Cinema

ENNIO MORRICONE: INTRAMONTABILE

In memoria di Ennio Morricone, scomparso ieri 6 luglio, all’età di 91 anni, riproponiamo un articolo scritto nel 2013 su queste pagine.

 

 

Ha quasi 85 anni (che festeggerà il prossimo 10 novembre) e nessuna voglia di andare in pensione; ma ha diradato di molto il suo impegno nel campo delle colonne sonore per concentrarsi su un’acclamatissima attività concertistica in giro per il mondo che da alcuni anni serve, una volta di più, a ribadire a tutti l’assoluto e inequivocabile alone di grandezza che circonda il suo talento e a lui, Ennio Morricone, di raccogliere l’entusiasmo ed il rispetto di una platea che, dall’epoca dei Western Spaghetti di Sergio Leone, nei Sessanta, lo ha elevato, tout-court, a figura di Culto.

 

Ogni concerto – che si tenga a Verona o Londra, a New York o Pechino o San Pietroburgo – si trasforma in un evento che celebra la storia della sua musica, ogni sua esibizione si chiude immancabilmente con una interminabile ‘standing ovation’. «Queste manifestazioni di affetto e di apprezzamento per il mio lavoro mi commuovono – ha dichiarato Ennio Morricone -, non sono in grado di trovare le parole più adatte perché non sono un poeta delle parole, forse sono un poeta dei suoni». Dietro un’apparente ritrosia, quasi scontrosità, l’uomo nasconde una grande timidezza, è sempre molto 

