Vinile

LIVE IN LONDON di Leonard Cohen in Vinile

 

 

 

 

ARTISTA: LEONARD COHEN

TITOLO: Live in London [3LP]ETICHETTA: Columbia/Sony Music
ANNO: 2009

 

 

Leonard Cohen sta al cantautorato colto come John Lee Hooker sta a tutte le stagioni del Blues revival e Jimi Hendrix alla chitarra rock. È il più ‘europeo’ dei cantautori d’oltre oceano, cui il solo Bob Dylan può competere per importanza. È un punto di riferimento ineludibile per chiunque abbia in animo di amalgamare insieme musica e liriche, ed il suo autunno poetico è stato preso a modello anche da schiere di adepti alt-country negli Usa così come nel nord Europa. È da oltre quattro decenni il più importante ed influente songwriter, addirittura più cristallino e carismatico di Dylan, con quella voce da basso profonda, cavernosa e toccante come poche, ma non solo: è anche poeta e scrittore, uno dei più grandi tra i contemporanei. Diversi anni fa il canadese, dopo un’assenza dalle scene ‘live’ durata quindici anni, si è concesso un ritorno sulle scene in tour mondiale alla non più tenera età di 74 anni e le 84 date inizialmente tenute hanno registrato dappertutto il ‘tutto esaurito’: dall’Inghilterra a Israele, dalla Germania all’Italia, alla Scandinavia, Svezia, Stati Uniti e Canada. Un successo inatteso ed un’urgenza artistica dettata anche dall’inesorabile trascorrere del tempo che lo hanno convinto a intraprendere negli anni successivi nuove trionfali tournée, quasi avvertisse nel proprio intimo che il suo tempo stava per scadere. Leonard Norman Cohen è morto il 7 novembre 2016 a Los Angeles all’età di 82 anni e tutti coloro che lo hanno amato ancor oggi lo piangono. Era nato a Montréal, il 21 settembre del 1934, e nelle sue opere aveva affrontato temi assai disparati tra di loro, ma che sempre riconducevano all’essenza può profonda dell’animo umano e della spiritualità che ad esso è sottesa. Era il 1967 quando il cantautore e poeta canadese pubblicava “Songs Of Leonard Cohen” e a siglare i quarant’anni di attività è giunto non solo la tournée mondiale ma pure l’ingresso dell’artista nella Rock And Roll Hall Of Fame. Per quanto possa sembrare paradossale l’energia che è trasudata dai concerti tenuti da Leonard Cohen in questi anni non ha addirittura trovato analogo riscontro nella lunghissima carriera del cantautore. Una dimensione genuina, quella dal vivo, per un artista per il quale il tempo è sembrato (ahinoi!) non passare mai, e si potrà comprendere cosa possa essere significato presentarsi sul palco alla sua età e non perdere un briciolo della propria luminosa grandezza, l’aver rinsaldato la forza del suo messaggio artistico e rinvigorito la sua figura tout-court, ben lungi da qualsivoglia autunno poetico. Ed il suo pubblico lì a respirare una magnifica atmosfera in comunione con l’artista. Negli anni in tour che lo hanno rivitalizzato anche sotto il profilo creativo, facendogli vivere una seconda (se non addirittura terza o quarta) giovinezza artistica, Cohen ha inciso alcuni magnifici album di canzoni inedite assolutamente all’altezza delle migliori cose incise negli anni Settanta come “Old Ideas” (2012), arrivato a otto anni di distanza dal precedente “Dear Heather” ed inciso a 77 anni con l’estro, l’entusiasmo e l’ispirazione probabilmente trovati ‘on the road’. E poi “Popular Problems” (2014), “You Want It Darker” (2016), l’ultimo suo disco, pubblicato meno di un mese prima della scomparsa, ed incentrato su temi inequivocabilmente sensibili quali la morte e Dio. Nel nuovo millennio il cantautore canadese – in termini di età, e non solo per quella – ha guidato la schiera dei grandi vecchi della canzone nordamericana, seguito da Bob Dylan e Neil Young che ora più che mai non hanno alcuna intenzione di abdicare. In più ci piace sottolineare come la produzione artistica di Cohen sia stata una delle più solide e cristalline dell’intero panorama musicale internazionale. Vi si colgono i frutti di un’esperienza di vita intensa permeata di spiritualità, i testi raccontano dei grandi temi di sempre, la vita e la morte, il sesso e i rapporti umani, con la consueta veste poetica, l’approccio intimista, mutuato dagli chansonnier francesi, e l’ironia di sempre. La sua voce, il crooning – baritonale e dai toni notturni – è migliorata con il passare degli anni, così piena di sfumature e di intensità; le canzoni si son vestite di tonalità calde e autunnali. “Live in London” (il quarto live della carriera del canadese), nella sua versione in vinile da 180gr. è da poco arrivato sul mercato italiano e documenta il concerto tenuto alla O2 Arena nella capitale inglese il 17 ottobre 2008. Ricrea l’atmosfera di un’esibizione semplicemente perfetta che dona la più genuina dimensione dell’artista, uno per il quale il tempo sembrava non passare mai, e qualcuno potrà comprendere cosa possa significare presentarsi sul palco a quella sua età, e