MY MUSIC FOR BILLY BOB di Daniel Lanois
ARTISTA: DANIEL LANOIS
TITOLO: My Music For Billy Bob
ETICHETTA: Red Floor Records
ANNO: 1996/2014
Per un periodo congruo della sua carriera Daniel Lanois è stato indicato come una sorta di Re Mida delle sale d’incisione grazie a qualità produttive singolari messe in campo nell’ambito del rock contemporaneo, a partire dalla metà degli ’80, prendendosi cura di artisti spesso così distanti tra loro (anche solo a pensare a Bob Dylan, Peter Gabriel o Brian Eno, a U2, Willie Nelson, Neville Brothers o, ultimamente, Neil Young), differenziando l’approccio tra quelli ispirati dal piglio dell’immediatezza ed altri dal profilo più intellettuale ed elaborato, ma sempre all’insegna di una spontaneità espressiva che ne ha fatto la grandezza (a partire dalla metà degli Ottanta) e giustificato la ricercatezza. Per comodità di chi ci legge ricordiamo i pregevoli album cui ha prestato la sua opera: “The Unforgettable Fire” e “Joshua Tree” degli U2, “Birdy” e “So” di Peter Gabriel, il disco omonimo del leader della Band, Robbie Robertson, “Yellow Moon” dei Neville Brothers, “Oh! Mercy” di Bob Dylan più tantissimi di Brian Eno. Non ha ottenuto gli stessi debordanti effetti la sua produzione discografica, non sempre è riuscito a vestire la musica dei suoi progetti solisti della stessa magia infusa in quelli altrui; così parsimonioso nel dispensarci le sue opere, di Lanois si ricorda soprattutto l’esordio sofisticato e cool di “Acadie” dell’89 e “Shine” del 2003, mentre rimangono un gradino sotto la gradevolezza di “For The Beauty Of Wynona” del ’93 e l’eccesso di sperimentalismo di “Belladonna” del 2008. Quello uscito ora non è un nuovo album ma la riedizione del soundtrack composto per il film “Lama tagliente” (“Sling Blade”) nel ’96, che racconta una storia di emarginazione e di dolore nella profonda provincia americana, debutto alla regia di Billy Bob Thornton (da qui il titolo) che però ha il pregio – rispetto all’introvabile originale – d’essere stato rivisitato ed integrato da pezzi esclusi dal “final cut”. Difficile identificare una unitarietà visto che il manipolatore di suoni Lanois si è impegnato più a elaborare momenti di tessitura chitarristica minimalista e ambient – con l’attenta ed evocativa produzione stratificata su vari livelli d’impatto emotivo – che a dare corpo unitario al suo progetto. A patto di non aspettarsi quello che questo disco non può dare, l’oscuro blend ed il mood malinconico proposti da Daniel – ogni tanto squarciati da una luce funk – veleggiano dalle parti del Ry Cooder cinematografico di “Paris, Texas”: il ‘freddo’ canadese Daniel Lanois è un po’ l’alter-ego del ‘caldo’ californiano Ry Cooder. Splendida la chiusura con “The Maker“, che Lanois aveva inciso per “Acadie” e qui cantata assieme a Aaron Neville in una versione più vigorosa, mentre un momento prima, nella brevissima “Shenandoah“, è Emmylou Harris a prestare un vocalismo minimale.
(Luigi Lozzi) © RIPRODUZIONE RISERVATA