LIZ LONGLEY di Liz Longley
ARTISTA: LIZ LONGLEY
TITOLO: Liz Longley
ETICHETTA: SugarHill/IRD
ANNO: 2015
Terzo album (dal titolo autoreferenziale) per Liz Longley ma debutto con la Sugar Hill, etichetta storica che offre ampie garanzie per un certo tipo di musica folk-rock di matrice popolare. Ed è il lavoro della maturità raggiunta perché la cantautrice mostra di conoscere bene l’arte del confezionare canzoni dall’impatto felice. Un sound robusto, liriche misuratamente introspettive, il vocalismo cristallino, uno spiccato senso d’acclimatamento per le dinamiche sottese alla musica, il disco rilancia in modo scintillante il prototipo dell’artista dotata di ‘attributi’ che imbraccia la chitarra e persuade il proprio pubblico (come sapeva fare una Bonnie Raitt) piuttosto che reiterare il modello un po’ logoro dell’interprete folk pensosa o di quella country svenevole e sdolcinata. In avvio “Outta My Head” ci ammalia istantaneamente, ha l’incedere delle migliori ballate al femminile che avevamo imparato ad amare nei ’70 attraverso le interpretazioni di Joni Mitchell, Linda Ronstadt, Karla Bonoff o Emmylou Harris e successivamente grazie a Nicolette Larson, Sheryl Crow o Lucinda Williams. Le canzoni di Liz colgono subito nel segno per l’immediatezza e la freschezza della melodia, e la sua voce ha il calore, l’appeal e la sensualità che sembrano essere il bagaglio di un’artista veterana (nonostante la giovane età della nostra). Liz combina elementi di blues, country, pop, rock, folk e anche di R&B (si ascolti “Never Loved Another” per esempio) ed ogni elemento sembra incastrarsi al posto giusto a comporre il migliore dei piatti da servire; ed è fors’anche troppo levigato che manca quella scintilla che lo renda autenticamente originale. “Bad Habit” è intensa, ancorché riflessiva, lunga, su una relazione finita male, “You’ve Got That Way” lenta, è ballata soffusa condotta al piano e all’organo, “This Is Not The End” suona come un hit radiofonico d’altri tempi, quando le radio FM suggerivano agli ascoltatori le tendenze del momento. “Skin & Bones” e “Memphis”, in successione costituiscono un dittico che coglie subito nel segno, con la prima (guidata da un basso propulsivo) più dark e vagamente melliflua e la seconda, una ballata lenta originariamente scritta da Lucinda Williams (un punto di riferimento per l’artista), malinconica, accattivante, e dalle magnifiche armonie vocali. L’album è stato registrato a Nashville e Liz si colloca sulla lunghezza d’onda di colleghe apprezzate quali Lucy Kaplansky, Shawn Colvin, Pat McGee, Nanci Griffith e Colin Hay.
(Luigi Lozzi) © RIPRODUZIONE RISERVATA