LA HOODOO RECORDS: RHYTHM & BLUES E ROCK’N’ROLL DEI ‘50
Si sono resi da qualche tempo disponibili sul nostro mercato i dischi della HooDoo Records, etichetta che si prefigge l’obbiettivo di far conoscere gli oscuri eroi del Rhythm & Blues e del Rock’n’Roll degli anni Cinquanta e di smascherare, di conseguenza, la “più grande truffa del Rock”, quella secondo cui questa sarebbe una musica di origini ‘bianche’.
Si deve alla nostrana Egea la distribuzione dei gioielli della HooDoo Records – e gliene saremo grati in eterno –, etichetta che si occupa del recupero (filologico) degli album dei ’50 di quegli artisti (semi)sconosciuti (ed in prevalenza neri) e quegli stili rimasti ai margini del progetto di colonizzazione delle menti e rassicurazione dei cuori, messo in atto dall’industria discografica. In queste considerazioni che vado facendo ovviamente dò per scontato che il lettore sappia che dalla seconda metà dei Sessanta in poi etichette come la Motown e la Stax/Atlantic hanno goduto di ampia visibilità sul mercato – con l’accezione di Soul vicino a quella di R&B – e scalando le classifiche pop con tanti e tanti artisti di grandissimo valore. A me preme sottolineare la disparità di trattamento, una forma di ghettizzazione che il Rhythm & Blues ha patito nei ’50. Il termine R&B venne introdotto nel 1949 da Jerry Wexler, giornalista per il Billboard; una definizione per un genere musicale ben individuabile (versione più ritmata del blues, influenzata anche dal boogie ed dal gospel), è stata utilizzata nel tempo per descrivere genericamente la musica contemporanea popolare degli afroamericani. Sapete bene come la musica black fosse all’epoca relegata per problemi razziali ad essere fruita in un mercato marginale, cosiddetto ‘race’, e che quindi qualsiasi artista di colore potesse essere ‘saccheggiato’ dai bianchi senza che i suoi meriti e le sue qualità affiorassero mai. il Rock, il genere musicale che più di ogni altro ha saputo raccontare e influenzare la cultura e il costume contemporanei, in realtà ha una forte matrice ‘nera. Quando il Rhythm & Blues (tradotto letteralmente significa ‘ritmo e blues’), nella sua evoluzione dal jump blues dei ’40, si propone con una strumentazione più agile agli inizi dei Cinquanta ecco che, grazie ad interpreti come Ray Charles e Ruth Brown, e formazioni vocali quali Drifters e Coasters getta le basi per l’affermazione del rock & roll. Ad usare per la prima volta nella storia il termine Rock’n’Roll provvede nel 1951 Alan Freed, disc-jockey di una trasmissione radiofonica dal titolo “Moondog Rock’n’Roll Party“, con l’intento di diffondere la musica nera presso un pubblico di adolescenti bianchi. In effetti i primi dischi di R&R recano la firma di Chuck Berry, Little Richard e Fats Domino, ovvero artisti di colore che per i noti conflitti razziali non possono assurgere (agli occhi dei media e dell’industria discografica) a paladini di un movimento tanto rivoluzionario che si va delineando all’orizzonte. E d’altra parte che una ‘grande truffa’ si stesse compiendo ai danni della music black appare chiaro quando Sam Phillips, fondatore della Sun Records, pronuncia la frase “Se trovassi un bianco capace di cantare con l’anima di un nero, diventerei miliardario”. È il 1953 quando Phillips scopre e lancia Elvis Presley (e con lui Jerry Lee Lewis e Johnny Cash). Ma questa è un’altra storia: oramai The Great Rock’n’roll Swindle si è consumato! Tornando ai dischi di cui parliamo di qui in avanti, va detto che è davvero apprezzabile il corollario iconografico presente in ognuno dei booklet (con note, dati sulle session, memorabilia con foto, riproduzioni delle etichette e delle copertine dei singoli) che accompagnano queste pubblicazioni, anche se tecnicamente i missaggi non sono (in alcuni casi) di altissima risposta a causa della scadente qualità dei materiali originali.