esigenze e completamente concentrato sul suo lavoro, sul suo continuo impegno professionale. Morricone è il decano tra i compositori di musica per il cinema assieme a John Williams, che è di poco più di tre anni più giovane ma non meno attivo e creativo (Ennio è nato a Roma il 10 novembre 1928 mentre John è nato nei Queens, New York, l’8 febbraio 1932). Il Maestro continua incessantemente a scrivere musica che, se non è per il Cinema (ha scritto circa 500 partiture), è sinfonica, da camera, orchestrale, totale. Ci tiene moltissimo ad essere riconosciuto come compositore di musica colta, ‘assoluta’, e non essere semplicemente associato all’indimenticabile stagione del Western all’Italiana che gli ha donato fama internazionale in virtù di musiche invero strepitose. Infatti afferma: «Sono molto conosciuto per i film western è vero, e questo in parte mi sorprende, perché in realtà, nella mia produzione, i western hanno rappresentato solo una piccola parte. Penso che ci sia una effettiva carenza d’informazione intorno al mio lavoro perché non ho scritto solo musica per il Cinema, ma anche musica ‘assoluta’, per non dire colta, seria». Ma è indubbio che il suo nome è ovviamente legato soprattutto ai tanti film per i quali ha scritto melodie indimenticabili. Ed in primis quelle per i Western Spaghetti; il fenomeno dei Western all’Italiana scoppiò improvvisamente per merito di Sergio Leone con il film “Per un pugno di dollari” che ebbe un immediato enorme successo. Con Leone Morricone ha instaurato uno dei sodalizi artistici più significativi di tutta la storia del Cinema, come quelli fra Bernard Herrmann e Hitchcock, Nino Rota e Federico Fellini. «Morricone è il miglior sceneggiatore dei miei film», dichiarava Sergio, sottolineando in questo modo quanto le musiche di Ennio caratterizzassero significativamente il suo Cinema. È fuor di dubbio che i film di Sergio Leone non avrebbero avuto in tutto il mondo quella ‘forza’ debordante che li ha contraddistinti se non ci fossero state le musiche di Morricone a corredo. Il contraltare è spiegato dallo stesso compositore: «Leone è stato importante per me; ha realizzato quello che altri registi non sempre sono riusciti a fare. Sebbene per pura intuizione, e non per scienza, Sergio è riuscito a rispettare la temporalità della musica. Cinema e musica hanno questo elemento fondamentale in comune, la temporalità, il tempo. Se un regista forza la temporalità della musica, il matrimonio cinema-musica non avviene. Leone ha adattato alla perfezione la temporalità musicale alla temporalità delle immagini, lasciando che la musica sviluppasse i suoi tempi, che erano poi anche i tempi dei suoi film». E di suo Ennio vi ha aggiunto un commento musicale inconfondibile, riconoscibilissimo. Nelle colonne sonore dei film di Leone c’è sempre stato spazio, oltre a strumenti popolari quali l’armonica o il flauto di Pan, anche per i rumori, per il recupero di suoni extra-musicali (si pensi ai primi venti minuti di “C’era una volta il West”, privi di dialogo e di musica e nei quali i rumori d’ambiente da soli riescono a dare spessore drammatico al film oppure a “Il Buono, il Brutto e il Cattivo” con il tema nato da un’imitazione del verso del coyote), e in questo Morricone è stato valido interprete delle esigenze del regista. Per “Per un pugno di dollari” (1964), mentre Leone usava lo pseudonimo (americaneggiante) di Bob Robertson (che vale come ‘figlio di Roberto Roberti’, nome d’arte del padre),  Ennio utilizzava quello di Dan Savio, ma dopo il successo del film entrambi rientravano in possesso del loro vero nome per avviarsi a diventare stelle di prima grandezza del Cinema e delle Musiche da Film del mondo. Dell’amicizia con Sergio, iniziata sui banchi di scuola, Morricone ha precisato: «Con Sergio eravamo compagni in terza elementare frequentavamo la scuola dei Fratelli Cristiani». A proposito di “Per un pugno di dollari” ricorda poi: «Sergio si era affezionato al tema “Deguello” (il motivo di Dimitri Tiomkin reso celebre dal film “La battaglia di Alamo” del 1960 e precedentemente utilizzato dallo stesso compositore l’anno prima in “Un dollaro d’onore”; N.d.R.), e lo voleva nel suo film, oppure chiedeva qualcosa di simile, per la scena della resa dei conti finale tra Clint Eastwood e Gian Maria Volontè. A me che già da allora non piaceva affatto imitare o scopiazzare non sembrò una grande idea e gli dissi di cercarsi un altro per le musiche del suo film. Leone insistette perché io realizzassi qualcosa di simile ed io pur di non deluderlo gli proposi un tema che avevo scritto per la televisione; si trattava di una ninna nanna che gli piacque così tanto da diventare uno dei temi portanti del film assieme ad un altro, quello del fischio che fu eseguito da Alessandroni». Compositore magistrale, sempre abile nell’intrecciare alchimie sonore ricche di suggestioni e capaci di influenzare almeno un paio di generazioni di musicisti, artisti e registi cinematografici: dai Clash, che negli anni Ottanta aprivano i propri concerti sulle note del Morricone Western, a Bruce Springsteen, che ha fatto cose analoghe, a Quentin Tarantino, a decine e decine di suoi emuli sia ad Occidente che ad Oriente. I temi musicali di Morricone posseggono una forza evocativa che trascende il ‘significato’ cinematografico e restano indelebilmente impressi nella memoria. Le suggestive note del flauto di Pan in C’era una volta in America” o in “The Mission” hanno la capacità di sprigionare tutto il loro irresistibile fascino anche al di fuori del contesto puramente cinematografico. Il 25 febbraio 2007, dopo 5 Nomination senza vittoria (ottenute per “I giorni del cielo”, (1979, di Terrence Malick, “Mission”, 1986, di Roland Joffè, “Gli Intoccabili”, 1987, di Brian De Palma, “Bugsy“, 1992, di Barry Levinson, “Maléna”, 2001, di Giuseppe Tornatore), gli è stato attribuito un Oscar alla Carriera: «L’Academy vuole in questo modo riconoscere non soltanto l’importante numero di colonne sonore composte da Morricone ma anche il fatto che molte di queste sono amatissimi e popolari capolavori» ha dichiarato per l’occasione Sid Ganis, presidente della Academy of Motion Picture Arts and Sciences. Inoltre il Maestro si è aggiudicato poi un Grammy Award, un Golden Globe, 6 David di Donatello, 8 Nastri d’Argento, e in carriera ha ottenuto ben 26 Dischi d’Oro e 5 Dischi di Platino. Pochi anni fa il quotidiano britannico “Times” ha celebrato il ‘peso’ della sua bravura con un articolo cui è seguita una lista ragionata delle 20 migliori colonne sonore della storia del cinema, nella quale il Maestro ha avuto una posizione di riguardo. “Il buono, il brutto e il cattivo” (1966) si è piazzato al 4° posto in questa classifica speciale dietro “Lawrence d’Arabia” (Maurice Jarre, 1962), “Il terzo uomo” (Anton Karas, 1949) e “I magnifici sette” (Elmer Bernstein, 1960), ma prima di “Casablanca” (Max Steiner, 1942). Inoltre “Nuovo Cinema Paradiso” e “Per un pugno di dollari”, due altri capolavori di Morricone, hanno ottenuto una menzione speciale da parte del “Times”. Per la cronaca, nella Top Ten troviamo pure “Al servizio segreto di Sua Maestà” (Barry John, 1969),  “Shaft il detective” (Isaac Hayes, 1971); “Ispettore Callaghan, il Caso Scorpio è tuo!” (Lalo Schifrin, 1972); “The Harder They Come” (Jimmy Cliff, 1972) e in decima posizione “Taxi Driver” (Bernard Herrmann, 1975); e a seguire “La febbre del sabato sera” (Bee Gees, 1977), “Star Wars” (John Williams, 1977), “Fuga di mezzanotte” (Giorgio Moroder, 