BKO dei Dirtmusic
ARTISTA: DIRTMUSIC
TITOLO: BKO
ETICHETTA: Glitterhouse Records/Goodfellas
ANNO: 2010 [CD + DVD]
Nel 2008 si registrava un esordio all’insegna dello sperimentalismo e della contaminazione, ma così positivo (seppur passato quasi inosservato) e ricco di auspici da suggerire al trio formato da Chris Eckman (Walkabouts), Hugo Race (True Spirit, e ex-membro degli originari Bad Seeds) e Chris Brokaw (ex Codeine, ha lavorato con i Lemonheads e con Liz Phair) di bissare l’esperienza. Con un album, se volete, ancora più pregno di buone vibrazioni nel quale trova magistrale sintesi l’incrocio tra il rock/ blues, che da sempre guida le mossa di Eckman & Co., e la musica maliana che, tra quelle della Madre Africa, è la più ambita dai musicisti occidentali per instaurare una proficua collaborazione. Il Mali, come saprete, negli ultimi tre lustri ha dispensato una serie di materiali e di musicisti sublimi che hanno stimolato numerosi artisti stranieri a recarsi in quei posti per abbeverarsi alla sorgente della loro cultura ancestrale e far scoccare la scintilla dell’ispirazione. Il primario motivo che ha spinto tanti a recarsi nel Mali (nelle zone del delta del Niger o in altri stati africani di grande tradizione) è quello del ricercare le radici più autentiche del blues, almeno da quando Ry Cooder (per il magnifico “Talking Timbuktu” con il mitico Ali Farka Toure) e Martin Scorsese (con la serie di documentari sul Blues) hanno messo in rilievo un dato di fatto che in America hanno fatto fatica a metabolizzare, ovvero che il Blues così com’è universalmente noto – è nato sì nei campi di cotone del Sud degli States ma che è nel cuore dell’Africa che si sono ritrovate tracce del tipico suono in levare. Con queste premesse, e consapevoli del lavoro accurato e meticoloso di cui sono capaci Eckman, Race e Brokaw, il disco snocciola una dietro l’altra alcune per le musicali d’incantevole fluidità, ricche di suggestioni e magie sonore, restando un esemplare lavoro collettivo proprio laddove si conta la presenza di numerosi musicisti di estrazione diversa. Le registrazioni sono state effettuate ai Bogolan Studios voluti da Farka Toure nella capitale Bamako. I Tamikrest, la giovane band tuareg di ‘desert blues’ guidata dal chitarrista Ousmane Ag Mossa, di cui è recente la pubblicazione (sempre per la Glitterhouse) dell’eccellente “Adagh”, fanno da backing band in questo disco. Ma oltre ai Tamikrest troviamo anche il vocalist Fadimata Walet Oumar (dei Tartit) in un paio di brani (“Ready For the Sign” e “Desert Wind”), Lassana Diabaté e Issa Kone della Symmetric Orchestra di Toumani Diabaté, il bassista Cheikhe Ag Tigly, Lobi Traoré, figliastro di Ali Farka Touré. Insomma una collaborazione multiculturale ad ampio spettro. Un autentico capolavoro è la strumentale “Niger Sundown”, malinconica e crepuscolare in cui si intrecciano deliziosamente banjo, slide guitar, ngoni e balofon; “Black Gravity” in apertura ha un groove ipnotico, “Unknowable” è caratterizzato dal banjo di Chris Brokaw, “Desert Wind” è tra le cose migliori del disco. In più, incredibile la rilettura del classico dei Velvet Underground “All Tomorrows Parties”. Illuminante poi il DVD allegato al disco che ci aiuta meglio (per immagini) ad imprimere nella nostra memoria una collaborazione così intensa e foriera di ‘good vibration’ grazie a un bel documentario e a videoclip inediti. Per saperne ancora di più imperdibile è il booklet interno ricco di immagini e informazioni sui musicisti e sulla realizzazione di questo superlativo disco.
(Luigi Lozzi) © RIPRODUZIONE RISERVATA
Recensione pubblicata sulla fanzine on-line Music Letter N° 72 (2010)
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