica e perfino commovente sulla ricerca della bellezza nel mondo che ci circonda, è disponibile da oggi in Home Video (grazie a Lucky Red e Plaion Pictures) sia nell’edizione standard DVD sia in quella ‘Limited Edition’ 4K Ultra HD+Blu-Ray con master 4K HDR Dolby Vision, contenente al suo interno un interessante booklet da collezione che riporta un QR Code per accedere alla playlist ‘LUCKY RED/PERFECT DAYS’ nella quale sono raccolte le canzoni principali che si ascoltano nel film. Girato digitale (Sony Venice 2), master nativo 4K per la creazione di questa splendida versione UHD, formato immagine originale volutamente in 1.33:1 (3840 x 2160/24p), codifica HEVC su BD-100 triplo strato, il film, pur non avendo picchi estetici di rilievo, risulta essere veramente (ma veramente) impeccabile alla visione privata domestica, soprattutto se la sua fruizione avviene tramite schermo nativo 10 bit. Si deve precisare che, contrariamente all’SDR riportato nei dati tecnici sulla confezione, questo UHD/4K è offerto in HDR-10/Dolby Vision. Siamo dinanzi ad uno spettacolo sontuoso offertoci in primis dal lavoro del Direttore della Fotografia Franz Lustig. La diversa compressione dinamica della luce, i toni freddi (con i sogni in bianco e nero del protagonista), in contrasto con quelli caldi, ancor più diventano parte integrante della narrazione filmica imposta da Wenders. Di rilievo assoluto è anche il comparto audio con tracce DTS-HD Master Audio 5.1 canali (24 bit) italiano e giapponese non troppo dissimili come qualità complessiva; anche se guardarsi il film in italiano aiuta meglio lo spettatore casalingo a concentrarsi esclusivamente sulle immagini, rimane comunque consigliabile seguire la narrazione in lingua originale, per tutta una serie di vibranti sfumature che si possono cogliere, tra cui i suoni della città capaci di avvolgere lo spettatore. Sul secondo BD-50 incluso con la versione Full HD sono inclusi interessantissimi Contenuti Extra: un’intervista con Wim Wenders (60′) che approfondisce alcuni importanti dettagli produttivi, un’intervista a Koji Yakusho (13′), il magnifico interprete principale vincitore della Palma d’Oro per il Migliore Attore al Festival di Cannes 2023, un’altra intervista all’attore Min Tanaka (8′), poi quella al produttore Koji Yanai (9′), inoltre c’è il cortometraggio del regista “Some Body Come Into the Light (9′), una galleria foto e l’immancabile ma utilissimo trailer; ci sono i sottotitoli in italiano. Infine il ricco libretto di cui si parlava precedentemente con approfondimenti testuali e persino lo schema per costruire il vasetto di carta di Hirayama.
(Luigi Lozzi) © RIPRODUZIONE RISERVATA
(immagini per cortese concessione della Lucky Red)
NOTE TECNICHE
Il Film
PERFECT DAYS
(Perfect Days)
Giappone/Germania, 2023, 110’
Regia: Wim Wenders
Cast: Kôji Yakusho, Tokio Emoto, Arisa Nakano, Aoi Yamada, Yumi Asô, Sayuri Ishikawa, Tomokazu Miura, Min Tanaka.
Edizione 4K Ultra-HD + Blu-Ray
Numero Dischi: 2
Durata: 125 minuti (Extra esclusi)
Formato Video: Blu-ray UHD: 2160p @24fps SDR 1.33:1; Blu-ray: 1080p @24fps 1.33:1
Formato Audio: Italiano 5.1 DTS-HD Master Audio, Giapponese 5.1 DTS-HD Master Audio
Lingue: Italiano, Giapponese
Sottotitoli: Italiano, Italiano non udenti
Distributore: Lucky Red/Plaion Pictures