1978), “Blade Runner” (Vangelis, 1982), “Koyaanisqatsi” (Philip Glass, 1982), “Purple Rain” (Prince e The Revolution, 1984), “Paris, Texas” (Ry Cooder, 1984), “American Beauty” (Thomas Newman, 1999), “The Piano” (Michael Nyman, 1993) e in ventesima posizione “L’ultima tentazione di Cristo” (Peter Gabriel, 1988). Non una classifica impeccabile ci sembra, in cui le ‘assenze’ sono assai più numerose delle ‘presenze’ ma che, nella sua varietà e (apparente) disomogeneità, rende bene la misura del ‘peso’ di Morricone in un ambito ben più ampio del tradizionale approccio musicale con il cinema, laddove si è dimostrato autore di talento, versatile e d’avanguardia. Il contributo di Morricone alla causa delle Musiche per il Cinema ovviamente non si ferma a Leone, la sua filmografia è davvero considerevole e contempla tra gli altri “I pugni in tasca” di Marco Bellocchio (ma anche “La Cina è vicina”), numerosi lavori di Pier Paolo Pasolini, i primi gialli di Dario Argento, molti horror, thriller e polizieschi all’Italiana, molti film di Elio Petri (tra cui “Indagine di un cittadino al di sopra di ogni sospetto”), molti di Giuseppe Patroni Griffi, “Novecento” di Bernardo Bertolucci (ma anche “Prima della rivoluzione”, “Partner”, “La tragedia di un uomo ridicolo”, “La luna”), “La battaglia di Algeri” e “Queimada” di Gillo Pontecorvo, tutti i film (tranne uno) di Giuseppe Tornatore, “Sacco e Vanzetti” di Giuliano Montaldo (ma anche “Giordano Bruno”, “Got Mit Uns”, “L’Agnese va a morire”, “Marco Polo” ed altri), nel quale è contenuta una stupenda ballata cantata da Joan Baez, scritta da Morricone, “La cosa” di John Carpenter, “Frantic” di Roman Polanski, “Il Clan dei Siciliani” di Henry Verneuil, “Lolita” di Adrian Lyne, “U-Turn” di Oliver Stone, ha composto per Paolo e Vittorio Taviani (“Allonsanfan”, “Il prato”), Lina Wertmuller (“I basilischi”, “Ninfa plebea”), Mario Bolognini (“L’assoluto naturale”, “Metello”, “Fatti di gente perbene”, “Per le antiche scale” e tanti altri). Di recente ha composto “Ancora qui”, brano inedito interpretato da Elisa ed inserito nella colonna sonora di “Django Unchained”, il film che Quentin Tarantino ha realizzato come omaggio agli Spaghetti Western ed alle musiche di Morricone in particolare, visto che altri brani del compositore romano trovano spazio nel soundtrack.
In occasione di un’intervista concessa ad alcuni colleghi Morricone chiariva tempo fa, in modo esemplare, il suo pensiero circa l’odierna realtà delle musiche da film troppo sbilanciate in favore dell’utilizzo dell’elettronica: «A mio modo di vedere ravviso un grosso pericolo che viene determinato dall’uso degli strumenti elettronici, i sintetizzatori, perché offrono la possibilità a chi vi si cimenta d’illudersi d’essere grandi compositori senza aver fatto realmente studi seri. Perché penso che se non si ha la tecnica, non si riuscirà mai a tradurre un’idea sul pentagramma, si scriverà sempre qualcosa di già ascoltato. Personalmente il mio consiglio indirizzato ai giovani che intendono scrivere per il cinema è di studiare la musica e la storia della composizione musicale, dai primi secoli della polifonia sino a oggi, e poi di liberarsi, in senso positivo, del bagaglio acquisito: tutto ciò servirà a diventare se stessi». Alla domanda se ci fossero alcune regole sacre da rispettare e qualità da possedere quando ci si accinge a scrivere Musica per il Cinema il Maestro rispondeva: «La prima è non considerare la musica soltanto un sottofondo a quello che si svolge sullo schermo, ma accompagnare gli stati d’animo, spesso stimolarli: la paura, l’orrore, la passione, la nostalgia, la ribellione. Se si entra nella storia con attenzione e semplicità non è difficile, poi bisogna tenere conto della forza delle immagini, dell’impatto degli attori. Ed è essenziale il rispetto del silenzio, che a volte l’evento sullo schermo impone. Altrettanto importante è l’apertura verso ogni genere, non disdegnare il rock, il pop, la musica cosiddetta leggera se è funzionale alla storia». C’è un curioso aneddoto a proposito delle riprese di “C’era una volta in America”, raccontato da Robert De Niro: «C’era una scena di grande tensione dove il personaggio da me interpretato ritrovava l’amico e rivale James Wood che lo stava soppiantando nella guida della gang. C’erano le donne attorno, gli amici. Tutti si aspettavano un’esplosione d’ira e di violenza. Io cominciai a girare un cucchiaino nella tazzina del caffè ma mentre ripetevo quel gesto vidi Leone, dietro la cinepresa, che mi faceva segno di non fermarmi. Aveva percepito prima degli altri che quello stridere del cucchiaino nella tazzina creava un’atmosfera tesa, carica di rabbia, che non si sarebbe potuta rendere in nessun altro modo. E’ diventata una delle scene cult di un film che pure ha una delle più belle colonne sonore del secolo». Importante poi la testimonianza dello stesso Sergio Leone al riguardo del peso avuto da Ennio Morricone nel successo dei suoi film western: «Rinunciai subito ai rimasticamenti più o meno felici delle solite leggende pseudo-storiche sullo OK Corral, Doc Holliday e gli altri gentiluomini dell’epoca. Impostai il western come una parabola, intesa a trasmettere un messaggio moderno con una veste di ritualità coreografica, a cui solo una musica tagliata su misura poteva dare tempi e ritmi giusti. E “Per un pugno di dollari” fu la prima timida fase dell’esperimento che io ed Ennio conducemmo. In “Per qualche dollaro in più”, e ancora meglio ne “Il buono, il brutto e il cattivo”, già si vede perfettamente delineata la chiave interpretativa di Ennio Morricone. Direi che mai nel western si è sentita una maggiore varietà di temi e di ritmi; con l’assoluta assenza dei monotoni ‘accompagnamenti’ di prammatica. Non c’è intervento musicale che non abbia un suo significato preciso nel quadro della storia e degli avvenimenti. Dalle centinaia di imitazioni propinateci in seguito, direi che Ennio ed io avevamo ragione. Libertà assoluta nella ricerca dei temi; tempi e ritmi da grande parabola verista. Abbandonata ogni velleità di pseudo-storicismo, Ennio si è dedicato in terra nuova ancora inesplorata dalla colonna sonora dei western. In un campo ancora dominata dal tradizionalismo ha avuto l’audacia di inventare suoni naturali, voci di uccelli e di bestie. Ma dove – a mio avviso – ha superato se se stesso, è in “C’era una volta il West”, in cui la profondità lirica dei temi, le impennate di umorismo e poi di tragedia impongono una riconsiderazione della “musica da film” e una sua riclassificazione fra gli esercizi più impegnativi che un grande compositore può affrontare. “Giù la testa” va visto a parte. Non è un vero e proprio western, salvo che per la sua impostazione iniziale. È un mio tentativo di ricerca più svincolata. E più svincolata è anche la musica di Ennio. Qualcuno ha paragonato i miei film western al melodramma. Io preferirei essere considerato soltanto un modesto cantastorie. Ma se questo paragone si ispira all’importanza che la musica riveste nei miei film, allora me ne sento lusingato. Nei miei film, c’è poco – pochissimo dialogo -; io ho sempre desiderato che fosse lo spettatore a creare il dialogo dentro di sè mentre contempla i movimenti lenti e rituali degli eroi del West, le montagne e le praterie sterminate. In questo senso, direi che, se è vero che ho creato un nuovo tipo western, inventando personaggi picareschi in situazione da epopea e nuovi personaggi, è stata la musica di Ennio Morricone a farli parlare» (Sergio Leone)