“Nightless Lover – The Speciality Sides” (HooDoo Records/Egea) di Percy Mayfield; Mayfield è uno di quegli artisti che rischierebbero il definitivo oblio se non ci fosse il certosino lavoro di recupero di qualche piccola label illuminata qual è la HooDoo Records. Nato in Louisiana nel 1920 e morto in California il giorno prima di compiere 64 anni, l’11 agosto dell’84, Mayfield è stato protagonista sulla scena ghettizzata del R&B dei primi ‘50, assai prima della integrazione black conseguita da Motown e Atco/Atlantic. Pienamente calato nelle problematiche che riguardavano i suoi simili Mayfield è figura dalla forte personalità – un “poeta con il dono dell’amore” si definiva -, autore dei testi delle sue canzoni (pervasi del senso di precarietà esistenziale ma pur tuttavia venati di ironia, sotto una luce blues cupa e urbana che ben si sarebbe conciliata con i noir cinematografici) ma è celebre soprattutto per la bontà del suo vocalismo introspettivo – ora suadente, ora sferzante, ora brumoso -, per la varietà dei toni e delle estensioni di cui era dotato. Il suo successo più grande fu nel 1950 “Please Send Me Someone to Love”, una ballata bluesy che ne consacrò il talento vocale ma in seguito la sua carriera fu tormentata da frequenti interruzioni e da un incidente automobilistico dal quale uscì sfigurato nel volto. Tra i brani composti da Percy c’è “Hit The Road, Jack” nel ’61 per Ray Charles. Questa raccolta (che fa parte della collana della “Specialty” dedicata ai grandi, oscuri protagonisti della musica dei ’50) è esemplare per tracciare il profilo artistico del cantante: 29 brani per 78’ ma anche un booklet di 16 pagine ricco di memorabilia, immagini ed un suo profilo.
“Rockin’ with Robin” (HooDoo Records/Egea) di Bobby Day; nato a Fort Worth, Texas, il 1 luglio 1934, vero nome Robert Byrd, è stato uno dei più innovativi artefici dell’affermazione del Rhythm & Blues e del primo Rock’n’Roll. Le sue canzoni sono entrate a far parte del repertorio di artisti e gruppi quali i Dave Clark Five, i Doobie Brothers, Michael Jackson e i Blasters. Cresciuto artisticamente a Los Angeles, Bobby Day si è avviato ad una carriera solistica dopo essere stato cantante (e/o leader) di gruppi vocali come i Satellites e gli Hollywood Flames. Principalmente il suo repertorio è costituito di brani semplici ed orecchiabili, sovente accompagnati da cori in falsetto. Come Bobby Day & the Satellites incide nel settembre ’57 “Little Bitty Pretty One”; dalla robusta sezione ritmica è un pezzo irresistibile e scintillante subito salito nelle classifiche di vendita, nonostante fosse superato nelle vendite dalla versione uscita contemporaneamente fatta da Thurston Harris. Qui, inclusi nella dozzina di bonus, ci sono pure due importanti cover (“My Blue Heaven” e “Unchained Melody”) e “That’s All I Want”, un up-tempo d’impianto doo wop.
