Cinema

L’EVOCAZIONE – THE CONJURING di James Wan

 

 

RITORNO AL PASSATO

 

Ecco configurarsi un segnale ben preciso nello status consolidato, e nelle convenzioni, del cinema horror (o Fantasy Paranormale che dir si voglia, sulle presenze impalpabili ed inquietanti) e sembra indicarci che un mutamento di rotta è in atto.

 

Il soggetto de “L’evocazione – The Conjuring” ruota intorno al tema più che abusato delle case stregate e racconta la vicenda autentica, risalente al 1971, della famiglia Perron che dopo aver preso dimora in una casa di campagna del Rhode Island si rende conto che questa è infestata dalla presenza dello spirito di una strega. Quando vediamo arrivare nella nuova casa immersa nel verde, abbandonata e isolata in riva ad un laghetto, la solita nutrita (ben cinque figlie femmine) famigliola middle class americana – e per di più petulante e antipaticuccia di suo come da copione collaudato – non possiamo non esclamare “ah, rieccoci, ecco la solita storia di fantasmi che infestano una magione fatiscente e che scatenano le loro ire represse contro i nuovi arrivati giunti a turbare la loro atavica inquietudine, o al contrario manifestano il bisogno di attenzioni”. Porte che sbattono, quadri che cadono dalle pareti, armadi dalle ante cigolanti e quella solita cantina polverosa che nasconde qualche mistero e qualche presenza malefica: si coglie una palpabile sensazione di ‘dejà vù’ in un ambito in cui tutto sembra prefigurarsi come già visto e raccontato. Ci viene da pensare a “The Messengers” (2007) di Oxide Pang Chun e Danny Pang, a “The Hole” (2009) di Joe Dante, “The Skeleton Key” (2005) di Iain Softley, “Darkness” (2002) di Jaume Balaguerò, “Saint Ange” (2004) di Pascal Laugier, “Insidious” (2010) dello stesso James Wan, ma anche “I 13 spettri” (2001) di Steve Beck, “Amytiville Horror” (1979) di Stuart Rosenberg, “The Others” (2001) di Alejandro Amenàbar, i vari “The Grudge” e “Dark Water” tra Giappone e Stati Uniti, i vari “Paranormal Activity”, il primo “Poltergeist – Demoniache presenze” (1982) di Tobe Hooper, “1408” (2007) di Mikael Håfström, “Haunting – Presenze” (1999) di Jan De Bont; e, a questo punto, non si può non fare in conti, ovviamente, anche con la madre di tutti i film sugli esorcismi, “L’esorcista” (1973) di William Friedkin. Ci assale la convinzione (e lo sconforto) che tutto sia immutabile, ripetitivo e stereotipato, ma quello cui assistiamo nell’antefatto e soprattutto quello che il film ci riserva dopo sono di tutt’altra pasta, e veramente fanno percepire una piccola ‘meraviglia’: è terrore autentico fatto di paura che si avverte lungo la schiena e non di effettacci a orologeria o situazioni splatter distribuite in quantità industriale. Anche due mani che battono il tempo sono sufficienti a suscitare paura e tensione; dipende dal contesto in cui lo fanno. Nella nuova casa in cui si trasferisce la numerosa famiglia Perron si verificano ben presto strane apparizioni e si avvertono rumori inquietanti e sinistri fino al precipitare della situazione per alcune presenze di natura paranormale che convincono gli inquilini a rivolgersi a Lorraine e Ed Warren, due stimati professionisti e ‘cacciatori’ di presenze demoniache… Non è casuale che l’ambientazione del film – che pur dichiaratamente si rifà a fatti realmente accaduti, e quindi temporalmente attinente con quanto voluto dai realizzatori – sia rinviata indietro agli anni Settanta, quasi a voler compiere una scelta significativa nel saltare a piè pari quegli anni Ottanta che di fatto hanno sancito il sostanziale cambiamento del cinema horror moderno che, salvo pochi mutamenti tematici, è ancora fortemente in auge ai giorni nostri. In questo ambito mi piace fare una considerazione estemporanea del tutto personale; nell’immagine della famigliola che si avvia verso una nuova (ignota?) vita, arrivando nella casa non si sa bene da dove, è insito un vecchio adagio della società americana: si l’America – ancor più in tempi di crisi economica come quelli che stiamo vivendo – continua a fondarsi sulla promessa di una ‘mobilità’ sostenibile, su quella capacità repentina che hanno gli americani di prendere ‘armi e bagagli’, azzerare tutto e mettersi in cammino per una nuova esistenza, un nuovo destino, lontani mille miglia dall’ultimo domicilio. Un’immagine che stride fortemente con la realtà narrata di quelle presenze malefiche imprigionate nell’angusto spazio di una casa abbandonata. È il complemento – direi -, o l’antitesi, de “La Casa” di Sam Raimi, uno dei film cult degli anni ’80, in cui già dal titolo si certifica la natura di una stabilità perigliosa che si consuma tra le mura domestiche. La concezione di paura varata dal regista parte da situazioni quanto mai classiche del genere, “The Conjuring” rimette in carreggiata i meccanismi di paura di un’altra epoca, in cui non erano predominanti gli effetti speciali e dove la licenziosità di mostrare il ‘non mostrabile’ non era ancora debordata. Nulla di particolarmente innovativo eppure, paradossalmente, tanta freschezza narrativa per un’opera indubbiamente interessante. “The Conjuring” è un film girato davvero bene, nel rispetto dei crismi del genere, la sceneggiatura, a dire il vero, qualche lacuna qua e là la mostra, in qualche passaggio di raccordo che non sempre appare chiarissimo, ma la si può perdonare senza problema alcuno perché è tutto il resto che ci