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BOHEMIAN RHAPSODY di Bryan Singer in Blu-Ray

 

 

 

Il genere biopic è sempre difficile da portare sul grande schermo e le cose si complicano ancora di più quando si tratta di raccontare le vicende di musicisti e cantanti contemporanei, per cui l’industria cinematografica hollywoodiana ha sempre guardato con perplessità a progetti in questa direzione. Ma “Bohemian Rhapsody” costituisce una piacevole eccezione.
 
 
 
 

 

Poco più di una decina però l’uscita sugli schermi di “Ray” di Taylor Hackford, dedicato a Ray Charles nel 2004, e di “Quando l’amore brucia l’anima” di James Mangold, che raccontava la vita tumultuosa di Johnny Cash nel 2005, interpretato da Joaquin Phoenix, ed i grandi consensi di critica e i premi ottenuti dai due film, riportarono in primo piano le biografie musicali al cinema. C’è da dire comunque che anche prima, nel passato, ci sono state ottime biografie musicali e certamente tra i numerosi biopic realizzati per il Cinema quello dedicato da Taylor Hackford alla ‘vita in musica’ di un’icona qual è Ray Charles è tra i più riusciti; sia per l’accuratezza della ricostruzione del periodo in cui ‘The Genius’ è vissuto e si è espresso e sia per la perfetta identificazione con cui Jamie Foxx si è calato nei panni dell’artista, al punto da meritarsi l’Oscar per la Migliore Interpretazione Maschile: vederlo muoversi con gli stessi gesti sincopati di Ray è qualcosa difficile da dimenticare. Un altro elemento a favore è che la figura di “The Genius” non ne è uscita beatificata, anzi sono stati sottolineati, al di là dello straordinario talento artistico, alcuni degli aspetti non proprio edificanti della sua vita. Con “Walk the Line” (titolo originale del film su Cash mutuato da uno dei suoi più grandi successi) il regista James Mangold ha raccontato la vita di un simbolo della cultura popolare americana che ha lasciato un segno indelebile del suo passaggio. Johnny Cash, morto nel 2003 a 71 anni, noto come ‘The King of Country‘, con la sua musica ha cantato il suo inferno fatto di droga e carcere, di eccessi e redenzione, e viene da sempre indicato come l’emblema di quell’America povera e rurale che la musica ha reso nobile. Ma i meriti musicali di Cash vanno ancor oltre perché la sua è stata, nei cinquant’anni di carriera, una presenza trasversale per l’intero mainstream americano: ha cantato il cuore pulsante della provincia, è stato il ‘poeta della gente’ perché le sue canzoni rappresentano per l’America qualcosa di molto vicino alla leggenda, ma ha anche influenzato Dylan e l’intera nuova generazione di autori dell’alt-country odierno. Joaquin Phoenix che ha vestito i panni impegnativi del cantante è stato straordinario nel dar vita sullo schermo ad un personaggio così amato dal pubblico. Così si è rinnovato l’interesse per film biografici sulle vite dei musicisti perché offrono storie ricche di dramma, sesso e droga. Ma il genere biopic ha avuto sempre vita difficile sul grande schermo e le cose si complicano ancora di più quando si tratta di raccontare le vicende di musicisti e cantanti contemporanei: vuoi per la difficoltà di far aderire adeguatamente l’interprete ad una figura che solitamente è ben salda nell’immaginario collettivo, vuoi per lo stile narrativo che si adotta e che in alcuni casi può risultare eccessivamente agiografico ed in altri sconfinare eccessivamente nel fantasioso. E’ questa la ragione per cui ad oggi ancora non si sono realizzati (sebbene da lungo tempo progettati) i film su artisti come Janis Joplin, Nina Simone o Otis Redding. Eppure la storia del cinema è costellata di esempi più o meno riusciti (corredati da qualche inevitabile strascico di critiche) e ci piace ricordare tra gli altri “La Signora del Blues” (1972, di Sidney J. Furie) dedicato a Billie Holiday (Diana Ross l’interprete), “Questa terra è la mia terra” (1976, di Hal Ashby) che vede David Carradine nei panni di Woody Guthrie, il più importante dei folk-singer americani, “Elvis il re del rock” (1979, di John Carpenter), “The Doors” (1991) di Oliver Stone, lo splendido “Bird” (1988) di Clint Eastwood in omaggio a Charlie Parker, “La Bamba” (1987, di Luis Valdez) sulla giovane vita spezzata di Richie Valens, “Great Balls Of Fire” (1989, di Jim McBride) su Jerry Lee Lewis, “Tina What’s Love Got To Do With It” (1993) di Brian Gibson sulla Turner, “The Rose (1979), di Mark Rydell, interpretato da Bette Midler e che contiene un esplicito richiamo alla vicenda che ha riguardato Janis Joplin, “Last Days”, film di Gus Van Sant, ha come protagonista Kurt Cobain (Michael Pitt), leader dei Nirvana, raccontato negli ultimi giorni della sua esistenza prima