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LA GRANDE ABBUFFATA di Marco Ferreri in Blu-Ray

 

 

 

 

 

 

Grazie ad una campagna di ‘crowdfunding’ attivata General Video e CG Entertainment hanno condotto in porto la pubblicazione in Blu-Ray di uno dei più controversi – provocatorio ma geniale – capolavori del cinema italiano, “La grande abbuffata” di Marco Ferreri, il film più importante del regista milanese.
 
 
 

 

 

 

Lucido, beffardo e provocatorio come abbiamo imparato a conoscerlo nel corso della sua carriera, Marco Ferreri ===Consulta la Filmografia=== è sempre stato un regista in qualche modo ‘preveggente’, perché con i suoi film è sempre riuscito a cogliere le contraddizioni del suo tempo, e il suo Cinema rimane profondamente attuale ancora oggi a quasi trent’anni dalla sua scomparsa, anche se – purtroppo – è stato dimenticato e quasi ‘rimosso’ nella cultura cinematografica corrente. Con i suoi film, essenziali e poco estetizzanti nella forma, Ferreri ha saputo rappresentare i risvolti della società industrializzata e consumistica del suo tempo, mettendo l’indice sull’aspetto autodistruttivo e per nulla consolatorio, anche nel contesto di una trasformazione antropologica avvenuta nel maschio, nella femmina, nei bambini e nei loro rapporti, che il regista ha osservato con straordinario acume e buona dose di sarcasmo. Nel novero delle opere più provocatorie ed estreme del cinema italiano di sempre va incluso certamente “La grande abbuffata”, del 1973, che non ha perduto nulla della sua carica eversiva, imbarazzante e rivoltante, ad oltre 45 anni dalla sua uscita, e va considerato come un capolavoro assoluto. Il cinema del regista si è sempre distinto per una caustica vena dissacratoria nei confronti dei valori borghesi, per la critica ad una società opulenta e decadente edificata sullo pseudo progresso consumistico e sulla superficialità; scritto a quattro mani con Rafael Azcona, qui narra la grottesca storia, tinta di umorismo nero, di quattro amici che si riuniscono in una villa nei pressi di Parigi per lasciarsi trasportare dai piaceri della carne e della gola. Sono personaggi surreali ma rappresentativi della degenerazione morale del loro tempo – ognuno è lo specchio di una diversa sconfitta esistenziale -, i loro eccessi li condurranno all’autodistruzione. Grande scandalo provocò al Festival di Cannes, tra reazioni sdegnate e schifate da parte dei giornalisti, del pubblico e perfino della giuria; venne platealmente fischiato e pesantemente tagliato dalla censura. Ricordiamo come i primi anni Settanta avessero costituito un periodo fortemente segnato da opere controcorrente; nel 1972 Bernardo Bertolucci aveva realizzato il film scandalo per eccellenza, “Ultimo Tango a Parigi” (con Marlon Brando e Maria Schneider chiusi in un appartamento parigino ad amarsi fino a distruggersi), e “La grande abbuffata”, presentato in concorso al 26° Festival di Cannes, è dell’anno successivo, con quattro fra i massimi divi italiani e francesi (Marcello Mastroianni, Ugo Tognazzi, Philippe Noiret e Michel Piccoli ad interpretare un pilota, un magistrato, un annunciatore della radio, il gestore di un ristorante) chiusi in un villino alle porte di Parigi, a mangiare e copulare in un’orgia distruttiva (gastronomica ed erotica) fino a morire. Se tante furono le critiche, e forte lo sdegno, in molti invece l’acclamarono: Luis Buñuel l’ha definito un “monumento all’edonismo”, Alberto Moravia l’ha giudicato film “di notevole originalità e geniale in più punti”, proseguendo poi: «Nel vedere “La grande bouffe” mi è sembrato a un tratto di capire che le proteste degli spettatori di Cannes e altrove contro questo film e contro altri non meno inconsueti, come quello di Bertolucci, erano quelle di una società in fondo formalista contro l’infrangimento delle norme di buona creanza da lei stessa istituite. Con “Ultimo Tango a Parigi” si poteva avere qualche dubbio; con il film di Ferreri, no. In realtà la buona educazione vieta che si parli delle proprie prodezze erotiche come dei disturbi della digestione». Si disse che si celebrava la ‘Morte della Borghesia’ poiché, attraverso il paradosso, restituiva l’immagine raggelante del mondo in cui viviamo, che era provocatorio e dissacrante. E Pier Paolo Pasolini, servendosi di una metafora pittorica, all’epoca aggiungeva: «I quattro brevi prologhi che precedono il corpo del racconto della “Grande bouffe” sono quattro brevi ritratti di personaggi. Sono eseguiti esattamente come potrebbe eseguirli un pittore che, dopo aver scoperto le regole della prospettiva, avesse scoperto anche le regole del movimento. L’immobilità ‘figurativa’ resta sostanziale. La prospettiva – illusoria esattamente come negli affreschi di Masaccio o negli olii del Caravaggio, o nei disegni di Courbet – e il movimento sono accessori. I movimento tenderebbe a creare una composizione a tutto tondo, cioè qualcosa di simile alla scultura, ma non è così. […] Corpi colti in una sintesi di gesti abitudinari e quotidiani che nel momento in cui li caratterizzano li tolgono per sempre alla nostra comprensione, fissandoli nella ontologicità allucinatoria dell’esistenza corporea». E non è stato un caso se il prestigioso Cahiers du cinéma avesse inserito il film in una sorta di ideale ‘Trilogia della Degradazione’ (proprio con “Ultimo tango a Parigi” e “La maman et la putain”, pure questo del ’73, di Jean Eustache) della nostra società edonista ed ideologica colta nei suoi gesti quotidiani. Sinossi: In una villa fuori Parigi quattro vecchi amici si riuniscono per un week-end abbandonandosi ad un’orgia di cibo e sesso. Uno di loro, Marcello, porta con sé alcune prostitute (nell’intento di appagare le pulsioni sessuali dei quattro) che disgustate dall’ambiente se ne andranno. Ad un certo punto una maestra va lì per caso con in suoi alunni in visita al giardino della villa, rimane affascinata dai quattro e, mossa a sincera compassione per quei poveri consumatori disillusi, decide di fare ritorno nella casa unendosi a loro, con totale dedizione partecipativa, nel folle e autodistruttivo fine settimana. Così, i quattro amici si ingozzeranno fino a morire. Prima Marcello, poi Michel, poi