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JERRY LEWIS COLLECTION in DVD

 

 

 

Lo scorso 20 agosto, all’età di novantuno anni, è morto Jerry Lewis, al secolo Joseph Levitch, leggenda assoluta dello showbiz ‘Made in Usa”, tra i più grande del Novecento; non solo attore che con la sua verve ha influenzato generazioni di comici e intrattenitori, ma anche regista e cantante. Per onorare la sua figura Paramount/ Universal ha da pochissimo pubblicato un cofanetto con nove DVD, la “Jerry Lewis Collection”, che si presta quale ideale regalo da mettere sotto l’albero di Natale.

Jerry si è spento nella sua casa di Las Vegas al culmine di una lunga battaglia combattuta con una serie di malattie che lo hanno afflitto nel corso degli ultimi decenni. ‘Picchiatello’, ‘Jerryssimo’, sono solo alcuni degli appellativi con cui era conosciuto in tutto il mondo, ma ancor meglio sono stati la sua faccia di gomma dalle mille smorfie, i pasticci procurati in rapida successione, gli occhi storti e i movimenti slapstick ‘fuori sincrono’ del suo corpo ad averlo reso il beniamino di almeno tre generazioni di spettatori (cinematografici e televisivi); quelle movenze da scimmia che devono aver influenzato, e non poco, il nostro Adriano Celentano. La sua scatenata comicità clownesca, il miscuglio tra la tradizione comica americana e quella ebraica, quella sua maschera d’adulto rimasto bambino, la caratterizzazione dell’individuo perseguitato dalla sfortuna, l’istrionismo, sono stati un modello per tantissimi altri attori. Lewis era nato nel 1926 a Newark, New Jersey, da una famiglia ebrea ed avviato dai suoi genitori (Rhea e Danny Lewis) nel mondo dello spettacolo fin da quando aveva appena cinque anni. Una svolta nella sua carriera avvenne quando incontro un italo-americano, intrattenitore come lui, Dino Paul Crocetti (figlio di emigranti italiani, nato nell’Ohio nel 1917), meglio noto col nome di Dean Martin, il cantante confidenziale all’italiana celebre per la canzone “That’s amore”. I due diedero vita ad una coppia comica tra le più fortunate della storia del Cinema – come quelle arcinote formate da Stanlio e Ollio, Gianni e Pinotto, Matthau e Lemmon –, e top per la sua epoca, che raccolse successi al cinema e in televisione per sette anni (dal 1949 al 1956), ma protagonisti anche al cabaret, alla radio, nei teatri e nei night. Sedici i film girati insieme: Martin era complementare a Lewis; una coppia perfetta giocata sulla contrapposizione netta tra la tipica figura di belloccio intraprendente, sportivo, sornione e persuasivo ed il suo contraltare, l’individuo timido, impacciato e pieno di complessi, insomma irresistibili nella ‘Odd Couple’ che hanno formato. Indimenticabili sono rimasti film come “Il nipote picchiatello”, “Mezzogiorno di fifa”. Per tornare all’accoppiata comica di maggior successo degli anni Cinquanta, Lewis & Martin, ricordiamo che la loro affermazione presso il grande pubblico era cominciata in televisione, nel ’48, nella trasmissione “Toast on the Town” (dopo due anni di successi ottenuti nel giro dei teatri e dei night-club), subito bissata l’anno successivo da uno show tutto loro, il “Martin & Lewis Show”. Il passo dalla televisione al cinema è breve ed i due nei ’50 sono stati protagonisti insieme di sedici film. “Attente ai marinai!” (1951), di Hal Walker, è uno dei loro primi e più divertenti lavori insieme; vestono i panni di due marinai, uno ha fama di dongiovanni mentre l’altro, pur imbranatissimo, sarà scelto come giurato per premiare in un concorso la ‘bocca che bacia meglio’. Si evidenzia l’affiatamento raggiunto con il suo partner storico con il quale l’alchimia è perfetta nella complementarità dell’aspetto fisico e nella contrapposizione caratteriale: uno bruttino, maldestro e disadattato, a dar vita al personaggio del ‘picchiatello’, l’altro affascinante, sornione e rassicurante, e per di più dotato di una voce suadente da cantante ‘confidenziale’. C’è una sequenza di boxe e tra i ragazzi con i guantoni compare James Dean. “Mezzogiorno… di fifa” (1956), di Norman Taurog, il regista che ha valorizzato le potenzialità