non perdere il carisma che l’ha sempre contraddistinto – ed ancor più e meglio in età avanzata -, piuttosto che trascinarsi in modo ridicolo (per carità è un’opinione mia personale) come i Rolling Stones o gli Who – faccio due nomi tra i tanti che potrei fare – che di anni i loro componenti (mediamente) ne hanno pure una decina di meno. Ventisei canzoni (che con il passare degli anni non hanno perso calore e pregnanza) con le quali Cohen, elegantissimo nel suo abito blu gessato e con il borsalino che spesso si toglie dal capo per omaggiare gli astanti (N.B. sono tutte considerazioni queste, riguardo agli aspetti visivi, desunte dalla visione del relativo DVD del concerto), ha ripercorso la sua carriera all’epoca più che quarantennale: affascinante nella sua essenzialità, concreto nel proporre musica di assoluta valenza, talvolta (ma non è una novità) sembra declamare i versi/testi dei suoi brani più che cantarli, cortese con un pubblico – ipnotizzato dalle note ed emozionato dalle liriche – che gli tributa lunghi applausi. Il suono è caldo, ben amalgamato, nitido nei dettagli degli strumenti chiamati al proscenio. Ci sono perle preziose del repertorio (l’incanto poetico di “Suzanne”, la biografica e immortale “Bird On The Wire”, il misticismo di “Hallelujah”, con un sublime arrangiamento gospel, “Sister Of Mercy” e “So Long, Marianne”, belle nella loro essenzialità, il pessimismo di “The Future”, “I’m Your Man”, “Hey That’s No Way To Say Goodbye”, il ritmo pulsante di “First We Take Manhattan”, “Tower Of Song” intinta d’afrocuban) e sono tante (purtroppo) anche quelle che mancano (in primis “Chelsea Hotel #2” e “Famous Blue Raincoat”); ma non era certo la completezza che si prefiggevano i realizzatori, quanto piuttosto il desiderio di restituire agli ascoltatori la magnificenza di un concerto del canadese. Sharon Robinson, da tempo coautrice di Cohen affianca il protagonista in “In My Secret Life” e “Boogie Street”. “If It Be Your Will” è una preghiera («Se è la tua volontà che io non parli più e che la mia voce rimanga silenziosa, come lo era prima, non parlerò più… Se è la tua volontà che una voce sia vera, canterò per te») concepita in un momento assai difficile per il cantautore; si trasforma in un momento toccante e intimo nel concerto affidata all’interpretazione delle coriste, le Webb Sisters più Sharon Robinson. Una preghiera è anche “Anthem”: «Suona le campane che ancora possono suonare, dimentica la tua offerta perfetta. C’è una crepa in ogni cosa ed è da lì che passa la luce». E poi in apertura, ad aprire le… danze, c’è “Dance Me To The End Of Love”; molti di voi riconosceranno in questo pezzo la sigla di un bel programma di Rai3 di un paio di anni fa, “Sconosciuti”. Leonard Cohen pubblicò il brano nel 1984 come singolo, estraendolo dall’album “Various Positions”, ed è diventato uno dei suoi cavalli di battaglia nelle esibizioni Live ed uno dei più amati dai suoi fan. Pur avendo la struttura di una canzone d’amore in realtà la canzone è stata ispirata a Cohen dall’Olocausto. Infatti, in una intervista, il cantautore canadese aveva ricordato tristemente (da letture fatte e da testimonianze ricevute) come nei campi di concentramento, prima di mandare le vittime nei forni crematori e si consumasse l’orrendo massacro, un quartetto d’archi composto da alcuni prigionieri veniva obbligato a suonare alcuni brani di musica classica. “Dance me to your beauty with a burning violin” (“Guidami danzando alla tua bellezza col suono di un violino che brucia“) recita il testo della canzone. Ricordiamo pure che la cantante jazz Madeleine Peyroux ne ha interpretato una cover del brano nell’album “Careless Love” del 2004. “I Tried to Leave You” è il bis che Leonard concede con generosità dopo oltre due ore di spettacolo impeccabile ed elettrizzante, sostenuto egregiamente dai nove strumentisti (chitarre elettriche e acustiche, pedal steel e Hammond, sax e clarinetto, armonica e contrabbasso), tra cui spiccano il tastierista Neil Larsen e il multi strumentista Javier Mas, e dalle coriste che non si risparmiano, tra umori jazz, soul e folk. Un triplo album vinilico di sorprendente bellezza, ed è un incanto per il cuore e per la mente ritrovarsi in compagnia di un poeta così lucido nel muoversi tra memoria e consapevolezza, elegante, e dallo sguardo acuto e penetrante. La nostra recensione intende perorare la causa in favore del ritorno in auge del disco in vinile che gli appassionati di lungo corso non hanno mai smesso di sostenere; il nostro augurio è che questo formato ‘antico’ ma così affascinante faccia breccia nei cuoi dei nuovi appassionati e di quelli cresciuti nell’epoca del digitale, tra gli anni ’80 e nuovo millennio inoltrato. L’elegante “Live in London” inoltre ci aiuta a delineare un’istantanea di questo straordinario cantore della solitudine e dell’emarginazione di origine ebraica.