 

Biografia
Ennio Morricone è nato a Roma il 10 novembre 1928. La musica entra nella sua adolescenza perché il padre suona la tromba con risultati apprezzabili tra jazz e musica sinfonica, ed è proprio questi ad insistere perché Ennio si dedichi allo studio dello strumento. Ma è un altro l’incontro fondamentale;  quando ha 17 anni frequenta un corso di armonia con il direttore d’orchestra Roberto Caggiano, che rimane molto colpito dalla sua facilità di apprendimento tanto da consigliargli calorosamente di dedicarsi allo studio della composizione. Così si diploma a Santa Cecilia in tromba a 18 anni, e a 26 in composizione (sotto la guida di Goffredo Petrassi, uno dei grandi compositori del ‘900 italiano), completa poi la sua formazione musicale seguendo i corsi di Luigi Nono e di John Cage. Ma prima di approdare con profitto alla carriera di compositore per il Cinema (iniziata con “Il federale” di Luciano Salce nel 1961) Morricone ha prestato la sua opera di arrangiatore per la RCA italiana, negli studi di Via Tiburtina, rivestendo di magistrali trovate e di reef le canzoni di musica leggera del grande boom dei primi anni Sessanta interpretate dai vari Gianni Morandi, Gino Paoli, Luigi Tenco, Edoardo Vianello, Dalida, Paul Anka, Miranda Martino, Gianni Meccia. Andate pure a riascoltarvi i pezzi dell’epoca e vi renderete conto di quanto sia pregevole il contributo di Morricone. E poi è arrivato “Per un pugno di dollari”, e successivamente la notorietà internazionale datata 1968 per via dell’indimenticabile colonna sonora di “C’era una volta il West”…