di suicidarsi, “De-Lovely”, la deliziosa biografia di Cole Porter con Kevin Kline nella parte del celebre autore di “Night and Day” e di “Let’s Fall in Love”, “Beyond The Sea”, biografia per immagini di Bobby Darin fortemente voluta, prodotta, diretta ed interpretata da Kevin Spacey che canta personalmente anche tutti i brani della colonna sonora; e perché no, anche “Amadeus” di Milos Forman e “Lisztomania” (1975, di Ken Russell), sulle prime grandi star della musica, Mozart e Liszt. Purtroppo non tutti questi film hanno avuto successo e questo ha scoraggiato spesso i produttori dall’affrontare i rischi di un flop. Ma le cose sembrano aver subito un’inversione di tendenza proprio a partire dal successo di “Ray”, premiato con due Oscar. Nel novero non amplissimo dei biopic (acronimo di ‘biographic motion picture’) musicali riusciti va certamente incluso “Bohemian Rhapsody” dedicato alla storia di Freddie Mercury, icona del Pop e leader carismatico dei Queen, il gruppo britannico che ha scalato il successo e più volte conquistato la vetta delle classifiche di vendita di dischi negli anni Settanta e Ottanta. Della riuscita del film, della perfetta identificazione dell’attore protagonista nei panni della rockstar di turno, è significativa testimonianza l’Oscar alla Migliore Interpretazione Maschile assegnato a Rami Malek, attore di origini egiziane che ricordiamo hacker in “Mr. Robot”, improvvisamente salito alla ribalta internazionale per questo ruolo. Il Freddie Mercury di Malek, molto aderente per look e movenze, è vitale, travolgente, e trasforma un film biografico non esente da qualche difetto in un’esperienza imperdibile. La visione del film non può non emozionare anzitutto coloro che nelle canzoni di Freddie & Co. identificano un pezzo della loro passione per la musica legata agli anni della propria giovinezza da poco meno di una quarantina d’anni a questa parte, ma non lascerà indifferenti neppure quelli che appena conoscono il baroque’n’roll del gruppo e poco o nulla sanno del lungo e travagliato percorso artistico ed umano del protagonista, Farrokh Bulsara, per gli amici Freddie Mercury, chiacchierato per la bisessualità e morto nel 1991 dopo una lunga battaglia contro l’AIDS. Cine-biografia celebrativa dall’effetto nostalgia (più che effetto vintage) che assume solidi contorni narrativi quando si racconta di un artista per nulla travolto da alcol e droga, come solitamente accade in questi casi nel solco degli stereotipi più logori. La pellicola ripercorre i primi quindici anni del gruppo rock dei Queen, dalla nascita della band nel 1970 fino al celebre concerto del ‘Live Aid’ datato 1985. La formazione della band avviene per iniziativa del chitarrista/studente di fisica Brian May (Gwilym Lee) e del batterista/studente di medicina Roger Taylor (Ben Hardy), nel gruppo entra quindi Freddie dopo aver fatto un provino in un parcheggio e il bassista John Deacon (Joseph Mazzello). Il Mercury degli inizi, lontano dal palco, viene descritto come timido e riservato, confuso nei sentimenti per l’altro sesso – soprattutto per Mary Austin (Lucy Boynton) – e con una crescente, conflittuale, attrazione per gli uomini. Ma quando sale sul palco si trasforma e le sue canzoni arrivano dritte al cuore di chi le ascolta. “Bohemian Rhapsody” prende il titolo dalla canzone simbolo dei Queen, ed una delle più acclamate della storia del Rock, in cui Freddie fa esplodere con veemenza e carisma la sua voce potente dopo le liriche introduttive (“Mama, just killed a man/ Put a gun against his head/ Pulled my trigger, now he’s dead/ Mama, life had just begun/ But now I’ve gone and thrown it all away”). Il soggetto, finito nelle mani di un regista assai bravo come Bryan Singer, memore di trascorsi cinematografici legati a “X-Men” e “Superman Returns”, perde ogni appiglio melodrammatico e si trasforma in un accorato apologo del ‘diverso’, che implicitamente sottendente in una qualche misura la figura di un supereroe. Il film, così, si carica di quelle suggestioni e quell’appeal che hanno fatto la sua fortuna nelle sale di tutto il mondo. Singer è stato poi sostituito in corsa, per un pezzo di film, da Dexter Fletcher per sopraggiunti problemi scandalistici di natura privata, ma sotto gli occhi di tutti (accuse postume di molestie sessuali poi ridimensionate con rientro nei ranghi produttivi), che hanno colpito il regista. Da sottolineare la performance sorprendente e assolutamente credibile di Rami Malek, che si è calato nel personaggio con straordinaria bravura: somiglianza somatica e mimetismo dei gesti. Peraltro l’attore condivide con la rockstar scomparsa una identica origine da migrante: Malek ha genitori egiziani mentre