ALEXANDRE DESPLAT: 11 Colonne Sonore
Alexandre Desplat è tra i compositori di musiche per il Cinema più apprezzati oggi sulla scena internazionale; da tempo ha conquistato Hollywood e sembra maturo per conquistare finalmente un Oscar. Abbiamo qui raccolto undici recensioni di sue colonne sonore che abbiamo scritto negli ultimi anni.
RISE OF THE GUARDIANS
(Varèse Sarabande/Audioglobe)
2012
Era dai tempi di “Fantastic Mr. Fox” del 2009, score nominato all’Oscar, che Alexandre Desplat non componeva per un film d’animazione, e questa di per sé è già una notizia perché, vista la straordinaria prolificità nella scrittura e lo stato di grazia che bacia il compositore francese, è quasi paradossale che in questo lasso di tempo non si sia cimentato con altri lavori animati. Vero è che le sue attenzioni (in questi anni di grande visibilità) sono state principalmente rivolte a film drammatici o a thriller, ma quando si è dedicato a opere fantasy quali “La Bussola d’Oro”, “Harry Potter” e “The Twilight Saga” Desplat ha fornito notevoli prove delle sue qualità. Per “Le 5 Leggende” (adattato non proprio rigorosamente dalla serie di libri “The Guardians of Childhood” di William Joyce), prodotto dalla DreamWorks, possiamo senza ombra di dubbio affermare che il compositore è andato ben oltre le più rosee previsioni e ha offerto un ulteriore, magnifico esempio di bravura cristallina, che lo colloca – in grazia degli score dell’ultimo biennio – nell’Olimpo delle Musiche per il Cinema odierno, oramai sono davvero maturi i tempi perché l’Oscar premi il suo talento dopo quattro nomination racimolate tra il 2007 e il 2011 (per la cronaca quest’anno ha ricevuto la sua quinta candidatura per “Argo” di Ben Affleck). Alcuni brani accendono la fantasia come il tema d’apertura (“Calling The Guardians”) e tutti rispondono ad un registro espressivo vario nel quale Desplat pone in essere la sua riconoscibile (e piacevolissima) abilità creativa negli sviluppi strumentali e nelle orchestrazioni al servizio dello score. Direi che l’aspetto più ragguardevole che emerge all’ascolto è quella capacità del compositore di attenersi agli stilemi di una partitura convenzionale per un film per ragazzi senza andare ad inficiare minimamente la complessità abituale della sua scrittura.
Recensione scritta il 5 Febbraio 2013
Apparsa su Audio Review N° 341 (Marzo 2013)
REALITY
(RadioFandango)
2012
Il film, Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes 2012 celebra lo strano incontro tra Matteo Garrone e l’ingegno multiforme di Alexandre Desplat, il più prolifico compositore su piazza negli ultimi anni. Abbiamo già avuto modo di esprimere quanto possa essere foriero di sospetti la facilità di produrre score a gettito continuo del cinquantunenne francese, perlomeno sotto il profilo dell’autenticità d’ispirazione a contatto con materiali cinematografici (tante volte) così dissimili e distanti tra loro. Sono tantissimi – e peraltro ancora poco noti in Italia – i lavori portati a termine da Desplat in questo 2012; il recente thriller di Ben Affleck, “Argo” e lo score per un biopic sulla pop-star francese Claude François tra gli altri. “Reality” intanto segna la prima incursione del compositore nel cinema italiano d’autore, e nello specifico, sebbene affronti una materia all’apparenza più ‘leggera’ di “Gomorra” – tratta della partecipazione del pescivendolo Luciano a un casting de ¨”Il Grande Fratello” -, è opera ancora più tragica di “Gomorra” poiché la realtà dei reality show (mi si perdoni l’involontario gioco di parole) è fenomeno per molti versi ancora più distorto dei malaffari della criminalità descritta nel precedente film, di cui bene o male si ha una percezione precisa. L’ambientazione napoletana concorre ad indirizzare (secondo un preciso diktat del regista) l’atmosfera musicale di questa ‘black comedy’, e il francese non disdegna di colorare la sua partitura di estemporanei richiami al Danny Elfman burtoniano, laddove la storia narrata declina verso quella sorta d’incubo prodotto dalla ‘civiltà delle immagini’ imperante nel nostro paese, pur nei binari del riconoscibile suo minimalismo. A dare un tono grottesco provvedono poi i tre brani presenti nel soundtrack: “A storia ‘e Maria”, “Rebel in Heaven” e “Chiammame”, techno made in Neapolis.