“Rockin’ With The Sheik of the Blues” (HooDoo Records/Egea) di Chuck Willis; vero nome Harold Willis, nato ad Atlanta, Willis è stato un eccellente performer di ballate blues – tra cui “C.C. Rider”, l’irresistibile cover update di un classico folk-blues – oltre che ottimo songwriter, autore di alcuni distintivi successi R&B dei Cinquanta. Si pensi per esempio a “I Feel So Bad” (ripresa in seguito, tra gli altri, da Elvis Presley, Little Milton e Otis Rush), la ballad “Don’t Deceive Me (Please Don’t Go)”, “It’s Too Late” (interpretata pure da Buddy Holly, Charlie Rich e Otis Redding) e “Hang Up My Rock and Roll Shoes”. Per la sua carriera diventa decisivo il contratto stipulato nel ’51 per la Columbia Records per la quale incide fuggevolmente un singolo. Ben più corposa l’attività con la sussidiaria etichetta OKeh Recordings (la ballata “My Story”, la cover di un pezzo di Fats Domino, “Goin’ To the River”, “Don’t Deceive Me”, “You’re Still My Baby”, “I Feel So Bad”) tra il ’52 e il ’54 da ottimo crooner. Senza trascurare l’attività di songwriter che lo porta a scrivere “Oh What a Dream” per Ruth Brown. Nel ’56 passa alla Atlantic Records e ottiene un immediato successo con “It’s Too Late” e “Juanita”. L’etichetta tenta di lanciarlo sul mercato pop più leggero e così nel ’57 ripropone una nuova versione, più accattivante del suo “C.C. Rider” che sale al #1 delle classifiche. Muore improvvisamente nel ’58 per una peritonite fulminante proprio quando la sua stella si stava facendo luminosa. E l’ultimo suo singolo scandisce nel titolo (“What Am I Living For”) il funesto presagio. “What Am I Living For”, il gioioso “Hang Up My Rock and Roll Shoes”, “My Life” e “Keep A-Driving” diventano grandi successi postumi.
“At Home With Screamin’ Jay Hawkins” (HooDoo Records/Egea) di Screamin’ Jay Hawkins; artista unico e pianista impareggiabile dotato di una possente voce baritonale, Hawkins è prima di tutto colui che ha composto “I Put A Spell On You”, il classico brano che è entrato nel repertorio dei maggiori artisti rock-blues (Nina Simone, Them, Creedence Clearwater Revival,Alan Price, Diamanda Galàs). Si racconta che il pezzo (di grande effetto) fosse stato registrato con l’artista completamente ubriaco e lo stesso Hawkins ha sempre dichiarato di non ricordare nulla di quella incisione, scoprendo però tutta l’abilità trasgressiva di cui era capace e che prima nemmeno sospettava. Nel disco in questione sono proposte incisioni risalenti al biennio ’56-’57 per la Epic e per la Okeh Recordings. Non manca ovviamente (e per giunta in due differenti versioni) “I Put A Spell On You” e ci sono poi ben undici bonus track tra cui spiccano “Little Demon”, “Alligator Wine”, firmato da Leiber & Stoller, “Frenzy” e “Person To Person”. Parte delle note sono firmate da Jim Jarmush, che ha utilizzato “I Put A Spell On You” nel film “Stranger Than Paradise” e ha riservato una particina a Jay in “Mystery Train”.
“Mister Little Willie John + Talk To Me” (HooDoo Records/Egea) di Little Willie John; il cantante – che è morto giovane all’età di soli trent’anni in carcere dopo essere stato condannato per omicidio –, celebre per il modo di interpretare slow-blues e pezzi up-tempo, in un bell’alternarsi di mood bluesistico pre-soul e di brillanti r&b, viene dai più indicato, in virtù di una precoce maturità artistica, come precursore di artisti importanti quali Sam Cooke, Jackie Wilson e Clyde McPhatter ed il suo nome è legato per sempre ad un brano gettonatissimo nei repertori di tanti rocker qual è “Fever” scritta da Otis Blackwell. I due album (con quattro bonus-track tra cui la sensuale “Fever” appunto) qui contenuti in un’unica confezione coprono l’arco di tempo tra il ’55 e il ’58 e sono rispettivamente il secondo e il terzo incisi in carriera. Tra i maggiori successi ci sono “All Around The World” e “Need Your Love So Bad”.
