OLDBOY di Roque Banos
ARTISTA: ROQUE BANOS
TITOLO: Oldboy
ETICHETTA: Varèse Sarabande/Audioglobe
ANNO: 2013
Parallelamente alla generazione di registi dell’Horror (Guillermo Del Toro, Alex de la Iglesia, Jaume Balagueró, etc.) è cresciuta in terra iberica una New Wave di agguerriti compositori che hanno dato segnali importanti in fatto di padronanza dei mezzi a disposizione e di tecnica sinfonico-espressiva. Si tratta di tenere nella giusta considerazione i toni (per qualche verso) spregiudicati raggiunti da costoro seppure in un ambito – quello del cinema di genere horror moderno – che non offre soverchie occasioni di sciogliere le briglia al proprio talento e né tanto meno consente di sperimentare nuove soluzioni. Roque Banos si è messo in grande evidenza lo scorso anno con lo score concepito per il remake de “La Casa” (“Evil Dead”, il titolo originale del film diretto nell’81 da Sam Raimi) che, alla prova dei fatti, si è rivelato uno del lavori horror, di stampo marcatamente sinfonico, più importanti degli ultimi anni, in qualche maniera debitorio nei confronti di Bernard Herrmann; una partitura assai articolata e carica di tensione percussiva con quell’uso sapiente degli archi ed una padronanza assoluta nel dare tempo e calibratura al connubio musica-immagini. Ma Banos ha all’attivo anche interessanti altre partiture; come quella per “L’uomo senza sonno” (2004) di Brad Anderson, che lo mise in luce, oppure “Oxford Murders – Teorema di un delitto” (2008), diretto negli Usa da Álex de la Iglesia. Qui si è fatto carico di un progetto che inizialmente prevedeva l’assunzione di Michael Nyman, che poi ha declinato l’offerta, ad assecondare musicalmente Spike Lee nel remake dell’omonimo film di culto coreano di Park Chan-Wook del 2003; operazione che, diciamo per inciso, (purtroppo) rispecchia l’abitudine (monopolistica) del cinema americano di rifare da nuovi i film stranieri che hanno dalla loro meriti di originalità. Per “Oldboy” Banos ha goduto di ampia libertà – ha registrato negli studi della Slovak National Radio a Bratislava – per costruire lo score che seppure non sia memorabile ha una certa spregiudicatezza e qualità intrinseche nel mix complesso di elettronica propulsiva e orchestrazioni più tradizionali, condotte a limiti drammatici nella percezione dell’angoscia e dell’oppressione. Il tutto è stato articolato intorno a due temi portanti principali, uno legato al desiderio di vendetta del protagonista (l’interprete nel film è Josh Brolin) e l’altro inerente l’amore che l’uomo nutre per la figlia.
(Luigi Lozzi) © RIPRODUZIONE RISERVATA