Recensione scritta il 12 Novembre 2012
Apparsa su Audio Review N° 338 (Novembre 2012)
THE IDES OF MARCH
(Varèse Sarabande/Audioglobe)
2011
Più volte, in tempi recenti, abbiamo sottolineato come Alexandre Desplat, sull’onda dell’enorme credibilità acquisita negli ultimi anni nel prendere parte a svariati e pregevoli progetti, sembri peccare di eccessivo iperattivismo compositivo che, nel caso della scrittura per il Cinema (che richiedi tempi congrui di metabolizzazione), è elemento contraddittorio. Insomma plaudiamo al suo instancabile talento – che ultimamente ha messo al servizio dell’Harry Potter conclusivo, di “Il discorso del re” di Hooper, “Tree Of Life” di Malick, “Carnage” di Polanski e “My week with Marilyn” di Curtis e di questo, di cui trattiamo, firmato da Clooney: tutti film di indubbio richiamo – ma non possiamo non sollevare qualche perplessità. Però poi, ascoltando bene i suoi score scopriamo qualità intrinseche che (forse) si espliciteranno evidenti solo più avanti nel tempo. Desplat è musicista colto che ha dalla sua un eccellente retaggio sinfonico. Qui lavora di rimandi ma lavora bene, pure alla luce di un cosmopolitismo espressivo che lo distingue decisamente dai più titolati compositori hollywoodiani dei giorni nostri e ne fa privilegiare la scelta quando si tratta di realizzare opere che vogliano mantenere crismi autorali. E Clooney, quando prende le redini della regia, vuole essere un autore. Il lavoro del francese prova a mantenersi in retrovia, cerca di non ‘rubare’ la scena, si mette al servizio completo della drammaturgia dell’oscuro thriller politico di Clooney – atto d’accusa nei confronti dei meccanismi di una democrazia, quella americana ma non solo, che è condizionata dalla corruzione e dal ricatto – senza affidare ad un tema memorabile la distintività del suo lavoro. Ma cura la sua creatura in ogni piccolo dettaglio, donando ad essa una miriade di minimali “attenzioni” sonore, soprattutto per pianoforte e archi. Chi ha orecchio per apprezzare, apprezzerà.
Recensione scritta il 1 Agosto 2012
Apparsa su Audio Review N° 336 (Settembre 2012)
CONRAD POPE e ALEXANDRE DESPLAT
MY WEEK WITH MARILYN
(Sony Classical)
2011
Il film rievoca i giorni del soggiorno londinese di Marilyn Monroe nel ‘56, quando giunse in Inghilterra in luna di miele con Arthur Miller ma anche per essere diretta da Laurence Olivier (“Il principe e la ballerina”), con cui ebbe una tormentata relazione, creando non pochi disagi ai piani di lavorazione della pellicola. Per lo score ci si è consegnati nelle mani di Conrad Pope, accompagnato dalla fama d’essere orchestratore in innumerevoli progetti altrui con risultati rassicuranti per la collettività cinematografica nell’ultimo decennio: per John Williams, Jerry Goldsmith ed altri, e più recentemente per Alexandre Desplat (“Harry Potter e i Doni della Morte”). In effetti ci si era rivolti a Alexandre Desplat, oramai salito nell’empireo dei compositori più in vista di Hollywood, per la scrittura dello score ma il francese ha insistito che fosse proprio il suo assistito, Pope, ad occuparsi degli ingredienti principali del contorno musicale da confezionare riservandosi esclusivamente la scrittura del tema principale, il cupo ma bellissimo (e pianistico) “Marilyn’s Theme”, che poi Pope ha provveduto a sviluppare in una serie di adattamenti diversi nel corso del film. In alcuni dei brani per giunta c’è il contributo pianistico di Lang Lang che dona eleganza ad un tema che si fa largo tra i solchi del disco. Un soundtrack quanto mai composito già nella concezione, sul quale intervengono pure alcuni azzeccati brani d’epoca cantati da Nat King Cole e Dean Martin, più la “Un, dos, tres” della Tropicana Orchestra. E la stessa interprete del film, Michelle Williams, si cimenta con indubbia bravura in vocalizzi “alla Monroe” in alcuni pezzi riarrangiati per l’occasione ed in altri originali, ma composti secondo canoni filologicamente aderenti ai tempi. Insomma alla resa dei conti non c’è di che annoiarsi e l’amalgama raggiunto risulta sorprendentemente piacevole.
