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DIARIO INCONSAPEVOLE di Giuseppe Tornatore

 

 

 

 

 

Nell’immaginario cinematografico di un certo pubblico, quello che ha maturato negli anni una lunga frequentazione delle sale cinematografiche, accade di frequente di ritornare ai ‘luoghi’ dell’infanzia e, tra ricordi ed emozioni e suggestioni forse sopite, fare a ritroso il cammino percorso da Giuseppe Tornatore nel suo capolavoro “Nuovo Cinema Paradiso”, Premio Oscar al Miglior Film Straniero nel 1990.


Ecco un libro capace di far riaffiorare alla superficie della memoria una stagione per molti versi ‘lontana’, di scaldare il cuore dei cinefili e suscitare la nostalgia, strappare un tenero sorriso in quanti del Cinema hanno una visione ‘romantica’ (in un’accezione, direi, quasi foscoliana), rimasti legati sostanzialmente ad una fruizione d’altri tempi, eppur capaci di guardare avanti, all’evoluzione tout-court di questa magnifica Settima Arte. “Diario Inconsapevole” (edito da HarperCollins, 2017, 384 pagine) di Giuseppe Tornatore, sottotitolo “La scatola dei segreti di un grande maestro del cinema italiano”, il regista ha messo insieme articoli, lezioni, interviste fatte ad attori, registi, scrittori che ha incontrato nel corso della sua carriera. Quello che, nelle intenzioni iniziali, è stato assemblato solamente per mettere ordine agli innumerevoli scritti di ‘Peppuccio’, dispensati nelle più disparate occasioni, è diventato un percorso di vita e di maturazione che il titolo illustra in modo profondo e significativo molto di più di quel che sembra. Una raccolta di scritti (editi e inediti) in prima persona, pensieri dedicati alla passione primaria, il Cinema, agli attori e ai registi che hanno attraversato la sua vita di spettatore e di cineasta, agli eventi che in varia misura inciso sulla sua vita privata. Il regista ripercorre nel libro la sua storia artistica e personale, rende conto dei consigli ricevuti da Fellini e Guttuso ma senza tralasciare di raccontare episodi e persone meno noti ai più, ma non meno importanti per la sua formazione. Come quando ricorda il padre: «Per niente. Avevamo un rapporto bellissimo, di grande complicità. È stato lui a insegnarmi l’amore per il cinema. Mi portò per la prima volta a vedere un film a quattro anni e in seguito, quando da ragazzino passavo interi pomeriggi al cinema, mi ha sempre lasciato fare. Era uno che teneva la corda lunga con i figli. Un uomo semplice, ma illuminato. Quando, negli anni Ottanta, decisi di partire da Bagheria e andare a Roma per fare il regista sapevo che per lui e mia madre era come se andassi su un altro pianeta. Ma non hanno mai detto nulla» oppure quando racconta un aneddoto: «Tanto che mio padre rilasciava interviste al posto mio. Si chiamava anche lui Giuseppe Tornatore e spesso si divertiva a spacciarsi per me al telefono. L’episodio più divertente avvenne a Parigi per la promozione di Stanno tutti bene. Dovevo incontrare una giornalista. Lei arrivò prima del previsto e io non ero ancora lì. Mio padre si presentò come il regista italiano e fece l’intervista». Sulla genesi di “Diario inconsapevole” questo ha raccontato: «All’inizio ero un po’ riluttante, non amo i diari. Non ne ho mai tenuto uno perché vivono di una profonda contraddizione: si scrive di nascosto dagli altri ma, fatalmente, per gli altri. Poi, alla fine, mi sono accorto che in questo libro ci sono tante lezioni bellissime ricevute dagli uomini di valore che ho conosciuto: Fellini, Guttuso, Mastroianni. Il libro ha una sua logica involontaria, le cose che hai dentro vengono fuori, reazioni interessanti. Non vi è una volontà precostituita» e ancora: «E’ un libro che si è costruito da solo, fatto di articoli, recensioni, prefazioni alla cui redazione non potevi sottrarti, quasi degli ‘incidenti’, dei pezzi che mai pensi che un giorno possano costituire una raccolta di 35 anni di storia. Poi un giorno arriva un editore che ti insegue da tempo e ti viene l’idea di utilizzarle a tal fine», in questi termini ne ha parlato Tornatore. Si passa così da Federico Fellini e Marcello Mastroianni a Sergio Leone ed Ennio Morricone a Luchino Visconti e Michelangelo Antonioni, Roman Polanski, Gerard Depardieu, Francesco Rosi, Orson Welles, Sergio Castellitto, Riccardo Freda, Giovanni Paolo II, Sania Mnouchkine, tutte figure di rilievo, importanti nella crescita artistica, culturale ed umana del regista siciliano, ma