 

(Luigi Lozzi)                                                © RIPRODUZIONE RISERVATA

 


(immagini per cortese concessione di Legacy/Sony Music)

 

 

Live in London – Leonard Cohen (2009)
Tracklist (LP):
Side One
  1. Dance Me to the End of Love – 6:20
  2. The Future – 7:20
  3. Ain’t No Cure for Love – 6:16
  4. Bird on the Wire – 6:14
Side Two
  1. Everybody Knows – 5:52
  2. In My Secret Life – 5:02
  3. Who by Fire 6:35
  4. Hey, That’s No Way to Say Goodbye – 3:47
Side Three
  1. Anthem – 7:20
  2. Introduction – 1:29
  3. Tower of Song – 7:07
  4. Suzanne – 3:46
  5. The Gypsy’s Wife – 6:42
Side Four
  1. Boogie Street (feat. Sharon Robinson) – 6:57
  2. Hallelujah – 7:20
  3. Democracy – 7:08
  4. I’m Your Man – 5:41
Side Five
  1. Recitation (feat. Neil Larsen) – 3:53 (L. Cohen, N. Larsen)
  2. Take This Waltz – 8:37
  3. So Long, Marianne – 5:24
  4. First We Take Manhattan – 6:15
Side Six
  1. Sisters of Mercy – 4:56
  2. If It Be Your Will (feat. The Webb Sisters) – 5:22
  3. Closing Time – 6:15
  4. I Tried to Leave You – 8:33
  5. Whither Thou Goest – 1:27 (Guy Singer)

 

Discografia di Leonard Cohen:

Album in studio
Songs of Leonard Cohen (Columbia, 1967)
Songs from a Room (Columbia, 1969)
Songs of Love and Hate (Columbia, 1971)
New Skin for the Old Ceremony (Columbia, 1974)
Death of a Ladies’ Man (Columbia, 1977)
Recent Songs (Columbia, 1979)
Various Positions (Columbia, 1984)
I’m Your Man (Columbia, 1988)
The Future (Columbia, 1992)
Ten New Songs (Columbia, 2001)
Dear Heather (Columbia, 2004)
Old Ideas (Columbia, 2012)
Popular Problems (Columbia, 2014)
You Want It Darker (Columbia, 20016)