Recensione scritta il 9 Dicembre 2011
Apparsa su Audio Review N° 329 (Gennaio 2012)
THE KING’S SPEECH
(Decca/Universal)
2010
A contendersi l’Oscar per la Migliore Colonna Sonora quest’anno sono l’indiano A.R. Rahman (per “127 Hours”), John Powell (“Dragon Trainer”), Hans Zimmer (“Inception”), Trent Reznor e Atticus Ross (“The Social Network”) e Alexandre Desplat per “Il discorso del Re”. Desplat e Zimmer già erano stati candidati lo scorso anno – rispettivamente per “Fantastic Mr. Fox” e “Sherlock Homes” – e si son visti precedere da Michael Giacchino (“Up”). Quindi tutto lascerebbe perlomeno presupporre che in questa tornata siano i favoriti con eventuale outsider la coppia Reznor & Ross. Quando mi leggerete, voi lo saprete di certo. Del compositore francese, titolare di un’invidiabile ruolino di marcia, è da tempo che andiamo parlandone positivamente, con questa salgono a quattro le ‘Nomination’: segno che ha seminato bene ad Hollywood; iperattivo, è uno dei talenti più raffinati e richiesti sulla piazza, ed è pronto ad entrare nell’Olimpo dei grandi. Intanto la partitura scritta per il film di Tom Hooper (interpretato da Colin Firth e Geoffrey Rush è quello che ha ottenuto il maggior numero di candidature, ben 12) è davvero convincente, costruita come d’abitudine su un minimalismo pianistico, sempre sul punto di farsi melodioso, e il sostegno discreto degli archi. Un melanconismo palpabile fin dall’iniziale “Lionel and Bartie”. Desplat regala alle musiche un tocco di corroborante europeismo, inventa atmosfere che donano al film quel supplemento di ‘anima’ in più da renderlo ‘importante’. Qualche passaggio in verità sembra ricondurci echi di qualche lavoro recente – “New Moon”, “Harry Potter e i Doni della Morte”, “L’uomo nell’ombra” -, ma pur non trattandosi del suo migliore effort è convincente. In chiusura tre pezzi classici (“Sinfonia N° 7” e “Piano Concerto N° 5” di Beethoven, l’overture da “Le nozze di Figaro” di Mozart) completano il soundtrack.