comiche di Jerry, è uno degli ultimi film insieme del duo. Parodia del western, vede Martin rimasto a difendere la fattoria nell’Ovest mentre Jerry è cresciuto a New York; quando torna a casa (delizioso nella versione originale a fare il verso a James Stewart), viene deriso ed umiliato, ma alla fine i cittadini lo eleggono sceriffo. Si divisero perché i loro continui litigi li portarono ad un clamoroso divorzio artistico. Martin proseguirà in una carriera di attore sempre più ricercato dai grandi registi mentre Jerry continuerà la strada intrapresa della comicità e della satira per altri 23 film (tra i quali ricordiamo “Il balio asciutto”, “Il cenerentolo”, “Dove vai sono guai”, “Pazzi, pupe e pillole”) fino agli anni Settanta; doppiato nel nostro paese prima da Carlo Romano e poi da Oreste Lionello. Recitando con tutto il suo corpo, e soprattutto con la mimica facciale, Jerry Lewis è stato attore riconoscibilissimo ma è stato anche regista assai apprezzato dalla critica (“Ragazzo tuttofare”, “L’idolo delle donne”, “Jerry otto e tre quarti”, “Le folli notti del dr. Jerryll”, “Scusi, dov’è il fronte?”, “7 magnifici Jerry”); quella francese in testa. Ed è qui che è emersa l’assoluta grandezza dell’artista, di colui che è riuscito nei suoi lavori a sperimentare una efficace satira della società americana adottando sovente una comicità surreale per bilanciare il dilagante isterismo della vita quotidiana. Utilizzando gli strumenti della risata e dell’ironia, La comicità di Jerry ha nel suo complesso una forte componente critica ed ha messo alla berlina i finti miti della cultura ‘a stelle e strisce’, tanto da meritare per questo l’attenzione degli appassionati cinefili. Ne “Il mattatore di Hollywood” (1961) combina guai negli studios della Paramount distruggendo tutto e lasciando tutti nel caos più completo mentre in “Jerry 8 e 3/4” (1964), che gioca (ma solo per la sua distribuzione in Italia) con il titolo del capolavoro di Fellini, definisce ancor meglio il personaggio frustrato e nevrotico, pervaso da una accentuata componente infantile che non accetta le leggi del mondo degli adulti; spaventato ed inerme dinanzi al sesso e al denaro, ovvero i due pilastri della società americana. La sua carriera artistica è andata avanti di pari passo con il suo impegno benefico (a favore della causa per la distrofia muscolare), e quest’ultimo poi ancora avanti pure quando la sua stella è tramontata e Lewis si è ritrovato clown triste, invecchiato e malato. Ricordiamo le interpretazioni da ‘canto del cigno’ di Jerry in “Re per una notte” di Martin Scorsese del 1983, accanto a Robert De Niro, e “Arizona Dream” di Emir Kusturika del 1993, assieme a Johnny Depp e Faye Dunaway. Jerry Lewis è stato sposato con la cantante Patti Palmer (1944) da cui ha avuto quattro figli, e con la ballerina SanDee Pitnick (1983), dalla quale ha avuto una figlia nel 1992. Si può dire senza timore d’essere smentiti che Jerry Lewis – Joseph Levitch il suo vero nome, ebreo del New Jersey, classe 1926 – è stato un grandissimo attore nato con il dono del far ridere.
Ora la Universal dedica all’attore il cofanetto “Jerry Lewis Collection” che si propone oltremodo interessante per gli appassionati del cinema comico.
Il delinquente delicato” (1956), di Don McGuire, è il primo film che Lewis gira dopo la fine del sodalizio con Dean Martin ed egli veste i panni di un adolescente avviato alla delinquenza nei bassifondi di una grande città parafrasando un celebre “Il delinquente del rock’n’roll” di Elvis Presley. Con “Il ragazzo tuttofare” (1960) Lewis passa per la prima volta dietro la macchina da presa ed inizia a dirigere se stesso; e subito ci troviamo dinanzi ad un capolavoro, ad uno dei migliori saggi di comicità della storia del cinema con una sequenza di impareggiabili gag, che l’attore dedica a quello che considera il suo maestro, Stan Laurel. E’ la storia di un cameriere di un grande albergo capace di compiere sconquassi inauditi dinanzi alle cose più semplici da fare, mentre invece, tra lo sbigottimento generale esegue alla perfezione i compiti impossibili che gli vengono