Ugo, infine Philippe, il quale aveva persino temuto di tradire i compagni sopravvivendo loro… Come da abitudine reiterata nei suoi film, per Ferreri l’unica salvezza è rappresentata dal genere femminile, legato alla vita per missione biologica. “La grande abbuffata” è una potente metafora sulla società consumistica che tutto divora (il sesso in fondo è un mangiarsi reciproco, con il logico corollario del defecare, scoreggiare, ruttare), compresa se stessa, espressa attraverso un racconto estremo, senza moralismi di sorta né ideologie. «Con “La grande abbuffata” Ferreri varca i limiti della persistenza labile delle relazioni (e delle loro spiegazioni) illusorie tra io, mondo, realtà e suo ‘significato’, per toccare in fondo l’ultima ragione (filosofica ed estetica anche) del suo universo statico, negativo, in lento ma sicuro disfacimento». (dal volume Il Castoro Cinema dedicato al regista da Maurizio Grande nel 1974). La decadenza della nostra società viene magistralmente simbolizzata dai quattro amici protagonisti, che moriranno, uno dopo l’altro, con lo stomaco traboccante di cibo, dopo aver mangiato a tutte le ore del giorno e della notte: pornografia del cibo più che della carne. Lo sguardo dei protagonisti – “con lo stomaco traboccante e i genitali svuotati” come ne scriveva in sintesi estrema Moravia – è segnato dal torpore allucinato e dalla malinconia. In qualche maniera “La grande abbuffata” è un film che va oltre il cinema, laddove i protagonisti principali non fanno altro che interpretare pure una parte scandalosa e oscura della propria personalità. Ferreri sceglie di dare ai personaggi lo stesso nome degli attori che li interpretano sconvolgendone l’immagine idealizzata che l’opinione pubblica ha di loro: il divo e sex-symbol Marcello Mastroianni ===Consulta la Filmografia=== diventa un depravato e maniaco sessuale, Michel Piccoli, celebrato per la sua eleganza, comincia a soffrire di meteorismo, il che lo porta a fare ‘del cul trombetta’, Ugo Tognazzi, apprezzato all’epoca anche come cuoco, diventa un narcisista donnaiolo ossessionato soltanto dal sesso e dai piatti che è capace di preparare, Philppe Noiret viene trasformato in un ingenuo bambinone, pieno di ansie e con un vago senso del pudore che, almeno all’inizio, funziona da freno per poi lasciarsi andare a quell’inarrestabile follia. L’analisi di Maurizio Grande prosegue: «Questa volta viene veramente messo in discussione tutto, almeno a livello di una fenomenologia impressionante della decomposizione: il mondo che ci circonda, il mondo fenomenico, e il mondo costruito su di esso, il mondo dei valori e dei disvalori; e, infine – e definitivamente -, l’universo-cinema che si impone come totalità, ma anche come dimensione della potenzialità critica – come forma di penetrazione e di scandaglio – tra l’Io e il percorso obbligato del sistema in cui esso è inserito. […] È in discussione, in un modo o nell’altro, la sopravvivenza dell’’individuo’. Ma già questa radicale carica distruttrice portata alle estreme conseguenze nei confronti del microcosmo dell’individuo-uomo si affaccia in una miriade di relazioni speculari raccolte dalla macchina da presa, fedele registratore e gelido testimone, e si espande per proiettarsi ‘nella specie’ e garantire per il futuro la ‘progettazione utopica’ della distruzione o della decomposizione generale». In modo molto arguto l’autore prosegue che Ferreri con estrema lucidità, in questo suo archetipo stilistico, ci dice che è l’’intelletto’ che va a conquistare una sua ‘Terra Promessa’, laddove può germogliare la ‘verità’ «contro lo strapotere della ‘ragione’ della organizzazione concettuale, dell’astrattezza, della glacialità formale delle norme (culturali e materiali) che governano gli uomini; consentendo le cose più brutali dietro il mascheramento della ‘razionalità’ delle decisioni, della ‘inevitabilità’ delle scelte imposte, dietro il macabro gioco dei valori posticci distribuiti verticalmente, nelle classi sociali e nell’individuo stesso: l’anima (o lo spirito), l’intelletto, la razionalità, il corpo, la materialità dell’esistere, il dissolversi fenomenico della vita che pulsa in una ottusità continua. L’intelletto, nella visione di Ferreri, non può più stare al gioco e decide di distruggersi con calcolata freddezza, dando più spazio al corpo e portando un attacco frontale a se stesso, sconvolgendo l’ordine sociale, psichico, culturale ed economico con cui controllava anche il suo corpo (come materialità organizzata) per mantenersi in vita. […] Il corpo viene ‘usato’ e ‘consumato’ fino all’eccesso, opponendo materialità a materialità, corpi a ‘cose’ (cibo, donne e atti erotici), ordine a ordine (o disordine, se preferiamo); per toccare fino in fondo la materialità sconvolta e il fluire della decadenza dell’esistere corporale nel suo gonfiarsi, estendersi, ammalarsi irrimediabilmente». Un film grottescamente affascinante ma, allo stesso tempo, profondamente angosciante, con cibo, sesso e morte che si mescolano senza soluzione di continuità; Georges Bataille scriveva che «l’erotismo è l’approvazione della vita fin dentro la morte» (“L’erotismo”, 1972) e l’obbiettivo di Ferreri, di trasformare in riflessione la sgradevolezza che la visione del film inevitabilmente produce attraverso lo sguardo dello spettatore, viene raggiunto. Purtroppo però quella società dei consumi che il regista intendeva colpire è ancora in piedi, ed il messaggio ‘illuminato’ e ‘preveggente’ di Ferreri resta ancora attuale e irrisolto, se non addirittura accentuato. Ecco perché il recupero di un film come “La grande abbuffata” (opera che non lascia indifferente nessun tipo di spettatore e può essere visto come documento antropologico scevro da moralismi ed ideologie) da parte delle nuove generazioni sarebbe cosa degna e passaggio auspicabile; offrirebbe poi ai giovani appassionati di cinema odierni, ai ‘millennial’, una magnifica occasione per andarsi a recuperare l’intera filmografia (o una parte di questa, la più significativa) del regista milanese. Bellissima la colonna sonora, scritta da Philippe Sarde, e stupenda la fotografia, curata da Mario Vulpiani, con cui Ferreri aveva già lavorato per altri film.