“The Exciting Lloyd Price + Mr. Personality” (HooDoo Records/Egea) di Lloyd Price; originario di New Orleans Price, cui è stato dato l’appellativo di ‘Mr. Personality’, è un altro dei misconosciuti eroi del nascente movimento Rock’n’Roll di inizio ’50, ma figlio del Rhythm & Blues, che rischia l’oblio. Egli va anzitutto ricordato per quel “Lawdy Miss Clawdy” – singolo salito al N° 1 delle classifiche R&B, ripreso poi da Elvis Presley e tanti altri artisti –, un blues sostenuto da un magnifico accompagnamento del piano, che quando venne inciso nel 1952 (e Price aveva solo 19 anni) vedeva addirittura Fats Domino tra i session-man in sala d’incisione. Lloyd ha continuato per qualche anno a stazionare nelle classifiche di vendita raggiungendo nuovamente la prima posizione nel ’58 con “Stagger Lee” e l’anno dopo con “Personality”. I due album usciti per la ABC (qui contenuti in un unico CD) risalgono proprio a quest’ultimo periodo e vi sono inclusi gli hit segnalati (di “Lawdy Miss Clawdy” c’è una nuova versione, non quella del ’52) più altre pregevoli interpretazioni come “Just Because”, “Where Were You (On Our Wedding Day)?”, “I’m Gonna Get Married” e due standard celeberrimi dello swing quali “I Only Have Eyes For You” e “All Of Me”. Nei Sessanta Price andava a fondare una propria etichetta, la Double-L (per la quale incide Wilson Pickett prima di esplodere con l’Atlantic) senza però contare più sui risultati fino ad allora conseguiti.
“Here’s Larry Williams” (HooDoo Records/Egea) di Larry Williams; nato a New Orleans, e una vita travagliata, Williams è stato un robusto e ruvido interprete di rock’n’roll (e buon talento pianistico) ed ha avuto numerosi hit nelle classifiche alla fine degli anni Cinquanta e molti di questi (pensiamo a “Dizzy, Miss Lizzy”, “Bad Boy”, “Bony Maroney”, “Short Fat Fannie”, “She Said Yeah”) si sono trasformati in classici pronti ad essere adottati dai gruppi che hanno determinato in Inghilterra la British Invasion. Sappiate che anche John Lennon è stato uno dei suoi maggiori sostenitori e che ha sovente incluso nel suo repertorio brani di Larry. A Oakland, in California, dove si trasferisce da ragazzo con la famiglia entra a far parte di un gruppo R&B locale, i Lemon Drops. Tornato a New Orleans per un viaggio di piacere nel ’54 – ha solo 19 anni – incontra Lloyd Price – che incideva allora per la mitica Specialty Records assieme a Little Richard – e questi lo aiuta ad avere un contratto discografico. Il primo singolo inciso è una cover di “Just Because” – raggiunge il N° 11 delle classifiche R&B nella primavera del ’57 – di Price e contempla proprio Richard come backing vocalist, il quale quando abbandona l’etichetta viene sostituito come artista di punta proprio da Larry Williams. Il successivo singolo, “Short Fat Fannie”, arriva al #1 del chart R&B e al N° 5 di quelle pop. Altri brani da ricordare sono “Bony Maronie”, “You Bug Me, Baby” e “Dizzy Miss Lizzy”, tutti presenti in questa raccolta. Poi la sua popolarità va scemando (ha un maggiore seguito di fan in Gran Bretagna) e nel ’59, a dargli il colpo di grazia, viene arrestato traffico di stupefacenti. Nei ’60 incisioni varie per numerose etichette ed il brano “Mercy, Mercy, Mercy” piazzato nella Top40 R&B nel ’67, un lavoro (senza fortuna) da produttore per la OKeh Records. Nel 1980 viene trovato cadavere nella sua casa di Los Angeles con un colpo di pistola alla testa; forse suicida, forse ucciso per una resa di conti in ambienti relativi a droghe, crimine e prostituzione.
(articolo scritto il 21 gennaio 2011)
(Luigi Lozzi) © RIPRODUZIONE RISERVATA