appassiona a dovere. Quello che riesce a spaventare non sono i colpi a sorpresa ma la percezione sensoriale (cinematografica) di una possibile ‘presenza’; e noi spettatori ci ritroviamo lì a perlustrare gli angoli delle inquadrature alla ricerca di quello che ci aspettiamo emerga da un momento all’altro. Il 36-enne regista malese James Wan da tempo si è stabilito ad Hollywood dove si è assicurato una certa credibilità da quando ha diretto il primo film della saga di “Saw”; “Saw – L’enigmista” nel 2004, per l’esattezza, film che assieme a “Hostel” del 2005, avvio di un’altra trilogia di successo, ha sdoganato il sottogenere ‘torture porn’ dell’horror all’insegna del sadismo e della violenza più pronunciata. E nel frattempo Wan viene ulteriormente premiato dall’industria hollywoodiana per il suo talento, e gli è già stato affidato il prossimo capitolo di “Fast & Furious”, il settimo. In questo film – come detto precedentemente – adotta un registro espressivo in cui la paura e la sorpresa si mettono in moto in maniera per nulla artificiosa da atmosfere classiche, laddove la tensione sconfina nello spavento senza soluzione di continuità, ed il regista dimostra di conoscere bene i meccanismi che scatenano la paura, tale è la sua padronanza nel confezionare situazioni ad alto tasso thriller, e in più ci aggiunge qualcosa di suo: effetti in CGI ridotti a poche situazioni topiche, l’uso di una fotografia dai colori desaturati che proietta lo spettatore direttamente nei Settanta (quella “Time Of The Season” degli Zobies, e scritta da Roy Argent, in una delle scene iniziali fa il suo figurone), alcune ottime trovate descrittive ed un utilizzo sapiente della macchina da presa, con movimenti di camera davvero interessanti. Questo nonostante il film abbia molto in comune col precedente, “Insidious”. Davvero poco viene concesso alla raffigurazione delle diaboliche figure – e aggiungiamo: in realtà non è questa la parte più interessante del film – che appartengono maggiormente all’immaginario dei japan-horror che ad altro, con figure dal viso deformato (la Regan posseduta de “L’Esorcista”) e dai lunghi capelli che nascondono il viso (qualcosa che ci rimanda alla creatura di “The Ring”). Ma non sono loro a spaventare, lo ripetiamo, bensì le situazioni, non c’è la ricerca del colpo ad effetto – non ci sono scene raccapriccianti né spargimenti di sangue – ma la costruzione di quella tensione sana che dovrebbe (quasi) sempre condire l’intrattenimento cinematografico di genere. Nei panni dei due cacciatori di spettri troviamo Vera Farmiga e Patrick Wilson, che disegnano bene i caratteri dei loro personaggi realmente esistiti ed attivi dagli anni Cinquanta in poi, Ed e Lorraine Warren, una coppia borghese, studiosi di chiara fama e provata esperienza riconosciuti dalla chiesa, lui un esperto di presenze malefiche, lei una medium che ne avverte la presenza ed ha il ‘dono’ di vederli. Furono autori di libri e tennero numerose conferenze presso le università per raccontare la scientificità di certe loro esperienze con il paranormale (interessante la spiegazione didattica che danno dei tre stadi successivi di infestazione, oppressione e possessione), per nulla approssimativi nelle loro indagini; metodici e dotati di tecniche di registrazione e ripresa degli spiriti vintage che oggi farebbero certamente sorridere. La scena con gli uccelli è un evidente omaggio al capolavoro di Hitchcock e quella in cui la palla che cade lungo le scale nella cantina rimanda a quella analoga di “Changeling” (19799 di Peter Medak. Questo ‘giocare’ al vintage anni Settanta ci piace, guardate anche i costumi borghesi (così kitsch) che indossa la medium, e l’operazione sotto altri aspetti ci ricorda la felice riuscita di un thriller come “Zodiac” (2007) di David Fincher. Al momento in cui scrivo “The Conjuring” ha incassato al box office americano la cifra di poco più di 130 milioni di $ (e 65 nel resto del mondo), dopo cinque settimane di programmazione, a fronte di un budget produttivo di soli 20 milioni; e queste sono cifre significative che rendono merito alla bontà dell’operazione (il saldo tra costi e ricavi percentualmente assai alto) ancor più di quelle di blockbuster conclamati che riescono talvolta a malapena a rientrare dei soldi spesi o che devono attendere la pubblicazione per l’Home Video per far quadrare i bilanci tra entrate e uscite. Un risultato che dona ancora maggiore credito al suo regista James Wan.

 

(Luigi Lozzi)                                                © RIPRODUZIONE RISERVATA

 


(immagini per cortese concessione di New Line/Warner Bros. Pictures Italia)

 

L’evocazione – The Conjuring
(The Conjuring, Usa, 2013)
Regia: James Wan

Genere: Horror
Durata: 112’
Cast: Vera Farmiga, Joey King, Lili Taylor, Ron Livingston, Patrick Wilson, Mackenzie Foy, Steve Coulter, Hayley McFarland, John Brotherton, Shanley Caswell, Kyla Deaver, Shannon Kook, Sterling Jerins, Ashley White, Christy Johnson, Amy Tipton.
Sceneggiatura: Chad e Carey Hayes
Scenografia: Julie Berghoff
Produttori: Tony DeRosa Grunt, Peter Safran, Rob Cowan
Produttori esecutivi: Walter Hamada, Dave Neustadter
Fotografia: John R. Leonetti
Montaggio: Kirk Morri
Musiche: Joseph Bishara
Costumi: Kristin M. Burke
Casa di produzione: New Line Cinema
Distribuzione Italia: Warner Bros. Entertainment Italia
Uscita USA: 19 Luglio 2013
Data di uscita: 21 Agosto 2013