quelli di Mercury provenivano da Zanzibar. Particolare attenzione è stata riservata al playback che si è reso necessario per il fatto che Malek non è un cantante ed ha dovuto fare ricorso ad un ‘sosia vocale’ di Freddie e questo processo ha richiesto un lungo lavoro di sincronizzazione del labiale. In pochi avrebbero scommesso sulla riuscita di “Bohemian Rhapsody”, che rischiava di essere un flop annunciato perché fino all’ultimo momento c’è stata confusione tra i realizzatori sui toni da dare alla narrazione filmica, ed anche per l’abbandono del progetto da parte di Sacha Baron Cohen, che doveva vestire i panni di Mercury, per divergenze creative, ed il licenziamento di un regista prestigioso come Bryan Singer. Nel film – nato come biografia autorizzata voluta dai Queen – Singer ci mostra con lucida efficacia come Mercury, in vita, abbia indossato una maschera ma lo fa (senza contorcimenti psicoanalitici) con assoluta e condivisa partecipazione emotiva, raccontandoci una star sola e infelice. Poco, invero, ci viene narrato del Freddie Mercury omosessuale e di quello malato di Aids. Questo a significare, tra l’altro, che i realizzatori hanno scelto di proporsi ad una platea molto ampia di potenziali fruitori, non ultimi gli adolescenti. E c’è tanta musica tra i risvolti del racconto cinematografico come se i Queen dovessero ‘arrivare’ anche a chi finora non li conoscevano. Il momento più raffinato del film è una sorta di gioco di prestigio per cui viene ricreato la leggendaria partecipazione dei Queen al “Live Aid”, uno dei concerti rock più famosi della storia, con Rami Malek che viene ‘sostituito’ digitalmente a Mercury nello scenario iconico dello stadio di Wembley il 13 luglio del 1985. Un falso d’autore e un grande momento di cinema davvero. Il film ha ricevuto quattro statuette nella ‘Notte degli Oscar’ 2019 (Miglior Attore, Miglior Montaggio, Miglior Montaggio Sonoro, Miglior Sonoro), alla fine risultando il film con più premi vinti in questa edizione. La sceneggiatura del film è stata approntata da Anthony McCarten (“L’ora più buia”, “La teoria del tutto”) su un soggetto dello stesso McCarten e di Peter Morgan, che ricordiamo sceneggiatore di “L’ultimo re di Scozia”, “Frost/Nixon”, “Hereafter”, il film sullo tsunami di Clint Eastwood, e del fortunato e televisivo “The Crown”. In Italia al Box Office “Bohemian Rhapsody” ha incassato 28,8 milioni di euro. A noi è sembrato che nella volontà di piacere a tutti e di non disturbare nessuno, il film abbia contraddetto il suo proposito di autenticità. Non viene resa giustizia a un personaggio eccessivo e ambiguo che si muoveva consapevolmente sul confine del kitsch e del grottesco. Di fondo i membri dei Queen ancora in attività, che hanno approvato questo biopic, hanno voluto preservare a tutti i costi l’immagine del loro leader rendendo alla fine un pessimo servizio a uno dei più grandi divi degli anni Ottanta, morto a quarantacinque anni, al termine di un’agonia tenuta segreta
TECNICA
Prodotto e distribuito da 20th Century Fox Home Entertainment, “Bohemian Rhapsody” è arrivato sul mercato in svariati formati capaci di soddisfare le più svariate esigenze dei fruitori finali, collezionisti inclusi; oltre ai tradizionali DVD e Blu-Ray, abbiamo il 4K UltraHD, la versione Steelbook con Blu-Ray, quella DVD+CD con la colonna sonora, e infine la Booklet Edition con Blu-Ray, DVD e album fotografico. In tutti questi formati l’edizione del film è tecnicamente impeccabile sebbene mostri qualche difetto il comparto audio nella nostra lingua. Il quadro video è solido nonostante le scelte stilistiche di regia e direttore della fotografia – nell’intenzione di ricomporre le atmosfere degli anni Settanta – abbiano optato per un look molto morbido. Palette cromatica assai ‘calda’ (alternata ad alcuni passaggi in Bianco e Nero) che fa risaltare oltre misura gli abiti sgargianti del protagonista; nessun artefatto è presente, dovuto ad una errata compressione. Sul fronte audio molto meglio la versione originale inglese fornita in un soddisfacente DTS HD Master Audio 7.1 lossless rispetto allo scontato DTS 5.1 della versione italiana. I Contenuti Speciali, per una durata complessiva di quasi due ore, comprendono “The complete Live-Aid movie performance”, ovvero la versione completa del Live-Aid ricostruito nella finzione filmica, “Rami Malek: becoming Freddie”, dedicato all’incredibile trasformazione di Malek in Mercury attraverso il contributo del cast e agli stessi Queen, “The look and sound of Queen”, relativamente alla nascita e alla musica della band, “Recreating Live-Aid”, un esauriente e accurato ‘Making Of’ sulla ricostruzione del Live-Aid; inoltre presenti tre Trailer.