Recensione scritta il 10 Febbraio 2011
Apparsa su Audio Review N° 320 (Marzo 2011)
HARRY POTTER & THE DEATHLY HALLOWS – PART 1
(Sony Classical/Sony Music)
2010
Siamo alla resa dei conti per Harry Potter con la sua nemesi, Valdemort; il settimo e conclusivo capitolo (“Harry Potter e i Doni della Morte”) della saga letteraria più remunerativa del pianeta, creata dalla penna di J.K. Rowling, viene spalmato su due film – che escono a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro – e si avvale sul fronte della musica a corredo di un ennesimo cambio, quello di Alexandre Desplat che succede a John Williams, Patrick Doyle e Nicholas Hooper. Quest’ultimo non è stato particolarmente apprezzato per il suo lavoro da coloro che sono interessati alle musiche del film e giocoforza la produzione si è vista costretta a procedere all’ennesimo cambio nella conduzione musicale. I continui mutamenti in effetti hanno influito negativamente sul giudizio complessivo e va detto che nessuno in verità è stato all’altezza del grande John Williams che aveva aperto le danze con i primi tre episodi del franchise, lasciando un’impronta musicale ben identificativa dell’universo del giovane mago. Il parigino Desplat è compositore in forte crescita di considerazione da qualche anno a questa parte, sempre abbinato a film di qualità (“La ragazza con l’orecchino di perla”, “Syriana”, “The Queen – La regina”, “La bussola d’oro”, “Il velo dipinto”, ”Lussuria”, “Il curioso caso di Benjamin Button”, “New Moon”, “L’uomo nell’ombra”) ed è arrivato a candidarsi per l’Oscar quest’anno per le musiche di “Fantastic Mr. Fox”. Dotato di personalità, con grande intelligenza ha saputo dare continuità all’identità musicale lasciata da Williams. Cosa che si coglie nell’utilizzo frequente dell’“Hedwig’s Theme” del maestro americano, che affiora in tre distintivi momenti del lavoro di Desplat. Particolarmente adeguata è l’abilità del compositore di affrontare i momenti più intrigati del racconto filmico e di superarli in virtù di un’efficace struttura strumentale.
Recensione scritta il 14 Novembre 2010
Apparsa su Audio Review N° 317 (Dicembre 2010)
COCO AVANT CHANEL
(Varese Sarabande/Audioglobe)
2009
Non so se si sentisse reale il bisogno di un film dedicato a Gabrielle ‘Coco’ Chanel, stilista dell’alta moda francese capace di rivoluzionare il concetto di femminilità, ma tant’è, esiste e bisogna farci i conti. Nel film, diretto da Anne Fontaine ed interpretato da Audrey Tautou, si raccontano, partendo dall’infanzia (da orfana e in povertà) nella Francia rurale, gli anni della formazione prima di diventare quel che sappiamo. Per la stesura dello score non poteva essere scelto altri che il connazionale Alexandre Desplat, al momento il più talentuoso, prolifico ed accreditato tra i compositori francesi in campo internazionale. Nel solo 2009 ha già apposto la sua firma alle musiche di “Chéri”, “The Fantastic Mr. Fox”, “Julie & Julia” ed il sequel di “Twilight”, “New Moon”. Si commetterebbe un errore a pensare questo lavoro come un passo indietro se confrontato con quelli magnifici realizzati negli ultimi tempi (“Il curioso caso di Benjamin Button”, “Il Compasso d’Oro”, “Lust Caution”) perché così non è. Nonostante la prolificità Desplat è capace di mantenere sempre alto lo standard qualitativo del suo effort e la bellezza dei temi creati emerge indiscussa in ognuno dei suoi lavori. Mai il sospetto di un cliché, mai un’idea di ripetitività. Il tratto che contraddistingue Desplat è l’eleganza del tocco, la grazia evocativa delle armonie, la complessità ‘trasparente’ delle orchestrazioni e degli elementi ritmici. Caratteristiche che ritroviamo distintive anche in questo score, tanto che è stato coniato il termine di ‘desplatismo’ per indicare la maestria singolare del compositore. Il tema principale, luminoso ed aggraziato nella melodia, viene immediatamente reso esplicito in apertura (“L’Abandon”), grazie all’esuberanza degli archi e l’insostituibile pianoforte, e reiterato, con variazioni, in “Royallieu”, “Avenue du Bois” e “Le Chagrin de Coco”.
