LOVE HAS COME FOR YOU di Steve Martin e Edie Brickell
ARTISTA: STEVE MARTIN & EDIE BRICKELL
TITOLO: Love Has Come For You
ETICHETTA: Rounder/Universal
ANNO: 2013
Ecco concretizzarsi qualcosa che non ci si sarebbe attesi, una deliziosa sorpresa musicale ed un disco perfetto per un intrattenimento sofisticato al ritmo del bluegrass. Si, è proprio Steve Martin (lo scopriamo guardando la foto sul retro di copertina), uno dei migliori attori comici americani sulla cresta dell’onda negli anni ’80 e ’90 (e così trascurato nel nostro paese, aggiungiamo noi), il protagonista accanto alla signora (Paul) Simon, Edie Brickell di questo album che profuma d’Old Time & Blugrass: texano Steve, texana Edie, lui suona il banjo, lei canta (sue sono le liriche) nei 13 brani composti a quattro mani. Però non tutti (forse) sanno che prima d’affermarsi come attore Steve ha inciso alcuni album di canzoni comiche (un Grammy Award vinto nel ’78, bissato nel 2002 per la Miglior Performance in un pezzo Country) e che suona il banjo per hobby da quando era un giovanissimo commesso presso il Magic Shop di Disneyland. La Brickell è la prim’attrice del progetto ovviamente sebbene in carriera abbia mantenuto un profilo defilato: tre figli dati a Paul tra il ’92 e il ’98, e l’aver vissuto nella sua ombra, devono aver avuto il loro peso, oppure è dipeso dal non essere riuscita a bissare il successo dell’esordio nel 1988 con “Shooting Rubberbands At The Stars” accanto ai suoi New Bohemians. Il mood rilassato adottato per l’occasione è la chiave di volta per un garbato “matrimonio” artistico, senza soverchie ambizioni, che certamente esaurirà il proprio afflato nel circuito di nicchia cui è destinato; salvo ottenere qualche riscontro più significativo che potrebbe alla fine incoraggiare la “odd couple” a mettere in cantiere un nuovo progetto. La Brickell, con il suo vocalismo gentile ed incisivo, sembra voler prendere le misure, fare le prove generali, per un rientro in grande stile. Il contributo di Martin non è quello di un virtuoso ma il frutto della buona applicazione sullo strumento di un appassionato serio, quindi rispettabile. Insomma non si tratta di una presenza velleitaria, di un tentativo peregrino di mettersi in mostra, di un capriccio dell’artista che voglia cimentarsi con una materia che appartiene solitamente ad altri. Il tocco che Steve Martin applica allo strumento è assolutamente appropriato ed evocativo, badando bene – egli – a non lasciarsi andare in assolo che avrebbero potuto avere esiti disastrosi. Si limita, e bene, e pure con una certa inventiva, ad assecondare egregiamente la ‘guida’ più sicura della Brickell. Non ci sono in realtà pezzi che abbiano una maggiore rilevanza rispetto ad altri, l’intero album ha una certa omogeneità che punta sulle atmosfere di cui s’adombra complessivamente più che sull’efficacia di singoli brani. Ma volendo proprio cogliere nel mazzo direi che le cose migliori sono “When You Get to Asheville”, che ha una delicata melodia ed è impreziosita dal vocalismo ‘oscuro’ e pacato di Edie, intrigante per chi ascolta così come la “Remember Me This Way” che in chiusura, con il malinconico attacco dell’interprete. Steve Martin e Edie Brickell sono supportati da session-man di sostanza ed eleganza, come il mitico chitarrista Waddy Wachtel ed altri, e qualche ospite di grido come Esperanza Spalding al basso o gli Steep Canyon Rangers, con i quali Martin si esibisce da qualche anno. Ed il risultato finale è rinfrancante, piacevole e ..
(Luigi Lozzi) © RIPRODUZIONE RISERVATA