END OF THE WORLD degli Aphrodite’s Child
ARTISTA: Aphrodite’s Child
TITOLO: End Of The World
ETICHETTA: Esoteric Records/Audioglobe
ANNO: 2011
Era l’ottobre del ‘68 quando a Bandiera Gialla, la trasmissione radiofonica settimanale condotta da Gianni Boncompagni in cui si confrontavano in una gara ad eliminazione le novità a 45giri, si consumava un sorprendente ribaltone con i favoritissimi Beatles (con ”Hey Jude”) surclassati da uno sconosciuto gruppo greco, il trio degli Aphrodite’s Child. “Rain and Tears”, la canzone che li lanciò, sulla scia di quanto fatto dai Procol Harum con “A Whiter Shade Of Pale”, era l’adattamento in chiave pop del celebre Canone in re maggiore del Seicento dell’abate Johann Pachelbel. Era l’inizio di un’avventura breve e folgorante sulla scena musicale internazionale, durata l’arco di un triennio, ma una fortuna di culto protrattasi fino ai giorni nostri senza soluzione di continuità. In quel fine di 1968 veniva pubblicato il disco d’esordio che prendeva il titolo dal loro secondo singolo di successo, “End Of The World”. Una curiosità che sono in pochi a conoscere è quella relativa ad una loro possibile partecipazione al Festival di Sanremo nel febbraio ’69 (quello con Lucio Battisti e Wilson Pickett con “L’avventura”, Gabriella Ferri e Stevie Wonder con “Se tu ragazzo mio”, le Sweet Inspirations con “Baci, Baci, Baci” in coppia con Wilma Goich, i Casuals di “Alla fine della strada”, Little Tony di “Bada bambina”, Brenton Wood di “Il treno”) per il quale incisero due brani, “Lontano dagli occhi” che avrebbero dovuto cantare assieme all’autore del brano Sergio Endrigo, poi affidato invece alla pupilla di Paul McCartney, Mary Hopkin, e “Quando l’amore diventa poesia” (Massimo Ranieri e Orietta Berti gli interpreti finali).
Il loro primo album si rivela oggi all’ascolto come un lavoro di Progressive sperimentale, più di quanto non sia apparso all’epoca della sua pubblicazione per via della presenza dei due hit-single in esso contenuti (“Rain and Tears” e “End Of The World”). Ad emergere con solidità pure un certo blend di Psychedelia e radici etniche (greche), che si manifestarono assai prima che la World Music si imponesse alla generale attenzione. “End Of The World” è un pezzo affascinate e sofisticatissimo, con un arrangiamento incantevole e rarefatto, quasi naive, condotto su atmosfere classicheggianti dalle tastiere di Vangelis Papathanassiou e con la particolarissima vocalità di Demis Roussos (accanto ai due leader Lucas Sideras alle percussioni). Oggi a intrigare sono soprattutto pezzi come “The Grass Is No Green”, dalla forte componente etnica, “The Valley Of Sadness”, che sembra uscito dalla British Invasion dei ’60, “Mr. Thomas” che è una sorta di tarantella, “The Shepherd And The Moon”, che riprende il folklore greco, “You Always Stand in My Way”, quasi un hard-rock con ritmiche post-beat, supportato da una magnifica performance vocale di Roussos, o “Day Of The Fool”, pezzo Avant Garde e Prog melodico che chiude l’album. Dal 1971 Demis e Vangelis divisero le loro strade ed ognuno seguì il proprio destino solista, il primo come interprete pop di largo consumo, nonostante il bellissimo “On The Greek Side Of My Mind”, il secondo come compositore di colonne sonore (ricorderete “Blade Runner” nell’82) e di musica elettronica tout-court. Nove brani in tutto di cui 5 inediti oltre alle facciate A e B dei due singoli conosciutissimi, più 2 bonus-track (“Plastics Nevermore” e “The Other People”) con entrambi i brani del loro primissimo e semisconosciuto singolo.
(Luigi Lozzi) © RIPRODUZIONE RISERVATA