in ‘primis’ il libro ci riconduce (e riporta lui stesso) alla Sicilia della sua infanzia, laddove si fanno largo nell’immaginario i personaggi della sua amata terra, da Gattuso a Leonardo Sciascia a Pio La Torre a Mimmo Pintacuda ai fratelli Ducato. il consiglio paterno ricevuto da Fellini è stato così raccontato: «Una volta mi chiamò perché era saltato il film che stavo preparando. Gli spiegai che era stato il produttore a tirarsi indietro. Ma lui mi rimproverò: “Non eri convinto e hai fatto in modo che non si facesse. Ricordati: esistono solo i film che fai, non quelli che non hai fatto. Anche se un progetto non ti convince del tutto, vai avanti. Buttati. Poi lo migliori, lo aggiusti, lo cambi. Alla fine ti accorgerai che sarà molto più bello dei film di cui eri convintissimo”. Federico mi ha insegnato che la perfezione non esiste e ci vuole una certa leggerezza». Invece Guttuso: «Nel 1982 feci un documentario su Guttuso per Rai 3. Avevo chiesto un cavalletto per girare le immagini in modo più accurato ma, per questioni sindacali, me lo fecero caricare da solo sul furgone. Però mi vergognavo di farmi vedere da Guttuso che trasportavo il cavalletto. Così chiesi al cameraman di fare un’eccezione e di prenderlo lui. Guttuso mi chiamò da parte e mi disse: “Lo sai perché sono un buon pittore? Non perché ho fatto qualche buon quadro, ma perché se mi chiedono di verniciare una porta la faccio meglio di qualunque altro. Quindi, sbrigati e porta quel cavalletto”». E quello di Sania Mnouchkine, uno dei produttori di “Nuovo Cinema Paradiso”, che prima delle riprese gli disse: «Ricordati che l’atmosfera che si respira sul set si appiccica sulla pellicola. E si vede dopo, nel film. Cerca di avere set felici». E sull’incontro con Marcello Mastroianni, con il quale ha girato “Stanno tutti bene”: «Marcello sembrava un compagno di scuola un po’ più grande che ne sa di più. Il nostro era un set itinerante, ci spostavamo sempre. La mattina Marcello arrivava e cominciava a pensare dove andare a cena. Conosceva tutti i ristoranti. In ogni città sapeva qual era il migliore. Così prenotava e organizzava per telefono il menù. Sapeva che avevo gusti difficili e una volta gli sentii dire al telefono: “Allora, per me delle fettuccine, per i ragazzi un risottino e al regista non preparare niente, non capisce niente, non mangia niente”. Era di una simpatia naturale. Gli piaceva sembrare indisciplinato, un improvvisatore. Ma l’ho scoperto più volte nascosto in un angolino a studiare la scena del giorno successivo con la sarta Angela. Poi sul set fingeva di non sapere nulla. Aveva la capacità di mettere tutti a proprio agio». Un capitolo – per molti versi emozionante – è quello dedicato alla ‘faticosa’ ma splendida esperienza del circolo “L’incontro“, fondato da un giovane Tornatore assieme agli amici cinefili di sempre, e questo come altri momenti del libro costituiscono una grande, appassionata e vissuta lezione sul cinematografo, pieno di ricordi e di amore per il ‘mestiere’. La sua lettura ha riportato il sottoscritto agli anni in cui, alla metà degli anni Settanta, in un quartiere di Roma e in collaborazione con un amico, aveva tentato di ‘creare’ una piccola realtà cinematografica con un proiettore portatile a 16mm prestatoci gratuitamente da un conoscente, ed altri capitoli mi hanno catapultato all’infanzia nel Molise, agli anni d’oro delle sale cinematografiche di paese, alla meraviglia del Cinematografo per noi ragazzi, così magicamente evocato da “Nuovo Cinema Paradiso”. Il regista siciliano, 62 anni, dodici film, un Oscar, un Golden Globe e innumerevoli David di Donatello, è nato a Bagheria il 27 maggio del 1956 ed il suo film d’esordio è stato “Il camorrista” nell’86, e solo due anni dopo realizzava il suo capolavoro, “Nuovo Cinema Paradiso” che veniva premiato con l’Oscar nel 1990 e permetteva al regista di farsi conoscere ed apprezzare in tutto il mondo. A questo film sono seguiti altri lavori importanti che ne hanno consolidato lo status d’autore a tutto tondo: “Stanno tutti bene” (1990), “Una pura formalità” (1994), “L’uomo delle stelle” (1995), “La leggenda del pianista sull’oceano” (1998), “Malèna” (2000), “La sconosciuta” (2006), “Baarìa” (2009), “La migliore offerta” (2013) e “La corrispondenza” (2016).

 

(Luigi Lozzi)                                                © RIPRODUZIONE RISERVATA

 

DIARIO INCONSAPEVOLE” (HarperCollins, 2017, 384 pagine, 18,50 €)