Recensione scritta il 13 Agosto 2009
Apparsa su Audio Review N° 304 (Ottobre 2009)
THE CURIOUS CASE BENJAMIN BUTTON(Concord/Universal)
2008
Vivere la propria vita alla rovescia: nascere con l’aspetto di un ottantenne e ad ogni volger di stagione ringiovanire, innamorarsi della donna della propria vita e morire infante tra le sue braccia d’anziana. Questo l’ambizioso (anche per le ovvie difficoltà di resa) progetto di David Fincher che ha raccolto il maggior numero di nomination (13) per la corsa agli Oscar del prossimo 22 febbraio. Si dipana lungo un ampio periodo di storia americana (dalla fine della prima guerra mondiale alla catastrofe dell’uragano Katryna) e la sua struttura all’inverso ha obbligato l’autore dello score, il sempre più convincente Alexandre Despalt, a qualche iperbolico artifizio pur di esprimere la caratterizzazione musicale di fatti e personaggi. Tant’è che la musica riveste un ruolo preponderante nell’economia del film. Il compositore francese ha fatto passi da gigante negli ultimi anni; di lui si apprezza soprattutto la chiarezza e la distintività dei temi proposti, qualità rara nel cinema odierno per il quale si tende a reiterare solo la costruzione di “muri di suono”, e che lo fanno avvicinare ai modelli espressi in passato da John Barry o Georges Delerue. Consistente la natura intima dello score, elegante e delicatamente malinconico, con temi e fini tessiture orchestrali che non possono non affascinare il fruitore più attento. Un elemento basilare del lavoro è costituito dalla concezione del tempo, cui Desplat ha trovato soluzione ottimale facendo emergere una serie di movimenti ritmici pertinenti alla narrazione, con un substrato di riconoscibile senso d’innocenza che non costringe mai l’autore a ricorrere a toni melodrammatici. Incluso un secondo CD contenente alcuni dialoghi ed una serie di brani di repertorio (che si ascoltano durante la visione) riguardanti prevalentemente gli anni ruggenti della New Orleans in jazz; poi qualcosa di classico ed altro.
Recensione scritta il 5 Febbraio 2009
Apparsa su Audio Review N° 299 (Marzo 2009)
LUST, CAUTION
(Decca/Universal)
2007
È il compositore del momento, non v’è dubbio, Alexandre Desplat, francese sì, ma adottato in forza dal cinema internazionale che conta; e non è nemmeno necessario andare troppo indietro nel tempo a perlustrare la sua già invidiabile filmografia (“La ragazza dall’orecchino di perla”, nomination al Golden Globe, che ha rivelato il suo talento nel 2003, benché egli avesse abbracciato l’arte del comporre musica per il cinema fin dagli inizi degli anni ’90: ed ha solo 46 anni) alla ricerca di pregevoli effort, per scovare negli ultimissimi lavori (“Syriana”, “The Queen”, nomination all’Oscar, “The Painted Veil”, un Golden Globe invece vinto) i gioielli principali. Ora arriva pure lo score per il nuovo, discusso e scandaloso, film di Ang Lee – una intrigante spy-story erotica ambientata a Shanghai durante la 2^ Guerra Mondiale, Leone d’Oro a Venezia – ad accrescerne (in prestigio) il curriculum. Ammiratore dichiarato di grandi del passato come Bernard Herrmann, Nino Rota, e dei connazionali Georges Delerue e Maurice Jarre, di cui ambisce il diventare l’erede, Desplat ha elaborato per il film in questione una partitura di evocativa bellezza che poggia per intero il suo fascino sull’uso struggente del pianoforte (strumento dominante nella sua concezione compositiva) intorno al quale si ergono a turno le colorazioni acustiche dei contributi di violino (“Shanghai 1942”) e violoncello, oltre che di un’ampia sezione d’archi. “Streets of Shanghai”, per esempio, si amalgama a meraviglia con le atmosfere esotiche e misteriose espresse dal regista di Taiwan con il suono melodioso (e l’incedere in crescendo) di un’orchestra d’altri tempi, mentre “Wong Chia Chi’s Theme” si dipana in una delicata melodia al pianoforte di assoluto impatto emotivo che cattura al tempo stesso bellezza e ambiguità “dark” del personaggio femminile. Un lavoro a dir poco superbo.