TECNICA
L’edizione curata da CG Entertainment recupera la versione integrale originale del film di Marco Ferreri dopo che questo era stato a suo tempo pesantemente censurato nel nostro paese, con il taglio di molte scene. Ancora più decisa è stata la riduzione per la pubblicazione in VHS e DVD: di oltre 15 minuti della pellicola. Tra le scene mancanti erano fondamentali quelle con Ugo che ha un rapporto sessuale con Andrea mentre prepara una torta, che lui chiamerà ‘torta Andrea’, copulando proprio con lei in mezzo all’impasto, con Marcello che ha un rapporto sessuale a letto con Andrea, nel momento in cui deciderà di abbandonare la villa (i baci espliciti alla francese sono stati allora tagliati), Ugo e Philippe che adagiano il cadavere di Marcello nella cella frigorifera. Con il supporto di General Video, la CG Entertainment ha potuto accedere al master HD della versione integrale de “La Grande Abbuffata” e ha finalmente pubblicato il film in alta definizione Blu-Ray in una impagabile versione ‘uncut’ con tanto di booklet con saggio di approfondimento inedito, Artwork originale per la slipcase esterna di cartone e Artwork Amaray interno personalizzato da una vignetta d’epoca. L’edizione Speciale, in commercio accanto a quella standard, è in ‘Limited Edition’ di 500 copie. Il film è stato girato su pellicola, l’aspect-ratio proposto è quello originario in 1.66:1 (1920 x 1080/24p e codifica AVC/MPEG-4 su BD-50). “La grande abbuffata” era stato restaurato nel 2013 dal negativo tramite scan 2K in una versione integrale (che è quella qui ora disponibile e che non è la stessa vista nei circuiti cinematografici italiani dell’epoca) e presentato con grande enfasi al Festival di Cannes. I titoli di testa e coda sono in francese. La qualità delle immagini è ottima, con neri solidi e convincenti, dettaglio incisivo, risalto degli elementi in background e ricchezza cromatica. Il comparto Audio – originariamente Mono – viene qui riproposto con traccia (sia italiana che francese) DTS-HD Master Audio 2.0 dual mono (16 bit), corredati da due alternativi Dolby Digital 2.0 (224 kbps), e di certo non può fare miracoli, lasciando evidenti segni degli anni trascorsi. Tra gli Extra interessante featurette di 30 minuti con la presenza di Ricky Tognazzi a ricordare la passione del padre per il cucinare, l’incontro e l’amicizia con Marco Ferreri.