assegnati. “Il balio asciutto” (1958), di Frank Tashlin, è il primo film interpretato senza l’amico Dean e comincia a germogliare la satira anti-hollywoodiana e contro la schiavitù dettata dalla televisione: Jerry è il fattorino di un negozio di televisori in un piccolo paese di provincia; una sua amica di infanzia è diventata una sexy-star di Hollywood e deve liberarsi di tre gemelli messi al mondo di nascosto e lui, da sempre segretamente innamorato della ragazza, accetta di trasformarsi in babysitter. Numerosi momenti divertenti con Jerry alle prese con un tirante mentre monta l’antenna oppure quando deve lottare con una pompa dell’acqua o quando è alle prese con i marmocchi. In “Il ponticello sul fiume dei guai” (1958), di Frank Tashlin, Jerry è un prestigiatore, inviato al fronte per divertire le truppe con il suo coniglio Harry, che adotta un orfano di guerra e si innamora di sua zia. Film non del tutto riuscito nonostante le ottime premesse (e il riferimento al film di David Lean del quale sono offerte alcune citazioni), davvero esilarante in un paio di situazioni e soprattutto nel surreale colloquio con un giapponese con il quale non riesce a comunicare nemmeno con… i sottotitoli. “Pazzi, pupe e pillole” (1964), regia di Frank Tashlin, è uno dei migliori film di Lewis diretto da altri con una inesauribile girandola di trovate e di gag assolutamente irresistibili. Tutti diretti dal regista-attore gli altri film che andiamo a celebrare. “Il cenerentolo” (1960), storia di un ragazzo bruttino che, per una notte, si trasforma in un irresistibile seduttore. “L’idolo delle donne” (1961) è un altro dei film considerati tra le sue opere maggiori; è la storia di uno scapolo timidissimo che viene rinchiuso in un pensionato femminile con le conseguenze che lascio a voi immaginare… L’esilarante “Le folli notti del dottor Jerryll” (1963), riadattamento parodistico del romanzo di Stevenson, è il capolavoro assoluto di Lewis che riesce a sintetizzare – nei due personaggi frutto dell’esperimento di sdoppiamento – i due estremi opposti dell’’American Way of Life’: il debole e fragile professore Kelp contraddistinto dall’infantilismo psicologico è un escluso tanto quanto il suo alter-ego, il presuntuoso e debordante Love. Entrambi soffrono di un’insanabile crisi di identità. Per la prima volta si assiste ad una logica narrativa ben definita e non ad una serie irregolare di gag che si sovrappongo l’uno sull’altro, ed ha permesso all’attore-regista quella riuscita riflessione sulle convenzioni dell”American Way of Life’. La materia è quella eterna del ‘doppio’ come ampiamente suggerisce il parodistico titolo adottato all’epoca in Italia. L’alter-ego del professore è Buddy Love, risultato di un esperimento dopo che egli ha ingurgitato una pozione misteriosa. Bello, affascinante, aggressivo e sicuro del fatto suo, l’esatto contrario dell’imbranato Kelp, conquista la deliziosa Stella Stevens per la quale il professore ha un’inconfessata debolezza. “Molta gente non se ne rende conto – ebbe a dichiarare Lewis – ma tutti abbiamo un lato buono ed uno cattivo! Se non sbaglio è stato Shakespeare a dire che la nostra debolezza è anche la nostra forza”. Si affrontano temi significativi con la leggerezza del tocco di Lewis ed anche i tre finali confermano il carattere di gioco del suo cinema. Il titolo originale è “The Nutty Professor“. Che è lo stesso titolo pilota dei due remake (“Il professore matto” in italiano, uno nel 1996 e uno nel 2000) che Eddie Murphy ha dedicato al film del 1963 interpretato e diretto da Jerry Lewis nei panni del professore. Ne “I sette magnifici Jerry” (1965), da lui stesso diretto, Jerry Lewis, interpreta sette diversi personaggi che mettono in risalto la sua poliedricità. Questo cofanetto si pone l’obbiettivo di sottolineare ancora una volta la grandezza di un autore ed interprete un pò ‘dimenticato’ nel gioco delle rivalutazioni ‘alla moda’.

 

(Luigi Lozzi)                                                © RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 


(immagini per cortese concessione della Paramount/Universal Pictures)