 

(Luigi Lozzi)                                                © RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

FRASI:
«Sono molto conosciuto per i film western è vero, ma nella mia produzione i western hanno rappresentato solo una piccola parte. Ho scritto anche musica ‘assoluta’, per non dire colta, seria»

«La prima volta che vidi il film a Londra lo rifiutai. Era troppo bello così, ero commosso e temevo di rovinarlo». —- a proposito di “Mission” di Roland Joffé.

«De Palma voleva un tema per la polizia che trionfa. Gli mandai nove brani e lui riuscì a scegliere l’unico che non mi piaceva. Da allora prima di mandare musica ai registi faccio scegliere a mia moglie». —- a proposito de “Gli intoccabili” di Brian De Palma

 

Per la cronaca sono numerosissime le colonne sonore composte da Ennio Morricone che trovano spazio sul mercato, e l’etichetta romana GDM Music è la casa che ha in catalogo il più alto numero di lavori del Maestro.

 

I Soundtrack: una selezione dei CD

Le monachine, 1963, Luciano Salce (GDM Music)
Per un pugno di dollari, 1964, Sergio Leone (GDM Music)
Svegliati e uccidi, 1966, Carlo Lizzani (GDM Music)
Da uomo a uomo, 1967, Giulio Petroni (GDM Music)
C’era una volta il West (Once Upon A Time in the West), 1968, Sergio Leone (GDM Music)
Queimada, 1969, Gillo Pontecorvo (GDM Music)
Città Violenta, 1970, Sergio Sollima (GDM Music)
Sacco e Vanzetti, 1971, Giulio Montaldo (GDM Music)
Il gatto a nove code, 1971, Dario Argento (GDM Music)
Veruschka – Poesia di una donna, 1971, Franco Rubartelli (GDM Music)
Incontro, 1971, Piero Schivazappa (GDM Music)
Gli occhi freddi della paura, 1971, Enzo G. Castellari (GDM Music)
Barbablù (Bluebeard), 1972, Edward Dmytryk (GDM Music)
Il diavolo nel cervello, 1972, Sergio Sollima (GDM Music)
Il mio nome è Nessuno, 1973, Tonino Valerii (GDM Music)
La cugina, 1974, Aldo Lado (GDM Music)
Novecento, 1976, Bernardo Bertolucci (GDM Music)
Il deserto dei Tartari, 1976, Valerio Zurlini (GDM Music)
La banchiera, 1980, Francis Girod (GDM Music)
La disubbidienza, 1981, Aldo Lado (GDM Music)
Dimenticare Palermo, 1990, Francesco Rosi (GDM Music)
Viaggio nel terrore – L’Achille Lauro, 1990, Alberto Negrin (GDM Music)
La notte e il momento, 1995, Anna Maria Tatò (GDM Music)
La migliore offerta – The Best Offer, 2013, Giuseppe Tornatore (Warner Music)

 

Antologie:
Here’s To You – aa.vv. (Sony Music)
Gold Edition – 50 Movie Themes Hits – Ennio Morricone (GDM Music)
Le musiche di Morricone per Tornatore – Ennio Morricone (GDM Music)