Recensione scritta l’11 Novembre 2007
Apparsa su Audio Review N° 285 (Dicembre 2007)
THE QUEEN
(Milan/Warner)
2006
Nomination all’Oscar per la Migliore Colonna Sonora – al momento di scrivere ancora non conosciamo il responso dei premi cinematografici più attesi dell’anno, ma quando mi leggerete i giochi saranno fatti -, lo score in questione accompagna un piccolo film che meglio di altri è lievitati nelle attenzioni di chi ama il cinema di qualità, fin dalla sua presentazione avvenuta a Venezia lo scorso settembre. La Regina del titolo (mirabilmente interpretata da Helen Mirren, anche lei in corsa per l’ambita statuetta), come certo saprete, è Elisabetta II d’Inghilterra raccontata nella difficile gestione dinanzi ai suoi sudditi dell’improvvisa morte di Lady D. Contrariamente al solito – e per di più per una materia così british, il regista Stephen Frears non si è avvalso dell’abituale contributo compositivo di George Fenton ma di quello del francese Alexandre Desplat, un nome emergente nel panorama delle musiche da film che ultimamente si è messo in evidenza per una serie di brillanti lavori (“Syriana”, “La ragazza dall’orecchino di perla”, “Casanova”, “Birth”). Ma la sorpresa, in questi termini, dura giusto il tempo dell’ascolto del disco per rimanere colpiti dalla qualità di uno score variegato e intrigante eseguito dalla prestigiosa London Symphony Orchestra sotto la conduzione dello stesso Desplat (quarantacinque anni, parigino), che dimostra di aver raggiunto una notevole maturità dopo un congruo periodo di gavetta al servizio del cinema francese. Il compositore non fa ricorso a refrain pomposi e regali se non nella prima parte del pezzo d’apertura, nel quale emergono strumenti quali timpani, archi, corni, che ben presto lasciano spazio ad un delicato arpeggio che introduce un tema fatto di sole due note che accompagnerà, nelle sue variazioni melodiche, e assieme ad un altro, dominante, il travaglio umano della Regina per tutto il narrato.
Recensione scritta il 18 Febbraio 2007
Apparsa su Audio Review N° 277 (Marzo 2007)
GIRL WITH A PEARL EARRING
(Decca/Universal)
2003
Nella lunga storia delle musiche per il cinema, assai spesso è successo che le biografie dei pittori hanno ispirato i compositori a dare il loro meglio e fornire prove oltremodo convincenti. Come non ricordare ad esempio, in questo contesto, il capolavoro di Alex North per il film “Il tormento e l’estasi” sulla vita di Michelangelo, firmato da Carol Reed. “La ragazza con l’orecchino di perla” Peter Webber racconta della creazione di uno dei più famosi quadri di Vermeer ed esplora la relazione tra il pittore e la sua cameriera (l’emergente Scarlett Johansson). Il nome dell’autore delle musiche, Alexandre Desplat, non è tra i più rinomati in ambito internazionale; però egli si è costruito una solida credibilità nel vecchio continente prestando la sua opera a film di nicchia ma d’indubbio interesse. Come “Corpi impazienti” (di Xavier Giannoli), “Sulle mie labbra” (Jacques Audiard), “La partita – La difesa di Luzhin” (Marleen Gorris), “Regine per un giorno” (Marion Vernoux) e “Scimmie come noi” (Jean-François Laguionie). Qui Desplat ha evitato di scrivere uno score che si adeguasse agli stili musicali del 17^ secolo, mantenendosene piuttosto alla larga nonostante parte delle orchestrazioni proposte abbiano l’aire della musica da camera, con una predominante degli archi, senza però mai farsi prendere la mano da toni melodrammatici. Il momento più distintivo è certamente il “Griet’s Theme” con il suo delicato arrangiamento; il tema conquista l’ascoltatore gradualmente anche in virtù delle ‘riprese’. Poi “Colours in the Clouds”. Ma interessante è anche “Silence and Light” con l’assolo di pianoforte scarno ed essenziale ma fascinoso. Una prova di grande maturità per Desplat, di certo la sua migliore fino ad oggi: grande padronanza della melodia che si esprime con quella fluidità che hanno solo i lavori riusciti.
Recensione scritta il 7 Aprile 2004
Apparsa su Audio Review N° 246 (Maggio 2004)
===Consulta la Filmografia=== di Alexandre DESPLAT
(Luigi Lozzi) © RIPRODUZIONE RISERVATA