 

(Luigi Lozzi)                                         © RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

 

 


(immagini per cortese concessione della 20th Century Fox)

 

 

 

NOTE TECNICHE
Il Film 

BOHEMIAN RHAPSODY

(Bohemian Rhapsody)
Gran Bretagna, USA, 2018, 135’
Regia: Bryan Singer
Cast: Rami Malek, Lucy Boynton, Gwilym Lee, Ben Hardy, Joseph Mazzello, Aidan Gillen, Tom Hollander, Allen Leech, Aaron McCusker, Mike Myers, Ace Bhatti, Michelle Duncan, Jess Radomska, Max Bennett, Michael Cobb, Jorge Leon Martinez, Johanna Thea, Alicia Mencía Castaño, Ian Jareth Williamson, Charlotte Sharland, Jessie Vinning, Dickie Beau, Dean Weir, Peter Coe, Steffan Donnelly, Dave Simon, Dermot Murphy, Matthew Houston, Philip Andrew, Lora Moss, Vincent Andriano, Israel Ruiz, Adam Rauf, Adam Lazarus, Meneka Das.

 

Informazioni tecniche del Blu-Ray

Aspect ratio: 2.39:1 1920x1080p (AVC MPEG-4)

Audio: Inglese DTS HD Master Audio 7.1 / Italiano DTS 5.1
Distributore: 20th Century Fox Home Entertainment