 

(Luigi Lozzi)                                                      © RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

 

 

 

 

 

 


(immagini per cortese concessione della General Video/CG Entertainment)

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE TECNICHE
Il Film

LA GRANDE ABBUFFATA 

(La grande abbuffata/La grande bouffe)
Italia/Francia, 1973, 130’
Regia: Marco Ferreri
Cast: Ugo Tognazzi, Michel Piccoli, Marcello Mastroianni, Philippe Noiret, Andréa Ferréol, Solange Blondeau, Giuseppe Maffioli, Monique Chaumette, Florence Giorgetti, Bernard Menez, Louis Navarre, Rita Sherrer, Michèle Alexandre, Cordélia Piccoli, James Campbell, Patricia Milochevitch, Henri Piccoli, Mario Vulpiani, Gérard Boucaron, Margaret Honeywell, Annette Carducci, Eva Simonet.

 

Informazioni tecniche del Blu-Ray

Aspect ratio: 1.66:1 1920x1080p (AVC MPEG-4)

Audio: Italiano, originale DTS HD Master Audio 2.0 / Italiano, Originale Dolby Digital 2.0
Distributore: General Video/CG Entertainment

 

 

 

 

 

Per acquistare la ‘Limited Edition’ de “La Grande Abbuffata”

Consulta la pagina ufficiale del distributore